Italia: grandi affari con l'Iran, alla faccia delle sanzioni Onu

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I programmi di assicurazione all'export dell'Italia verso l'Iran ammontano a circa 4,5 miliardi di euro e tra i Paesi dell'Unione Europea, l'Italia è seconda solo alla Germania. Lo riporta un recente articolo pubblicato sul sito New Europe, il settimanale online di analisi delle politiche europee. La SACE, principale Agenzia di Credito all'Esportazione in Italia che a tutt'oggi è al 100% di proprietà del Ministero del Tesoro, assicura le imprese che realizzano progetti e investimenti in Iran contro il rischio politico e commerciale di insolvenza - nota la Crbm (Campagna per la riforma della Banca Mondiale). "Da diversi anni l'Iran figura ai primi posti nell'elenco dei Paesi verso cui la SACE fornisce garanzie. Una strategia che si può fare risalire almeno al 2000, quando anche in sede G8 si riteneva opportuno cercare di aumentare gli scambi commerciali con il Paese asiatico".

L'Unione europea è il principale partner commerciale dell'Iran e dopo il 2003, l'anno in cui la comunità internazionale ha "scoperto" i presunti piani segreti dell'Iran per dotarsi dell'arma atomica, le esportazioni europee sono aumentate invece di diminuire: tra il 2003 e il 2005 si è registrato un incremento del 29% nell'export verso l'Iran. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale (Fmi) relativi al 2005, oltre il 40% delle importazioni iraniane proviene dai Paesi dell'Ue (per un volume di oltre 14 miliardi di euro) che a loro volta assorbono circa un quarto delle esportazioni complessive dell'Iran (oltre 10 miliardi di euro). "Mentre Cina e Giappone hanno interessi in Iran essenzialmente legati alle forniture energetiche, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda e Francia forniscono invece all'economia iraniana investimenti vitali" - ha spiegato Matthias Kuntzel, un politologo tedesco esperto in Iran e fondamentalismo islamico.

L'Europa, e in particolare la Germania, esporta verso l'Iran per il 90% macchinari. Queste relazioni commerciali sono in continua crescita e l'Italia è fra i principali partner, con circa 4,5 miliardi di euro di crediti all'export per le imprese italiane. La quota principale di export verso Teheran, dopo quella europea, spetta agli Emirati Arabi Uniti e alla Cina, entrambi con appena l'8,3% ciascuno. La Russia ha una quota del 4,8%, l'India del 3,6%, il Giappone del 3,4%. Gli Stati Uniti non hanno rapporti commerciali.

Attualmente le sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu nel dicembre 2006 includono il congelamento dei beni di 12 persone e di 10 banche collegate ai progetti nucleari iraniani. Il 21 febbraio è scaduto il nuovo ultimatum dell'Onu a Teheran per bloccare il programma atomico e nuove sanzioni sono in discussione al Palazzo di vetro. "L'Italia rischia in questo senso di trovarsi in una posizione per lo meno imbarazzante nei confronti degli Usa e delle loro richieste di embargo economico e commerciale nei confronti dell'Iran" - commenta Ctbm. "L'attuale esposizione della SACE per miliardi di euro presenta inoltre un rischio notevole. In caso di ulteriore inasprimento o peggioramento della situazione internazionale, è difficile ipotizzare quali scenari si aprirebbero e come la SACE, e quindi il governo italiano, potrebbero gestire un'esposizione di miliardi di euro". Che puntualmente ricadrebbe sulle casse dello stato, e cioè, sulle tasche dei cittadini italiani dopo aver ingrassato le industrie che fanno affari con regimi autoritari come quello di Teheran. [GB]

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