Terra Futura: le buone pratiche diventino patrimonio diffuso

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Perché i singoli tentativi di costruire un futuro di sostenibilità diventino percorso comune occorre che i diversi grandi attori di questo cambiamento continuino a lavorare insieme: movimenti e realtà del terzo settore, cittadini singoli, enti locali e imprese, mondo della ricerca. Mettendo in rete le buone pratiche esistenti e facendone patrimonio comune e diffuso.

A Terra Futura, che ha registrato in tre giorni 78.000 visitatori, questi soggetti si sono ritrovati a dibattere agli stessi tavoli di confronto, si sono raccontati sperimentazioni e progetti, hanno lanciato insieme iniziative e presentato i risultati di esperienze funzionanti. Oltre che contenitore di buone pratiche, Terra Futura è stata in sé la buona pratica "allargata" di dialogo e incontro tra questi mondi: la prova che se il percorso è condiviso si può andare lontano, che si tratta di "utopie concrete", sperimentabili o già sperimentate. Si possono produrre e utilizzare energie alternative, promuovere filiere corte per economie più leggere, vivere con stile più sostenibile i nostri consumi quotidiani, gestire in modo partecipato le scelte importanti per le nostre città, fare pressioni importanti sulle imprese non sostenibili e sui Governi.

Fondamentale in questa direzione - lo si è detto a più voci qui a Firenze - il ruolo dei movimenti, che in preparazione ai prossimi forum sociali, su iniziativa del "Gruppo di lavoro italiano per i Forum internazionali", si sono dati appuntamento a Terra Futura per cercare insieme luoghi di elaborazione e iniziativa comuni. Raffaella Bolini, responsabile attività internazionali Arci, facendosi portavoce di istanze condivise ha lanciato la proposta di "un coordinamento italiano che inizia a lavorare in vista della giornata mondiale di mobilitazione, in calendario per il 2008, e svolga una funzione di stimolo anche per la partecipazione al Forum Sociale Europeo di Atene (maggio 2006) e al Forum Sociale Mondiale (Nairobi 2007)".

"A Terra Futura si è riunito chi crede non solo che la sostenibilità è necessaria, ma è anche possibile - dice Ugo Biggeri, presidente Fondazione culturale Responsabilità etica, facendo un bilancio di questa terza edizione. E la condivisione dei partner che hanno lavorato insieme all'evento ha fatto sentire tutta la sua forte potenzialità. Occorre ora rafforzare la piattaforma comune di valori e di impegni concreti, per passare da un progetto a un percorso condiviso, e per incidere davvero sul sistema socioeconomico che vogliamo diverso".


Susan George, direttore Transnational Institute, ha affermato: "A Terra Futura abbiamo potuto discutere assieme le possibili soluzioni per riuscire a salvare l'ambiente. Il cambiamento necessario non può avvenire spontaneamente, perché tocca equilibri politici e rapporti di forza: ha bisogno di strategie e soluzioni comuni".

Anche perché, come ha affermato Gunter Pauli, fondatore di Zero Emission Research&Initiatives, "come attivisti non abbiamo sempre chiara la connessione tra i vari fenomeni. Ad esempio, è vero che "pulire i fiumi è distruggere le foreste", perché quando lo si fa per i fiumi in Europa si utilizza il composto dell'olio di palma tratto dagli alberi delle foreste indonesiane. Ancora: si parla di crisi del caffè ma non si pensa a cosa ci sta dietro. In una tazzina di caffè c'è solo lo 0,08% della biomassa prodotta, ma se facessimo uso al 100% del prodotto potenzieremmo la produzione 500 volte tanto". Ma c'è già chi attua buone pratiche di sostenibilità... "Con gli scarti del caffè - ha spiegato ancora Gunter - sono migliaia gli agricoltori che in Colombia coltivano una specie di funghi, con i funghi allevano il bestiame, con i rifiuti del bestiame ottengono biogas e concimi per coltivare le palme che poi fanno ombra ad altre piante. e così via, fino ad ottenere semi organici per coltivare il limone e la citronella che servono a tenere lontani i parassiti dalle piantagioni, ma anche a produrre le tisane. E il ciclo continua anche oltre".

Un'altra testimonianza dal Sud America dimostra che il sistema può essere cambiato partendo dal basso. Suor Patricia Wolf è direttore dell'ICCR - Centro interreligioso sulla responsabilità sociale, una coalizione internazionale di 275 investitori cristiani ed ebraici che investono i loro patrimoni per votare ogni anno più di 100 risoluzioni di carattere sociale e ambientale nelle assemblee degli azionisti delle maggiori imprese americane. "Nel '96 abbiamo scoperto che una multinazionale americana sfruttava gli operai negli stabilimenti del Sud America - ha raccontato portando un esempio. Le nostre azioni di pressione per ottenere trasparenza e controllo sulla produzione nonostante l'azienda affermasse che era tutto secondo le norme, hanno permesso il completo monitoraggio di tutti gli stabilimenti seguito da un rapporto pubblicato sul web".

Fonte: Terra Futura

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