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Cannoni Oto Melara sulle corvette di Myanmar: e l’embargo?
Economia di guerra
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La corvetta UMS Bayintnaung - Foto: Defence Studies blogspot
Ho già scritto diffusamente della necessità e urgenza che il Parlamento italiano riprenda il controllo dell’operato dell’esecutivo riguardo alle esportazioni di sistemi militari italiani: come di recente ha ricordato anche Rete Disarmo è dal 2008 che le Camere non esaminano la Relazione che annualmente i vari governi hanno inviato alle competenti commissioni parlamentari. Oltre alle diverse e ingiustificate modifiche apportate al documento, sono numerosi anche i casi di esportazioni di sistemi militari che sollevano più di qualche domanda sull’operato degli ultimi governi circa la conformità delle autorizzazioni rilasciate alle norme della legge che regolamenta la materia (legge n. 185 del 1990). Se ce ne fosse bisogno eccone un altro.
Riguarda i cannoni navali compatti Oto Breda da 76 mm., prodotti dalla Oto Melara, presenti sulla fregata Aung Zeya e sulle tre corvette classe Anawrahta di Myanmar. Dov’è il problema? E’ duplice. Innanzitutto nei confronti di Myanmar/Birmania c’è un embargo di armi e sistemi militari decretato dal Consiglio UE già dal 1991 che è stato confermato lo scorso aprile e prorogato fino al fino all’aprile 2015. Il secondo è che l’autorizzazione all’esportazione dall’Italia di questi cannoni non figura in nessuna delle Relazioni che dal 1990 i vari governi hanno inviato alle Camere e men che meno nelle Relazioni ufficiali dell’UE nelle quali i governi nazionali sono tenuti a riportare gli armamenti e materiali militari che esportano nel mondo. In una parola: stando ai documenti ufficiali non vi sarebbe alcuna esportazione di sistemi militari dall’Italia a Myanmar. E allora come ci sono finiti i cannoni navali Oto Breda sulle corvette missilistiche della Marina militare di Myanmar? (Un'idea ce l’ho ma ve la dico dopo).
L’embargo UE di sistemi militari a Myanmar
Innanzitutto vediamo cosa dice la Decisione del Consiglio dell’Unione europea che impone l’embargo di armi e sistemi militari a Myanmar. La Decisione 2014/214/PESC del Consiglio proroga fino al 30 aprile 2015 le misure restrittive adottate dal Consiglio il 22 aprile 2013, cioè proroga la Decisione 2013/184/PESC per il protrarsi delle violazioni nel paese asiatico (Unimondo ne ha parlato proprio ieri) . Questa decisione afferma che: “Sono vietati la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione al Myanmar/Birmania di armamenti e materiale connesso di qualsiasi tipo, comprese armi e munizioni, veicoli e materiale militari, materiale paramilitare e relativi pezzi di ricambio, nonché materiale che potrebbe essere utilizzato a fini di repressione interna, da parte degli Stati membri o in provenienza dal territorio degli Stati membri ovvero mediante navi o aeromobili battenti bandiera degli stessi, siano tali armamenti o materiali originari o non di detto territorio” (Art.1.a). E’ anche vietata la prestazione di servizi finanziari e di intermediazione connessi con la vendita di tali materiali militari “destinati ad essere utilizzati in Myanmar” (Art. 1.b) e “la partecipazione, consapevole e deliberata, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere i divieti di cui sopra” (Art.1.c). Vengono esclusi, ovviamente, sistemi protettivi e altro materiale destinato ad operatori umanitari o a missioni Onu e Ue.
Chiarissimo ed eloquente. Tanto eloquente che nelle Relazioni del Consiglio UE sulle esportazioni di sistemi militari da parte degli Stati membri, viene specificato che le esportazioni di armamenti effettuate da qualche Stato membro verso un paese sottoposto embargo sono “conformi con i termini, le condizioni e le possibili eccezioni previste nelle decisioni che impongono tali embarghi”. E’ il caso, ad esempio, di una autorizzazione rilasciata nel 2012 dal Regno Unito per esportazione a Myanmar di “attrezzature blindate o equipaggiamenti protettivi” per un valore di €49.720 (poca roba come si vede). Ne figura un’altra più consistente (€2.558.023) rilasciata nel 2005 dalla Polonia, ma riguarda “aeromobili” che non hanno a che fare con i cannoni navali. Ma – si noti – nelle 15 Relazioni pubblicate dal Consiglio UE non figura alcuna autorizzazione (e men che meno alcuna consegna) di sistemi militari da parte dell’Italia a Myanmar. E non figura nemmeno in alcuna delle Relazioni che i vari governi italiani che si sono succeduti dal 1990 al 2013 hanno inviato al Parlamento. In entrambe i documenti, se queste esportazioni sono state autorizzate ed effettuate dall’Italia anche in ottemperanza all’embargo, dovrebbero essere in qualche modo riportate così come l’eventuale “concessione di licenze di fabbricazione e trasformazione o adattamento di materiali e mezzi (militari)” in loco o a Stati terzi. E invece non ci sono.
