SeaFuture 2016: affari della Marina coi regimi repressivi

Stampa

Si inaugura stasera alla Spezia “SeaFuture 2016”. Il motto sarebbe un programma: “See innovation”. Ma l’innovazione consiste soprattutto nel trovare acquirenti per le navi dimesse dalla Marina Militare che – come è stato ben spiegato dall’ammiraglio Roberto Camerini nella conferenza stampa di presentazione – “rappresentano un buon affare per le marine estere più piccole”.

A seguito dell’approvazione, nel dicembre del 2014, della cosiddetta “Legge navale” (sulla quale il parlamento ha chiesto al Ministero della Difesa urgenti chiarimenti anche a seguito delle notizie emerse nell’ambito dell’inchiesta “Tempa Rossa” in cui è stato iscritto nel registro degli indagati per abuso d’ufficio e traffico d’influenza l’ex Capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe de Giorgi), la Marina Militare ha ora a disposizione un gigantesco stanziamento di 5,4 miliardi di euro per il rinnovo di buona parte della propria flotta. Può quindi permettersi di provare a piazzare sul mercato le navi dismesse. In ballo ci sono – come ha spiegato tempo fa la ministra Pinotti – 54 vascelli per un totale di 35mila tonnellate di unità navali dismesse o in dismissione: dalle unità della classe Maestrale non ammodernate, alle classe Soldato, dalle unità classe Minerva ai cacciamine classe Lerici. Quale miglior occasione di “SeaFuture” per trovare compratori?

L’insostenibilità di SeaFuture

SeaFuture era nata nel 2009 come “la prima fiera internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo e tecnologie inerenti al mare” e l’anno successivo si era sviluppata ulteriormente come luogo d’incontro tra i centri di ricerca nazionali ed internazionali: con la collaborazione dell’Area marina protetta Cinque Terre, affermava di voler “educare al mare”  per far conoscere la biodiversità marina e il ruolo chiave delle aree marine protette. Certo le aziende del settore militare non sono mai mancate, ma presentavano soprattutto sistemi "dual use". Lo spostamento della sede dell’evento, avvenuto già nella scorsa edizione, dai padiglioni di “Spezia Expo” all’Arsenale militare, la “collaborazione” della Marina Militare e la presenza della ministra Pinotti facevano intendere che SeaFuture stava cambiando natura. Quest’anno la mutazione dell’evento è evidente: la Marina Militare non offre solo “supporto e sostegno”, ma è diventata, insieme al Ministero della Difesa, il big player. Anzi, il Key Maker”!

Come spiega Defence News”, l’evento SeaFuture è giunto alla quinta edizione “ma questa è la prima volta che la Marina interviene come partner ufficiale”. Certo, anche quest’anno si sbandierano l’innovazione tecnologica e la tutela dell’ambiente come “motore per il consolidamento di una rinnovata economia sostenibile del mare”. Ma il core business è chiaro a tutti: vendere le navi in dismissione. “Il nostro Paese – ha spiegato l’ammiraglio di squadra Donato Marzano, capo del comando logistico della Marina – è in grado di fornire pacchetti "chiavi in mano", che comprendono anche l’addestramento del personale e quello per la manutenzione, e potrà mostrare i progetti delle nuovi navi in fase di realizzazione, che sono un vero e proprio condensato di tecnologia”. Siamo, insomma, alla fiera dell’usato sicuro.

L’impresentabilità delle Marine Militari

Ma ancor più insostenibili, anzi impresentabili, sono i governi delle Marine Militari che sono state invitate dagli organizzatori. Figurano in bella mostra nel portale del sito ufficiale: si va dal Bahrain agli Emirati Arabi Uniti, paesi le cui forze militari sono intervenute nel conflitto interno in Yemen senza alcun mandato internazionale: conflitto che ha causato più di 8mila morti, tra cui più della metà tra la popolazione civile, con bombardamenti della coalizione saudita sui civili e le strutture sanitarie ed educative che sono stati ripetutamente condannati dal Segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon.

E cosa dire della presenza della Marina Militare dell’Egitto, paese in cui – come riporta Amnesty International – “il livello di repressione è agghiacciante” e in cui più di 41.000 persone sono state arrestate per aver manifestato contro il regime di Al Sisi e centinaia sono gli scomparsi di cui non si sa più nulla? Sono mesi che il governo Renzi chiede inutilmente alle autorità egiziane di inviare tutta la documentazione in loro possesso riguardo alla brutale uccisione del giovane ricercatore Giulio Regeni e che i nostri ministri minacciano “conseguenze”: a giudicare dalla partecipazione a SeaFuture di tal Hussein Elgeziry (Egyptian Navy) sembrerebbe che il Ministero della Difesa e la Marina Militare non ne siano al corrente.

