Ecuador: dopo la crisi arriva il commercio equo

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Per le strade si incontrano ancora i soldati in tenuta anti-sommossa, che circondano per pura precauzione, in una Quito caotica ma tranquilla, il Palazzo del Governo dopo la fuga dell'ex presidente Lucio Guiterrez, ribaltato dalla piazza con l'accusa di corruzione e nepotismo. Nei negozi soffocati da prodotti cinesi e americani a prezzi stracciati, si intravede lo spettro della dollarizzazione, che ha mandato in pensione il vecchio sucre e proiettato l'Ecuador sul mercato internazionale, ma ha lasciato indietro la piccola classe media, i tanti contadini, i piccoli artigiani, e tutti quei bambini lavoratori che, tra scarpe da pulire e lavori piu' dignitosi hanno ormai raggiunto per numero i lavoratori sindacalizzati.

In questa cornice sono arrivati in Ecuador oltre 260 tra produttori e importatori del commercio equo e solidale di India, Africa, Bangladesh, Nepal, America Latina ed Europa. Persone che hanno scommesso su una rete alternativa di relazioni commerciali, ma anche umane, stabili e giuste, dicendo no alle regole del mercato selvaggio e della competizione che impedisce una vita decente a quasi tre miliardi di persone nel nostro pianeta. Si e' aperta infatti al Convento San Francisco di Quito l'ottava conferenza internazionale di Ifat, l'International Federation of Alternative Trade, il piu' grande network del commercio equo e solidale, con oltre 250 membri in tutto il mondo. Un'assemblea importante, non solo per l`opportunita' che viene offerta di far incontrare nuovamente organizzazioni provenienti da ogni parte del mondo per consolidare o strutturare rapporti commerciali, ma anche perche' cresce tra i consumatori, i decisori politici ma anche gli attori dell'economia tradizionale le imprese profit l'attenzione per il business eco&equo, creando nuove opportunita' per
la costruzione di uno sviluppo sostenibile, ma moltiplicando anche la schiera degli ''equofurbi'', che si fanno pubblicita' e chiedono ai decisori politici leggi di promozione ''su misura'' con bilanci sociali e campagne di beneficienza ma non garantiscono alcuno dei diritti umani e ambientali fondamentali, ne' delle persone che impiegano ne' nei territori nei quali operano.

Nella settimana dei lavori di Quito, Ifat esplora potenzialita' e prospettive per il suo Marchio di organizzazione, quel ''mondo di persone'' rappresentato sul FTO MARK, lanciato nel corso del Forum Sociale Mondiale di Mumbai del 2004 che certifica l'aderenza ai principi del commercio equo dei suoi membri, attraverso un sistema di certificazione e di monitoraggio, e che potrebbe essere apposto in futuro anche sui prodotti, come fosse una sorta di SA8000 del commercio giusto. Ma il mondo del commercio equo mette a punto anche la propria strategia comune per intercettare ancora con maggiore energia i negoziati commerciali della Wto in vista del General Council che si terra' il prossimo luglio a Ginevra e della Assemblea ministeriale convocata a Hong Kong per il 13-18 dicembre prossimi.

La centrale di importazione ROBA dell'Altro Mondo e' tra le organizzazioni impegnate nei lavori di Ifat a Quito, ma sta svolgendo un lavoro di approfondimento e di analisi della situazione economica e politica dell'Ecuador grazie a incontri con i propri partners locali, le realta' del sindacato, delle comunita' indigene, della societa' civile organizzata. Per imparare dall'Ecuador a riconoscere i sintomi della crisi, l'orgoglio dell'essere cittadini, la strada delle possibili alternative a partire dalle pratiche quotidiane dell'agricoltura familiare, della tutela del lavoro, delle comunita' indigene e delle donne artigiane.

"Sono presenti organizzazioni storiche di commercio equo come Sasha India, Undugu Kenya o Mcch e Sinchi Sacha Ecuador (a questi ultimi si deve il prezioso lavoro di organizzazione logistica della conferenza) ma anche gruppi giovani che conosciamo qui per la prima volta, come i ragazzi colombiani della Fundacìon Mambe shop che sono qui per ascoltare e conoscere meglio Ifat, e molti altri" racconta nel suo primo resoconto Simonetta Lorigliola del Consorzion Ctm Altromercato. Secondo Rudi Dalvai, presidente di IFAT, la crescita enorme che ha avuto in questi ultimi 10 anni ha imposto all'attenzione di tutte le organizzazioni di commercio equo la necessità di darsi dei criteri ed un monitoraggio attendibile degli stessi. Ctm Altromercato ritiene questo aspetto determinante per il futuro del commercio equo, affinché esso continui ad essere "controllato" dalle organizzazioni fair trade, incluse le Botteghe del Mondo. La discussione nei prossimi giorni verterà proprio su come e perchè utilizzare un marchio di un'organizzazione di commercio equo: motivazioni, ambiti, applicazioni.

Altre fonti: Roba dell'Altro Mondo

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