I cannoni navali Oto Breda sulle corvette di Myanmar
Ma i cannoni navali Oto Breda sulle corvette missilistiche classe Anawrahta di Myanmar ci sono. L’ultimo è stato montato di recente visto che la rivista specializzata IHS Jane's ne ha dato notizia nei giorni scorsi annunciando il varo della terza corvetta e specificando che “il cannone navale Oto Breda da 76mm è il maggiore sistema d’armamento” di queste corvette. La terza corvetta, denominata UMS (Union of Myanmar Ship) Tabinshwehti e recante il numero 773, è stata varata dai cantieri navali di Sinmalaik di Yangon. Al momento è disponibile una foto (che però non permette di vedere i sistemi militari in dotazione) mentre appaiono chiaramente i cannoni Oto Breda nelle foto delle due precedenti corvette: la UMS Anawrahta (771) e la UMS Bayintnaung (772) - commissionate rispettivamente nel 2001 e nel 2003.
Le tre corvette missilistiche di Myanmar sono dotate principalmente di sistemi russi, indiani e di missili cinesi, ma “il cannone navale Oto Breda da 76 millimetri sembra essere diventato il nuovo standard di cannone di medio calibro in dotazione alla Marina militare birmana” – riporta Global Security, un altro autorevole sito di informazione militare.
La dotazione dei cannoni navali compatti da 76 mm Oto Breda alla Marina militare birmana è nota negli ambienti militari: è riportata nel database del SIPRI di Stoccolma – specificando che il fornitore è incerto (“supplier uncertain”) – e non stupisce quindi di ritrovarla anche su Wikipedia alla voce “List of equipment in the Myanmar Navy” (ma stranamente non se ne trova riscontro nella pagina di Wikipedia che riporta le marine militari che hanno in dotazione il cannone navale Oto Breda/Oto Melara dal 76 mm). Inoltre Wikipedia – segnalando come fonte la rivista Jane’s – riporta che il cannone Oto Melara 76mm Super Rapid è già in dotazione sulla fregata Aung Zeya (F11) e dovrebbe esserlo anche nelle nuove fregate classe Kyan Sittha (Kyansitthar F12 e Sinbyushin F14) e una foto (da un quotidiano vietnamita) in cui si nota il cannone navale sulla Sinbyushin (F14) è già disponibile.
In sintesi: i cannoni navali Oto Breda/Oto Melara compatti da 76 mm. sono già presenti, anzi sono uno standard, sulle corvette della Marina militare di Myanmar. Ma come ci sono arrivati, visto che dal 1991 è in vigore un embargo da parte dell'UE e nessun documento ufficiale del governo italiano ne ha mai segnalato l’autorizzazione all’esportazione?
Esportati dall’India su licenza?
Anche se qualcuno attribuisce il cannone alla Francia (“…the vessels equipped with Super Rapid gun Oto Melara 76mm of French” – si veda qui) è molto improbabile che l’esportazione si avvenuta dal paese transalpino: dalle Relazioni ufficiali francesi all’UE non risulta infatti alcuna autorizzazione all’esportazione di sistemi militari a Myanmar. Molto più probabile è, invece, che i cannoni Oto Breda siano stati esportati dall’India. Come riporta un articolo pubblicato sul sito internet del mensile indiano “Force” a commento della visita di una delegazione della Marina militare indiana alle varie aziende del gruppo Finmeccanica nel novembre del 2012, Oto Melara (l’azienda che produce i cannoni navali Oto Breda) ha un “accordo aperto” (“an open agreement”) con la Bharat Heavy Electricals Ltd (BHEL): già a partire dalla metà degli anni novanta Oto Melara ha infatti esportato cannoni navali alla Marina militare indiana. Principalmente si tratta di cannoni navali Oto Melara calibro 76/62 Super Rapid (SR) che sono attualmente dispiegati a bordo di 22 navi della Marina indiana e della Guardia Costiera: l’azienda indiana BHEL avrebbe la licenza di produrre questi cannoni già dal 1995. Ma non solo. Il mensile indiano riporta che “secondo i funzionari della Oto Melara, l’accordo con BHEL prevede anche la possibilità di esportazione di questi cannoni se la BHEL ne ha l’opportunità”. L’espressione del mensile è un po’ vaga e proprio per questo Oto Melara dovrebbe chiarire se la BHEL ha la licenza di produzione ed esportazione non solo del Super Rapid ma anche nella versione “compatto” da 76mm (qui alcune foto), quella cioè in dotazione alla Marina militare birmana.
Il caso merita di essere chiarito. Non dovrebbe essere difficile visto che Oto Melara, l’azienda che produce quei cannoni navali, è una controllata di Finmeccanica di cui l’azionista di maggioranza è il governo, nello specifico il Ministero del Tesoro (MEF). E sono sicuro che il nuovo Ministro degli Affari Esteri, che è titolare delle autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari attraverso l’Autorità nazionale dell’Unità per le Autorizzazioni di Materiali di Armamento (UAMA), non avrà difficoltà a fornire informazioni al riguardo. A patto che qualche parlamentare glielo chieda con un'interrogazione. Potrebbe essere finalmente l'occasione per cominciare a ficcare un po’ il naso nelle esportazioni di armi e sistemi militari del nostro paese. Da alcuni anni gli affari stanno andando a gonfie vele, ma mancano i controlli del Parlamento. E non è certo un buon segno per la nostra democrazia.
Giorgio Beretta
[email protected]
P.S.: ringrazio Frank Slijper (Programme leader Security and Disarmament at PAX for peace) per la segnalazione dell'articolo di IHS Jane's