Mar Rosso, la diplomazia delle bombe

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Immagine: Atlanteguerre.it

È molto semplice. Per portare una mela italiana in India, sino a novembre del 2023 servivano 28 giorni. La si coglieva, la si caricava su una nave e questa mela, assieme ad altre è evidente, attraversava il Mediterraneo, si infilava nel canale di Suez, scendeva nel Mar Rosso e sbucava nell’Oceano Indiano. Ora, per arrivare, di giorni ne impiega 40: deve girare attorno all’Africa.

A frenare la nostra mela è la guerra asimmetrica e piratesca in corso nel Mar Rosso. Una guerra che è senz’altro improvvisa, ma certamente non inattesa.

Che gli Houthi avessero deciso di attaccare la marina mercantile dei Paesi alleati ad Israele è cosa che si sapeva. Nel grande gioco planetario in corso, questa organizzazione politico religiosa sciita (che ha conquistato nel 2014 il potere nello Yemen rovesciando un governo sunnita) sta dalla parte della nuova polarizzazione, cioè di chi si oppone agli Stati Uniti e ai suoi alleati. Non a caso, è un’alleanza filo-statunitense quella che ha deciso di mandare le navi a pattugliare quel tratto di mare. Sempre non a caso, sono Stati Uniti e Regno Unito a bombardare da qualche giorno le postazioni Houthi sulla costa.

La catena di connessione è semplice. Lo Yemen degli Houthi è alleato all’Iran, nazione guida del mondo sciita. Lo è dai tempi, ancora non finiti, della lunga guerra contro l’Arabia Saudita, Paese sunnita integralista, che di avere degli sciiti a comandare nella propria penisola non voleva saperne. Quindi, lo Yemen sta da tempo con l’Iran, che dal 1 gennaio di quest’anno è entrato nei BRICS assieme ad altri sei Paesi. Questa sigla – formata dalle iniziali di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – è, ricordiamolo, l’organizzazione economico-politica che sta contrapponendosi al blocco del G7, i vecchi Paesi industriali che determinavano l’economia del Mondo. Lì dentro c’è anche l’Italia, per altro. I BRICS stanno proponendo a molti Paesi del Pianeta soluzioni altre e diverse rispetto a quelle del G7. Stanno tentando di creare una moneta internazionale che si opponga al dollaro nei commerci e hanno messo in piedi una banca alternativa alla Banca Mondiale.

È una lotta vera per il predominio nel Mondo, quella in corso. Siamo tornati ad un bipolarismo aggressivo, che crede nell’uso delle armi come strumento risolutivo delle vertenze. È quindi una lotta che prevede scontri e schieramenti. Ne sanno qualcosa in Ucraina. In quella guerra la Russia sa di poter contare comunque sull’appoggio dei Paesi BRICS, in contrapposizione alle alleanze di Kiev con Stati Uniti ed Europa. A Gaza gli schieramenti sono i medesimi. Magari turandosi il naso, ma i Paesi filo-statunitensi stanno appoggiando il governo Netanyhau nell’operazione di pulizia etnica che sta compiendo. E da sempre – nonostante le dichiarazioni di principio – lasciano che Israele occupi illegalmente le terre amministrate dai palestinesi. Il blocco BRICS è schierato con la gente di Gaza e con le rivendicazioni Palestinesi. Credono davvero al diritto di un popolo oppresso? Probabilmente no, ma sostenerlo oggi significa schierarsi in modo netto e contrario, quindi funzionale.

Torniamo nel Mar Rosso. Gli attacchi Houthi sono nati come “reazione politico-militare” a quanto accade a Gaza. Fate attenzione: gli Houthi sciiti – come l’Iran – stanno dalla parte dei palestinesi sunniti. È senza precedenti nella storia di odio assassino che separa le due visioni dell’islam. Non era mai accaduto. Ora, invece, sono lì, a rappresentare una medesima visione del Mondo. Appare evidente, quindi, come non sia semplice pirateria, quella del Mar Rosso. Gli Houthi non sono una banda di poveri cristi che tentano di sopravvivere attaccando le navi. Era quello che accadeva, sempre in quell’area, qualche anno fa, con i pirati somali.

L’azione degli Houthi è un’azione mirata e politica, che si inquadra in un gigantesco fenomeno mondiale di riposizionamento e ribaltamento degli equilibri. La pirateria Houthi è contemporanea a molte cose. Al ricollocamento delle flotte statunitensi nei mari del Mondo. Alle nuove alleanze anti-Pechino fra Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia nel Pacifico. Al riarmo della flotta cinese. All’apertura di nuove rotte commerciali nel Mar Artico.

È il Mondo che si muove e cambia. E cambia sapendo che ancora oggi chi controlla il mare controlla il Pianeta. Il 90% circa del commercio mondiale è ancora sul mare. E tagliare rotte, aprirne di nuove, controllare porti e tariffe, significa diventare potenti, modificare equilibri. Le grandi potenze lo sanno e hanno deciso di tornare a giocare alla guerra per decidere chi deve comandare. Per ora è una guerra fatta di periferie in fiamme. Ma non possiamo essere certi che si fermi a questo.

Leggi la cronologia degli eventi

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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