La tregua c’è, ma continuano ad esserci i morti. Il Punto

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Immagine: Atlanteguerre.it

La tregua c’è, ma continuano ad esserci anche i morti ammazzati. A Gaza si pensa a trovare un alloggio, una sistemazione, nell’illusione che il cessate il fuoco sia la premessa per l’avvio di negoziati più solidi, duraturi. Invece, con un messaggio su Telegram, l'esercito israeliano ha fatto sapere di avere eliminato un "terrorista della Jihad", Akram Atef Farhan Zanon. Lo ha colpito nella Striscia di Gaza meridionale, "nonostante i termini del cessate il fuoco entrati in vigore". L'Idf - è questa la sigla dell’esercito di Tel Aviv - spiega anche di essere “determinata a mantenere pienamente i termini dell'accordo per restituire gli ostaggi, ma preparata per qualsiasi scenario e continuerà a prendere tutte le misure necessarie per sventare qualsiasi minaccia immediata ai soldati dell'Idf". 

Hamas, naturalmente, denuncia la palese violazione della tregua e la diplomazia internazionale si è rimessa in moto per evitare il peggio. Ma lo scenario resta difficile. Israele è ancora all’attacco. In Cisgiordania, il governo ha lanciato una nuova offensiva contro Jenin per eliminare, questo dice, pericolosi terroristi. I morti sono alcune decine e i coloni israeliani nella stessa West Bank continuano ad attaccare i villaggi palestinesi, uccidendo chi resiste e cacciando chi sopravvive. Contemporaneamente, Netanyahu si riserva di decidere se ritirare l’esercito dalla parte di Libano ancora occupata, nonostante gli accordi di un mese fa. Inoltre, tiene i piedi - cioè l’esercito - in Siria, per ragioni di sicurezza.

Tutto questo avviene con la benedizione della nuova amministrazione statunitense, guidata da Trump. Il nuovo segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha voluto ribadire telefonicamente al premier israeliano il "sostegno incrollabile degli Stati Uniti a Israele". Un sostegno che a Netanyahu serve: il governo sta perdendo pezzi e consensi, con ministri che hanno sbattuto la porta, perché non hanno accettato la tregua firmata con Hamas. Chiedevano una “soluzione definitiva” del problema palestinese.

Una crisi politica che potrebbe aprire mille scenari nelle prossime settimane. Intanto a Gaza stanno entrando i camion con gli aiuti, ma la situazione è e rimane disperata. La gente cerca un alloggio di fortuna, là dove può.  Le due città più grandi della Striscia, Gaza City e Khan Younis, sono le aree più colpite, con il 74% e il 55% degli edifici danneggiati o distrutti. Dalle immagini satellitari da Planet Labs, è evidente la portata della distruzione in queste due principali aree urbane. Secondo un'analisi del Centro satellitare delle Nazioni Unite (Unosat), più di due terzi di tutti gli edifici di Gaza hanno subito danni: sono circa 163.778 edifici. Si stima anche che circa 52.564 strutture siano state distrutte. Il livello di distruzione è talmente alto, che gli esperti internazionali valutano possano servire 14 anni per rimuovere le macerie. Intanto, il ministero della Sanità di Hamas aggiorna il bilancio dei morti a Gaza dal 7 ottobre 2023. Con i 122 uccisi nelle ore precedenti alla tregua, il conto è salito a quota 47.035, mentre i feriti sono 111.091.

Intanto, la guerra continua altrove. Il Risiko mondiale non si ferma. Nel Mar Rosso, i ribelli Houthi dello Yemen, sostenuti dall'Iran, hanno attaccato una portaerei statunitense. "Le forze armate yemenite - hanno scritto nella rivendicazione -  avvertono le forze nemiche nel Mar Rosso delle conseguenze di qualsiasi aggressione contro il nostro Paese durante il periodo di cessate il fuoco a Gaza". Ad essere stata  presa di mira e’ la USS Harry S. Truman, oltre ad altre navi da guerra colpite da droni e missili da crociera. "La portaerei americana è stata costretta a lasciare il teatro delle operazioni", hanno continuato gli Houthi nella dichiarazione, affermando che avrebbero continuato i loro attacchi se Israele non avesse rispettato i termini del cessate il fuoco con Hamas.

E il confronto fra “filoamericani” e “antagonisti” prosegue anche in Ucraina, in quella che pare una guerra senza fine. Mentre la pressione dell’esercito russo sulle linee difensive ucraine prosegue inesorabile, logorando uomini e mezzi di Kiev, i civili vengono colpiti sempre più spesso. Il governo ucraino denuncia l’uso da parte russa, nei primi giorni di questa settimana, di circa 550 droni d'attacco, quasi 60 missili di vario tipo e più di 660 bombe aeree, per colpire obbiettivi civili. Una situazione pesante, che Kiev fatica a fronteggiare. Così, il presidente Zelensky tenta di rilanciare sul piano degli aiuti militari. “Più missili Patriot per l'Ucraina significa più protezione delle vite umane - scrive -. Più capacità a lungo raggio per l'Ucraina significa maggiori garanzie di fermare la guerra russa". Sa, Zelensky, che con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca tutto potrebbe rapidamente cambiare.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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