La Crisi non risparmia il commercio equo

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Come va il Comes? “Il commercio equo va bene e tra un paio di mesi vi potremmo mostrare il trend di crescita”. Parola di Alessandro Franceschini – Presidente di AGICES. “Ma non possiamo nascondere le criticità - continua. Alcune centrali e botteghe che non hanno saputo rinnovare la classe dirigente e/o non hanno saputo rinnovare le politiche commerciali sono in difficoltà”.

E per il futuro? “Si nota una semplificazione del quadro. È sempre più difficile trovare gruppi spontanei che fanno sorgere una bottega mancando il retroterra culturale ed “ideologico” di base ma sempre più si ragiona in termini di sistema, aggregazione, di rafforzare l’esistente.

Qual è la merce meno venduta? “Quando v’è crisi il settore che più ne soffre è l’artigianato in quanto l’alimentare serve sempre e tiene di più. L’artigianato è difficile da vendere e rinnovare”.

Non mi dice nulla di ROBA? “Formalmente non ne so nulla. ”

Si parte con una brutta notizia. ROBA dell’altro mondo sta avviando la procedura di fallimento. ROBA è una delle organizzazioni d’importazione di artigianato di commercio equo più importanti in Italia. A conferma di ciò che dice Franceschini lavorava soprattutto su conto vendita e preordini e, per molte botteghe, non era possibile anticipare grossi ordinativi in contanti. Mancanza di flessibilità direbbero alcuni. Non adattamento alle ferree regole del mercato direbbero altri. Certo che la chiusura della cooperativa di Rapallo – Genova è imminente: 31 dicembre del 2010.

CTM altromercato, la seconda centrale al mondo per dimensioni con sede legale a Bolzano ha provato più volte a farsi carico di qualche progetto per salvare ROBA ma, forse, era già troppo tardi. Dispiace molto ma non è la sola. Nell’arcipelago delle centrali d’importazione del commercio equo (Ctm Altromercato, Assobotteghe, Libero Mondo, Altra Qualità, Commercio Alternativo, Equoland, Equo Mercato, Libero Mondo, Ram, Ravinala, Roba dell’altro mondo oltre al circuito di Faitrade Italia) anche Equomercato sta attraversano un momento difficile. Il loro fatturato è sceso al di sotto di 1 milione di € che è pari ad una cooperativa con qualche bottega e non certo una centrale d’importazione.

In periodi di vacche magre fare attenzione ai conti, quindi, non è solo un compito Tremontiano. Anche da parte di AGICES v’è particolare attenzione. Nel chiudere sabato 23 ottobre la ventiduesima Assemblea generale del commercio equo e solidale nello splendido contesto del Palazzo Medici Riccardi di Firenze il presidente ha messo in forse anche la sostenibilità economica dell’associazione, che oggi si basa sulle quote versate dagli appartenenti, in funzione del loro fatturato.

Ma cosa sta succedendo? La politica non sembra sempre aiutare il commercio equo come dimostra l’imminente chiusura della città dell’altreconomia. In altri contesti risponde puntuale come la Regione Umbria che ha donato 97.000 euro a sostegno (pdf). Per Giorgio Dal Fiume di CTM ad oggi ben 10 Regioni italiane hanno una normativa e finanziamenti per promuovere il Commercio Equo ed il Consumo Responsabile, tutte nate negli ultimissimi anni ed in un quadro politico italiano che sembra refrattario ad ogni novità e qualità. Ancora Franceschini: “In questo contesto diventa fondamentale che anche le Istituzioni facciano la loro parte, alimentando il circuito virtuoso del commercio equo e dell’economia solidale, non solo a vantaggio dei produttori del Sud del Mondo, ma anche dei consumatori italiani”.

Assistenzialismo? Sembra di no. Il comes, in Italia, sta giocando una partita tutta in attacco moltiplicando le iniziative di politica commerciale per uscire dall’angolo del “commercio di nicchia”: equo per tutti, io faccio la spesa giusta, giornata mondiale del commercio equo, la settimana del commercio equo e solidale, le città eque e solidali, scambiamo il mondo, fa la cosa giusta, l’altropallone. A suo favore v’è un dato: il 71% dei consumatori vuole che l’etica diventi una strategia aziendale e perciò sono disposti a pagare un prezzo più alto dei prodotti, anche fino ad un +10%. Il 12% dei consumatori si spingono fino al +20%; il 4% invece fino al 50% e un inaspettato 3% di consumatori intervistati oltre il +50%.

Ma come prevenire nuove chiusure? Forse si dovrebbero stringere alleanze più significative e durature con realtà “cugine e più accattivanti” come Slow Food. Forse si potrebbe fare maggior sistema con la finanza etica che è nata anche in supporto del comes. L’accordo tra CTM e Banca Etica va nella giusta direzione ma non possiamo nascondere che ha scontato un certo ritardo dato più da incomprensioni personali che da assenza di visioni comuni. Forse deve osare ancor di più nel “bucare lo schermo”. Ma una cosa è certa. Forse è il caso di sostituire l’ideologia con la strategia.

Fabio Pipinato

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