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La vittoria di Putin e l’isteria della guerra
Economia di guerra
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Foto: Unsplash.com
Al netto di ogni considerazione, c’è che la guerra uno la fa se gli conviene. Altrimenti la evita, perché la guerra è una di quelle cose imprevedibili, in cui la garanzia di avere la superiorità militare, non è garanzia di vittoria. Almeno se parliamo di guerra convenzionale, non nucleare. Gli Stati Uniti lo hanno imparato in Vietnam, Afghanistan. I russi lo hanno appreso in Afghanistan e, in parte, in Cecenia. Se questo è vero – e lo è, in termini di analisi – la domanda è: perché Putin dovrebbe fare la guerra? Per quale ragione?Quello che voleva lo ha già ottenuto da tempo.
L’Ucraina per i prossimi vent’anni e sino a quando la guerra – quella sì che c’è – nel Donbass non sarà risolta, non potrà in ogni caso entrare nella Nato, per assenza di requisiti. La Georgia è nelle medesime condizioni. Ogni allargamento dell’Alleanza, quindi, è pura teoria, estremo gioco di fantasia. I confini fra Russia e Nato sono quelli attuali e resteranno così per un pezzo, cosa che per il capo del Cremlino è fondamentale. Contemporaneamente, Putin ha chiuso un accordo con la grande rivale degli Usa, la Cina. Accordo che gli permetterà di rafforzarsi economicamente e di dedicarsi al futuro. Futuro che si chiama Rotta Artica: è quella rotta navale e commerciale che si sta aprendo grazie allo scioglimento dei ghiacci e che consentirà di trasportare merci più in fretta e con minor costo passando a Nord, nel Mare Artico, praticamente sempre davanti alla Russia.
Guardate la cartina: i canali di Panama e Suez diventeranno vecchi di colpo. La Cina, per arrivare in Europa – che ricordiamolo, resta il più grande e ricco mercato mondiale – passerà da Nord, con l’aiuto dell’amica Russia. Per gli Usa un colpo durissimo, per la Russia la possibilità di controllare rotte semplici e fondamentali.
In questa situazione, con il prestigio internazionale ripristinato e con il Mondo riposizionato, perché Putin dovrebbe fare la guerra? Perché non dovremmo invece semplicemente credere al fatto che l’invasione dell’Ucraina non è mai realmente stata pianificata? Perché non dovremmo credere al ritiro delle truppe, soprattutto se questo ritiro è – banalmente – la fine di una lunga esercitazione? La guerra si ferma anche usando la logica e mantenendo i nervi saldi. Il continuo gridare “al lupo, al lupo” degli Stati Uniti sembra l’urlo isterico di chi sa di aver perso posizioni e prestigio.
Washington negli ultimi vent’anni ha già trascinato il Mondo in guerra con la menzogna, non dimentichiamolo. Abbiamo occupato l’Afghanistan raccontandoci che i talebani erano gli autori, con Osama bin Laden, degli attentati alle torri di New York. Stiamo occupando da quasi vent’anni l’Iraq, perché i servizi segreti statunitensi dicevano che aveva armi chimiche: non era vero. Ora siamo alla nuova isteria. Non caschiamoci. Non si tratta di pensare che Putin sia migliore o “buono”. Si tratta di capire che Putin non è stupido e non gli conviene fare la guerra.
Si tratta di ascoltare quello che, ad esempio, dice la chiesa cattolica ucraina attraverso il vescovo di Kiev, Vitalii Kryvytskyi: “Se da un lato non vediamo motivi politici per l’inizio di una guerra, c’è già chi sostiene che la guerra sia già cominciata, anche se magari sono gli stessi media che ancora uno o due anni fa negavano che in Ucraina ci fosse un conflitto iniziato in realtà già otto anni fa”. “L’Ucraina – aggiunge – deve restare indipendente e respingere ogni desiderio imperialista”. Insomma, informiamoci meglio e con lucidità. Forse così aiuteremo molto di più e molto meglio il popolo ucraino.
Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.