Bambini-soldato: 250mila in eserciti e gruppi armati di 24 stati

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Sono almeno 250mila i minori impiegati negli eserciti, governativi e irregolari di 24 stati, e il 40% è costituito da bambine. La Birmania è il paese che da più tempo e che maggiormente li impiega seguita dalle forze governative in Ciad, R.D. Congo, Somalia, Sudan, Uganda e Yemen. In Palestina i "minorenni sono stati utilizzati per attacchi suicidi" al pari di Afghanistan, Iraq e Pakistan, mentre fino a metà 2005 soldati britannici di meno di 18 anni combattevano sul fronte iracheno. Lo rivela il Rapporto 2008 della Coalizione 'Stop all'uso dei bambini-soldato' che raggruppa le organizzazioni umanitarie italiane Alisei, Amnesty International, Cocis, Coopi, Focsiv, Intersos, Save the Children, Telefono Azzurro, Terre des Hommes e Unicef Italia.

Il rapporto nella versione originale in inglese (qui in .pdf) spiega le politiche e prassi in materia di reclutamento militare in oltre 190 paesi del mondo e documenta la persistenza dell'impiego in ostilità dei bambini soldato da parte di eserciti governativi ma soprattutto di gruppi armati non governativi. "L'impegno della comunità internazionale nel porre fine al dramma dei bambini soldato non può essere messo in dubbio. Tuttavia questo sforzo non ha prodotto i risultati attesi" - ha commentato Fosca Nomis, portavoce della coalizione, presentando ieri il rapporto. "Leggi, politiche e prassi debbono tradursi in cambiamenti concreti, affinché non accada mai più che dei minori siano coinvolti in guerre e conflitti armati". "Negli ultimi 4 anni non sono mancati dei progressi e dei miglioramenti. Per esempio il numero di conflitti armati che hanno visto l'impiego di bambini soldato è passato da 27 nel 2004 a 17 alla fine del 2007" - ha proseguito la Nomis. "Decine di migliaia di bambini sono stati rilasciati da eserciti e gruppi armati man mano che i conflitti in corso nell'Africa subsahariana e altrove finivano".

Tuttavia il rapporto della Coalizione rileva anche che decine di migliaia di bambini restano nelle file di gruppi armati non governativi in almeno 24 nazioni e territori. Anche il dato relativo ai Governi è solo lievemente migliorato: sono 9 i paesi che nel corso di guerre e ostilità hanno impiegato nei propri eserciti dei minori, a fronte dei 10 documentati dall'edizione 2004 del Rapporto Globale. "I pochi progressi registrati sono da collegare in gran parte alla fine dei conflitti. Laddove invece le guerre scoppiano o riacquistano intensità" - ha spiegato la portavoce della Coalizione. "Rileviamo che l'impiego di bambini soldato continua. È evidente che le attuali strategie per revenire o porre fine al reclutamento di bambini soldato non hanno avuto l'impatto previsto e se vogliamo ottenere risultati significativi, bisogna che la questione dei bambini-soldato diventi di competenza non solo di chi si occupa di tutela dei diritti dei minori ma anche di coloro che si occupano di prevenzione, risoluzione dei conflitti e di peace-building".

Tutt'oggi in almeno 14 nazioni minori sono reclutati in truppe di supporto all'esercito regolare, o in gruppi di civili costituitisi su base locale per sostenere operazioni anti sommossa, o ancora in milizie illegali o gruppi armati fiancheggiatori degli eserciti nazionali. Non infrequente poi è il ricorso da parte degli eserciti governativi all'impiego di minori come spie o informatori. "Una palese violazione dell'obbligo di protezione dei minori, ancora più grave quando minori associati a gruppi armati vengono catturati, imprigionati e trattati come criminali e nemici dagli eserciti governativi, anziché ricevere l'assistenza dovuta loro in quanto vittime e non autori di violenze" - notano le associazioni.

