Tsunami: 2000 non-orfani in orfanatrofi, pescatori a terra

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Gli effetti dello tsunami continuano nonostante l'onda sismica sia passata da tempo. Oltre 2000 i bambini che vivono negli orfanotrofi in Indonesia hanno almeno uno dei genitori vivi e più dell'85% del totale dei minori è stato messo negli istituti dopo il dicembre 2004. Metà dei bambini che vivono negli orfanotrofi dopo lo tsunami sono stati collocati in queste strutture dalle loro stesse famiglie: "questo dato indica chiaramente che la catastrofe naturale del 2004, più che creare degli orfani, ha avuto in realtà un forte impatto sulla capacità delle famiglie di prendersi cura dei propri figli" - denuncia Save the Children. "Questi bambini hanno già perso molto a causa dello tsunami" - afferma Carlotta Sami i Save the Children Italia, "ma ora stanno perdendo una cosa fondamentale: la cura, l'affetto e la protezione dei loro genitori".

La ricerca condotta da Save the Children e dal Dipartimento dei Servizi Sociali Indonesiani, su tutti gli orfanotrofi della provincia di Aceh, i cosiddetti "Panti Asuhan Social" attesta come uno degli effetti più duraturi della catastrofe del dicembre 2004 è stata l'istituzionalizzazione di migliaia di bambini. Il rapporto esprime preoccupazione sull'utilizzo dei fondi dell'emergenza Tsunami per queste strutture, piuttosto che per fornire alle famiglie il supporto di cui hanno bisogno per prendersi cura dei propri figli. "La mancanza di interventi a supporto delle famiglie, ha determinato una situazione in cui una famiglia ha poche alternative all'istituzionalizzazione dei propri figli" - nota Save the Children.

E Asianews riporta che nello Sri Lanka dopo lo tsunami il governo ha costruito grandi alberghi, ma non aiuta i piccoli pescatori, mentre aumenta l'invasione dei pescherecci stranieri. Nei giorni scorsi mille pescatori di tutte le zone dello Sri Lanka si sono radunati a Potuvil per chiedere l'attenzione del governo sulla loro situazione segnata dalla guerra civile, dai problemi del dopo-tsunami e dall'invasione dei pescherecci stranieri. La guerra delle Tigri Tamil contro il governo dura da più di 20 anni e rende insicure tutte le coste nord-orientali. Le coste dell'est del Paese hanno invece subito l'onda dello tsunami nel dicembre 2004, provocando circa 30 mila morti e distruggendo case, villaggi, barche e reti per la pesca.

Vi sono circa 1 milione di pescatori nello Sri Lanka e fra essi non vi sono problemi interreligiosi o etnici, pur essendovi fra loro cristiani, musulmani, indù, buddisti. Al raduno, Herman Kumara, Segretario generale del Forum mondiale dei pescatori, ha spiegato alla folla la situazione del dopo-tusnami: "Vi sono ancora persone sfollate che vivono nei campi profughi e nei rifugi temporanei. Il governo sta pianificando e lavorando per mega-progetti turistici, per far tornare i turisti stranieri. Ma questi progetti non aiutano noi, i pescatori vittime dello tsunami. Noi chiediamo che il governo guardi ai nostri bisogni come una priorità".

Un altro problema denunciato è la crescente presenza di navi straniere nelle acque territoriali cingalesi. "Vengono con un permesso, legati a una joint-venture, ma vengono a distruggere. Queste grosse navi usano mezzi da pesca [reti a strascico - ndr] che distruggono il fondo marino e rendono difficile la riproduzione del pesce nel futuro. Questo crea un doppio problema per noi: essi distruggono il mare come risorsa e marginalizzano il nostro lavoro". Alla manifestazione a Potuvil hanno partecipato 11 associazioni di pescatori dai distretti di Tricomalee , Anuradhapura, Karuwalagaswewa, Puttalam , Negombo , Kalutara, Galle, Matara e Hambantota. [GB]

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