Armi italiane agli Emirati e ai Sauditi: facciamo il punto

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Manifestazione davanti a Montecitorio - Foto: Retepacedisarmo.org

Da alcuni mesi si susseguono notizie di stampa riguardanti un fantomatico embargo da parte dell’Italia sulle forniture di armamenti destinati agli Emirati Arabi Uniti e, più di recente, riguardo allo “sblocco” di tale embargo da parte del governo. Va detto subito che purtroppo – nonostante le diverse risoluzioni del Parlamento europeo che lo hanno richiesto (qui la più recente) e i reiterati appelli da parte delle associazioni della società civile coordinati dalla Rete italiana pace e disarmo – né il governo italiano né l’Autorità nazionale competente, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) hanno mai decretato un embargo di armi verso gli Emirati Arabi o l’Arabia Saudita. Ma va evidenziato anche che, nonostante diverse fonti di stampa facciano intendere il contrario, non è stata cancellata la revoca delle licenze per forniture di “bombe e missili” all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi decisa lo scorso gennaio dal governo Conte bis, revoca che è quindi tuttora in vigore. L’importanza della questione impone però di fare chiarezza ripercorrendo i vari passaggi.

La revoca della licenze del governo Conte

Lo scorso 29 gennaio, il governo Conte ha deciso di revocare le autorizzazioni per l’esportazione di “missili e bombe d’aereo” verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. L’atto del governo ha dato corso operativo alla risoluzione, promossa dalle parlamentari della commissione Esteri della Camera Yana Chiara Ehm (M5s) e Lia Quartapelle (Pd) e approvata lo scorso 22 dicembre dal Parlamento italiano che impegnava il governo non solo “ad adottare gli atti necessari per revocare le licenze in essere, relative alle esportazioni verso i Paesi dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti di bombe d’aereo e missili, che possono essere utilizzate per colpire la popolazione civile (dello Yemen - ndr)”, ma anche a “mantenere la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi” ed a “valutare la possibilità di estendere tale sospensione anche ad altre tipologie di armamenti, sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace”.

Commentando la notizia, Rete italiana pace e disarmo e numerose associazioni con un comunicato hanno espresso “grande soddisfazione” per questa decisione: “un atto di portata storica che avviene per la prima volta nei 30 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 sull’export di armi”. E tale, di fatto, è.

Rigettato il ricorso al TAR di RWM Italia

Il provvedimento del governo Conte bis ha riguardato almeno sei diverse autorizzazioni concesse negli anni precedenti all’azienda RWM Italia per esportazioni di bombe e missili all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi: forniture che erano state sospese dal governo Conte nel luglio del 2019 a seguito di una mozione parlamentare promossa dalla Lega e dal M5s (si veda qui la mozione firmata da Cabras, Formentini, Ehm, Billi e altri). Tra queste vi è la licenza verso l’Arabia Saudita approvata nel 2016 durante il Governo Renzi relativa a quasi 20mila bombe aeree della serie MK per un valore di oltre 411 milioni di euro: secondo le elaborazioni di Rete Pace Disarmo e dell’Osservatorio OPAL la revoca decisa dall’esecutivo per questa sola licenza dovrebbe cancellare la fornitura di oltre 12.700 ordigni.

L’azienda RWM Italia decideva di fare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio che il 22 aprile scorso rigettava l’istanza della Rwm Italia dichiarando che “risultano ampiamente circostanziati e seri i rischi che gli ordigni oggetto delle autorizzazioni rilasciate da Uama (Autorità Nazionale per le esportazioni, ndr) possano colpire la popolazione civile yemenita, in contrasto con i chiari princìpi della disciplina nazionale e internazionale”.

Nel frattempo il Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Roma respingeva la richiesta di archiviazione dell’indagine penale promossa da varie associazioni sulle licenze concesse alla RWM Italia evidenziando che nessun’altra preoccupazione “può giustificare una consapevole, deliberata violazione di norme che vietano l’esportazione di armi verso Paesi responsabili di gravi crimini di guerra e contro popolazioni civili”. 

L’offensiva del complesso militare-industriale-mediatico

Gli atti governativi e le ordinanze giudiziarie creavano forte apprensione nel comparto militare-industriale che, per la prima volta in trent’anni, si è trovato a confrontarsi con rilevanti decisioni assunte in sede parlamentare, governativa e giudiziaria su istanze promosse dalle associazioni del mondo pacifista e umanitario. La frustrazione per non essere in grado di esercitare la propria influenza sull’esecutivo, ed in particolare sul Ministero degli Esteri, era palese.

Veniva così messa in campo un’offensiva volta a screditare le decisioni parlamentari e governative – e ovviamente le posizioni delle associazioni pacifiste – che vedeva (e vede tuttora) in prima linea opinionisti di taluni quotidiani nazionali, analisti di noti think-tank, riviste e siti web del settore militare, politici e finanche rappresentanti istituzionali della Difesa. L’offensiva, oltre a sollecitare il ripristino delle forniture di bombe e missili all’Arabia Saudita e Emirati Arabi, prendeva di mira sopratutto la legge che regola la materia (la legge 185 del 1990) definendola inadeguata per promuovere nell’attuale contesto gli interessi del comparto militare-industriale. La società civile, con un comunicato firmato da un ampio cartello di associazioni, replicava a queste pretestuose istanze mostrandone il vero intento: facilitare le esportazioni di armamenti a scapito della pace, della sicurezza e del diritto internazionale e, soprattutto, dell’incolumità delle popolazioni.