Il Rapporto documenta di bambini anche di 9 anni imprigionati in Burundi, minori maltrattati o torturati in Israele o Stati Uniti, accusati di diserzione e portati in prigione in Myanmar o nella Repubblica Democratica del Congo, minori dell'Afghanistan detenuti a Guantanamo. Ma sono i gruppi armati che rappresentano la sfida maggiore. "Le leggi internazionali hanno avuto un impatto limitato nel dissuadere l'uso di bambini soldato da parte di gruppi armati. Molti di questi gruppi non attribuiscono alcun valore agli standard internazionali e il bisogno di accrescere e rafforzare i propri contingenti prevale su ogni altra considerazione, prima fra tutte la tutela e protezione dei bambini" - ha spiegato la portavoce della Coalizione.

Proprio per prevenire o porre fine all'arruolamento dei bambini soldato sia nelle milizie non governative che governative, sono stati avviati i programmi di Disarmo, Smobilitazione e Reinserimento (DDR). Un'iniziativa cruciale di cui -sottolinea il Rapporto Globale - bisogna però registrare ancora un limitato impatto. Questi programmi scontano spesso la mancanza di finanziamenti per il supporto di lungo periodo agli ex bambini soldato. Nella R.D. Congo, per esempio, a causa dei ritardi nella destinazione dei fondi insieme ad una scarsa pianificazione e cattiva gestione dei programmi stessi, 14mila ex bambini soldato non hanno potuto usufruire e beneficiare di tali programmi. E ulteriormente penalizzate risultano le bambine. La loro presenza negli eserciti e gruppi amati è nota sin dagli anni '90: sia nel ruolo di combattenti che con compiti di supporto alle truppe, spesso ridotte al rango di schiave, vittime di abusi e violenze sessuali e costrette a fare da mogli ai combattenti.

L'arruolamento sotto i 18 anni è ancora permesso in 63 paesi, compresi la Gran Bretagna e gli Stati Uniti che consentono ancora l'arruolamento volontario di minorenni, in tempo di pace, nonostante la maggiore età sia fissata a 18 anni nella gran parte del mondo, documenta ancora il Rapporto Globale sui Bambini Soldato. "I progressi raggiunti grazie alla ratifica da parte di moltissime nazioni del Protocollo Opzionale e all'adeguamento agli standard internazionali che proibiscono l'utilizzo di minori nelle ostilità, vengono annullati dal persistente arruolamento di under 18 negli eserciti, in tempo di pace" - prosegue Fosca Nomis.

Anche l'Italia può fare di più, sottolineano le associazioni. Nel 2002 il nostro paese ha ratificato il Protocollo Opzionale e dal 2004, con la legge 226, ha stabilito a 18 anni l'età minima per l'arruolamento volontario. "Tuttavia finora non è mai stata ritirata la dichiarazione di riserva fatta in occasione della ratifica del Protocollo opzionale, sull'arruolamento volontario di ragazzi di 17 anni" - spiega ancora Fosca Nomis. "Seppure ormai per legge ciò non sia più permesso, auspichiamo che quell'affermazione venga comunque smentita". Inoltre la Coalizione chiede all'Italia di rivedere la legge 185/90 affinché sia vietata la vendita di armi leggere a quei paesi in cui i minori di 18 anni sono coinvolti nelle ostilità e assicurare ai minori migranti e richiedenti asilo in Italia che sono stati utilizzati e impiegati come bambini soldato, adeguata protezione e assistenza, finalizzate al loro recupero fisico e psicologico.

Il 2012 segnerà il decimo anniversario dell'entrata in vigore del trattato internazionale sui bambini soldato. "Abbiamo 4 anni per far sì che l'impegno formale assunto sia dal nostro paese che dalla comunità internazionale di porre fine all'utilizzo dei bambini soldato nei conflitti armati, si traduca in risultati concreti" - conclude la portavoce della 'Coalizione Italiana Stop all'Uso dei Bambini Soldato!". La Coalizione raccomanda ai Governi e alla comunità internazionale di promuovere la messa al bando a livello internazionale dell'uso dei bambini soldato e l'adozione del protocollo Opzionale da parte di tutti quei paesi che non l'hanno ratificato e quindi ancora prevedono l'arruolamento volontario di minori di 18 anni; prevedere in tutti gli accordi di pace disposizioni per un immediato rilascio dei bambini soldato e includere i programmi di educazione tra le misure prioritarie in favore di tali minori; adoperarsi affinché siano incrementati e implementati anche con adeguati finanziamenti i programmi di DDR per gli ex-bambini soldato, con speciale attenzione alle ex-bambine soldato. [GB]

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