Forse il Ministero della Difesa non è stato informato che il Marocco da più di 40 anni occupa militarmente il Sahara Occidentale violando le risoluzioni delle Nazioni Unite e i diritti umani del popolo Saharawi? Eppure solo tre anni fa si è svolta proprio a Roma la 38esima Conferenza europea di coordinamento e appoggio al popolo saharawi durante la quale è stato chiesto, tra l’altro, l’accesso per gli osservatori internazionali ai territori saharawi occupati dal Marocco.

E cosa dire della presenza della Marina Militare della Turchia, il cui governo – in nome della cosiddetta lotta al terrorismo – si sta distinguendo per la repressione interna e le violazioni dei diritti civili, in particolare del popolo curdo? O per il Ministero della Difesa, il recente accordo tra Unione europea e Turchia sulla gestione della crisi dei rifugiati cancella con un colpo di spugna ogni violazione?

La coerenza c'è (ma non si vede)

Così, mentre la settimana scorsa a Roma il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione ha organizzato la Conferenza ministeriale Italia-Africa per promuovere un “piano operativo per l'Africa e ad ampio raggio per progetti pilota”, oggi alla Spezia il Ministero della Difesa cercherà anche tra i paesi africani più poveri, tra cui il Ghana, di piazzare un po’ di navi in via di dismissione.

Il ministro Gentiloni durante la suddetta conferenza ha affermato che “Il nostro obiettivo è di rendere sempre più coerente la nostra politica estera con la nostra storia e la nostra geografia” perché – ha sottolineato – “non c'è nulla di casuale nell'azione del Paese”. Ecco, forse la chiave per comprendere la trasformazione di Seafuture è proprio questa ed è in perfetta continuità con la missione militare-commerciale-umanitaria della portaerei Cavour che, durante il precedente governo Letta, per sei mesi ha solcato i mari della penisola araba e circumnavigato l’Africa per incentivare soprattutto l’acquisto di sistemi militari italiani.

Che l’export di sistemi militari italiani sia in forte crescita lo segnala la stessa Relazione della Presidenza del Consiglio: nel 2015 le licenze per esportazioni di armamenti sono raddoppiate, raggiungendo la cifra record di 4,7 miliardi di euro e gran parte di questi sistemi militari è diretta nelle zone di maggior tensione del mondo dal Nord Africa al Medio Oriente.

Non c’è da stupirsi, perciò, se anche per le navi in dismissione, il governo stia cercando nuovi acquirenti proprio in queste aree. Ovvio, tutto questo serve a far cassa o, per dirla con un’espressione più elegante e in voga, per “far ripartire l’Italia”. Se poi davvero serva a promuovere maggior sicurezza e ridurre i conflitti che provocano continue migrazioni resta tutto da dimostrare. Lo scenario a cui stiamo assistendo, anche in questi giorni, sembra indicare l’esatto contrario.

Giorgio Beretta
[email protected]

P.S.: Un gruppo di associazioni della Spezia ha promosso il comunicato Per un mare di pace: riconvertiamo Seafuture! e domani, mercoledì 25 maggio, in serata terrà un presidio nonviolento nei pressi del Teatro Civico dove si svolgerà un concerto della Banda Musicale della Marina Militare (evento che fa parte del programma di SeaFuture 2016). 

Ultime su questo tema

Giornaliste a Gaza

26 Agosto 2025
Le donne giornaliste di Gaza: “Continuano il loro lavoro nonostante siano bersagli di attacchi israeliani, di carestia e di violenza”. (Monica Pelliccia)

“Freedom Flotilla”: la violazione dei diritti umani e il silenzio dell’Occidente

18 Agosto 2025
La “Freedom Flotilla” fermata da Israele: l’attivista Antonio Mazzeo denuncia la violazione dei diritti umani e il silenzio dell’Occidente. (Laura Tussi)

È una strage che non ha termine quella in corso. Il Punto

08 Agosto 2025
In 22 mesi, nella Striscia di Gaza sono state assassinate 61.158 persone. Il bilancio settimanale del direttore Raffaele Crocco.

La strada in salita dell’accordo Bangkok-Phnom Penh

02 Agosto 2025
I due eserciti dovrebbero ritirarsi sulle posizioni iniziali e aprire un tavolo di trattativa. (Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo)

Da inizio Legislatura approvati nuovi programmi militari per 42 miliardi

01 Agosto 2025
Dal Parlamento il via libera all’avvio di spese militari dal valore complessivo di oltre 42 miliardi e impegni finanziari pluriennali per 15 miliardi, con impegni annuali superiori al miliardo...

Video

Blood Diamonds - Sierra Leone