Le ritorsioni degli Emirati Arabi Uniti

Sentendosi spalleggiati dal complesso militare-industriale e mediatico italiano gli Emirati Arabi Uniti mettevano in atto una serie di ritorsioni contro il nostro Paese. Lo scorso 8 giugno revocavano il permesso di sorvolo, precedentemente autorizzato, al volo dell’Aeronautica militare italiana che trasportava rappresentanti della Difesa e giornalisti in viaggio verso la base militare di Herat, in Afghanistan, per la cerimonia dell’ammaina bandiera. Decretavano poi, ai primi di luglio, lo sgombero ai militari italiani dalla base di al-Minhad, base che era stata utilizzata dal 2015 come scalo logistico per le operazioni in Afghanistan. Gli opinionisti del settore utilizzavano anche queste azioni – che sono vere e proprie ritorsioni inaccettabili da un Paese estero – per accrescere le pressioni sul governo, sollecitare la cancellazione delle misure restrittive nei confronti degli Emirati e invocare la revisione della normativa vigente e delle sue procedure.

Nessuna condanna, ovviamente, da parte di costoro verso le autorità degli Emirati Arabi che, proprio con queste azioni, mostravano la loro totale inaffidabilità come “partner strategico” nel settore militare: non è un caso che tutte le misure messe in atto dalle autorità degli Emirati siano state dirette nei confronti di attività gestite dal Ministero della Difesa italiano.

UAMA cancella lo “End user certificate” rafforzato

Lo scorso 7 luglio diverse fonti di stampa annunciavano la decisione da parte dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) del ministero degli Esteri di non richiedere più l’End user certificate (Euc) rafforzato per le esportazioni di materiali militari verso Emirati e Arabia Saudita. A partire dal 30 giugno scorso UAMA revocava, però, solo la clausola che richiedeva alle aziende italiane di produrre una certificazione nella quale gli acquirenti, cioè l’Arabia Saudita e gli Emirati, assicuravano che i materiali militari acquistati non sarebbero stati utilizzati nel sanguinoso conflitto in Yemen, che – come riporta il Parlamento europeo – dal 2015 ha causato oltre 133mila morti e 3,6 milioni di sfollati interni.

Come ben specificava una nota dell’Agenzia Novala decisione dell’Uama non si applica ad armamenti come bombe e missili” e pertanto restano validi verso i due Paesi del Golfo sia la revoca delle autorizzazioni precedentemente rilasciate sia il blocco delle licenze per questi materiali deciso – come abbiamo detto – nel gennaio scorso dal governo Conte bis a seguito della risoluzione della Commissione Esteri della Camera.

La comunicazione della Commissione Esteri all’UE

L’ultimo atto, per ora, è una “comunicazione congiunta” di due giorni fa della Commissione Esteri della Camera diretta al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo nella quale la Commissione esprime una “valutazione favorevole” a “rafforzare la cooperazione strategica con i Paesi del Golfo che, come nel caso degli Emirati Arabi Uniti, hanno assunto una nuova e più responsabile postura nella regione a sostegno di dialogo, pace e stabilità”: la nota invita a rivitalizzare “la cooperazione politica, economica, militare e culturale in tutti i campi di comune interesse, anche superando misure restrittive precedentemente assunte”.

Anche questa notizia che – come ha specificato l’on. Erasmo Palazzotto a “Il Fatto Quotidiano” – è una semplice comunicazione e “non si tratta di un atto di indirizzo”, è stata invece diffusa da diversi media come una richiesta da parte della Commissione Esteri di porre uno “stop all’embargo” sulle armi agli Emirati ed è stata salutata dal comparto militare-industriale come un ulteriore passo favorevole allo sblocco delle licenze per bombe e missili da parte del nuovo esecutivo.

Con comunicato la Rete italiana pace e disarmo ha chiarito che “se davvero la situazione in Yemen è cambiata è auspicabile che la Commissione Esteri si esprima con una nuova mozione anche a seguito di audizioni con le nostre associazioni, alcune delle quali sono direttamente impegnate con aiuti umanitari nello Yemen” ed hanno una valutazione della situazione molto più precisa. “Ma va soprattutto detto con forza – evidenzia la nota di Rete pace e disarmo – che proprio le numerose risoluzioni del Parlamento europeo e soprattutto le decisioni di vari Paesi europei, tra cui l’Italia, di revocare le licenze di forniture di armamenti hanno contribuito all’annuncio da parte degli Emirati di ritirarsi dallo Yemen. Questo dimostra che la revoca delle licenze decisa dal governo italiano a seguito delle mozioni parlamentari e soprattutto delle reiterate richieste da parte delle nostre associazioni ha sortito l’effetto desiderato: l’annuncio del ritiro degli Emirati Arabi dal conflitto in Yemen”.

In conclusione

“Solo una politica che non si piega ad indebite pressioni ma che mette rigorosamente in atto le norme stabilite dalle nostre leggi e dai trattati internazionali è in grado di portare paesi belligeranti a rivedere il proprio atteggiamento assumendo una nuova e più responsabile postura nella scena internazionale” – sottolineata la nota di Rete italiana pace e disarmo. Sarebbe ora che anche opinionisti, politici, industriali e militari lo capissero.

Giorgio Beretta
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