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Banca mondiale e Fondo monetario (Fmi)
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Introduzione
Prima ancora della fine della Secondo guerra mondiale, non appena l’esito si delineò favorevole alle potenze anglosassoni, queste diedero origine ad un imponente sforzo finalizzato alla realizzazione di una cooperazione internazionale istituzionalizzata. La collaborazione economica avrebbe dovuto riguardare i problemi commerciali, quelli valutari e quelli degli investimenti internazionali a lungo termine. Ciò per evitare nuove crisi, come quella del 1929 che aveva contribuito allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Questo sforzo si concretizzò negli “Accordi di Bretton Woods”, che prevedevano anche l’istituzione di due organismi finanziari internazionali: il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM)
Detti accordi riflettono l’approccio culturale delle potenze anglosassoni dell’epoca: il libero commercio internazionale, regolamentato grazie alla cooperazione internazionale istituzionalizzata, crea sviluppo. Il libero commercio internazionale però, presuppone che i paesi adottino politiche funzionali al libero mercato e ciò significa far esporre i paesi ai rischi del mercato stesso. Per far fronte a questi rischi furono istituite le due organizzazioni finanziarie internazionali.
Il Fondo Monetario Internazionale
Al Fondo Monetario Internazionale (FMI) furono affidati i compiti di controllare che i paesi aderenti rispettassero le regole concordate in ambito commerciale e finanziario e di concedere prestiti ai paesi che presentassero rilevanti deficit di bilancia dei pagamenti. Doveva quindi, tamponare crisi congiunturali di breve periodo. Molti dei compiti del FMI vennero però meno nel 1971, quando gli USA posero fine al sistema dei cambi fissi.
Il FMI si occupa da un lato della supervisione delle politiche dei paesi membri e dall’altro di essere “prestatore di ultima istanza” per l’economia mondiale. I paesi aderenti al FMI sono 186.
L’erogazione di un prestito del FMI è subordinata agli arrangements. Trattasi di un programma economico formulato dal paese destinatario con la consulenza del FMI. Questo programma diventa parte integrante del prestito. Le due parti infatti, sottoscrivono una “Lettera di intenti” con la quale si impegnano al rispetto del programma, che dovrebbe risolvere in maniera strutturale gli squilibri in cui versa il paese in difficoltà. Il FMI non eroga il prestito in un’unica soluzione, ma in tranches di norma trimestrali. Se alcuni degli obiettivi previsti non sono realizzati il FMI può decidere di sospendere il programma.
La Banca Mondiale
Il compito principale della Banca Mondiale (BM) era inizialmente quello di reperire le risorse finanziarie necessarie alla ricostruzione postbellica, in particolare in Europa. Una volta assolto questo obiettivo, ha iniziato a finanziare progetti di sviluppo nei paesi del sud del mondo e dopo la caduta dei sistemi comunisti ha fornito prestiti anche ai paesi dell’Europa dell’est.
Per BM si intendono le seguenti istituzioni collegate:
· International Bank for Reconstruction and Development (IBRD): la sua funzione è quella di ridurre la povertà e sostenere lo sviluppo sostenibile nei paesi a reddito medio. Concede prestiti ordinari (con tassi di interesse vicini a quelli di mercato) che vengono accompagnati da servizi di assistenza per utilizzare al meglio i fondi erogati. I settori d’intervento sono: il miglioramento della capacità di gestione amministrativa, i trasporti, la salute e gli altri servizi sociali di base.
· International Development Association (IDA): ha il mandato di concedere prestiti ai paesi che non sono in grado di accedere ai prestiti concessi alle condizioni dell’IBDR.
· International Financial Corporation (IFC): i principali obiettivi dell’IFC sono l’assistenza alle piccole e medie imprese; lo sviluppo dei mercati nazionali del capitale (principalmente nell’Europa centrale ed orientale e nell’Africa sub-sahariana); la privatizzazione e ristrutturazione delle imprese statali; il sostegno agli investimenti privati nelle infrastrutture (in particolare telecomunicazioni e settore energetico).
· Multilateral Investment Guarantee Agency (MIGA): si occupa di promuovere lo sviluppo del settore privato e di incoraggiare l’investimento privato estero verso i paesi in via di sviluppo.
· International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID): è il più importante foro internazionale di arbitrato per la risoluzione dei contenziosi tra investitori stranieri e Stati ospiti. Il ricorso all’arbitrato dell’ICSID è volontario, ma una volta dato il consenso le parti non possono ritirarlo unilateralmente. L’ICSID svolge anche attività di consulenza e ricerca.
Dal Rapporto annuale 2009 del FMI:
- il bilancio del FMI è stato considerevolmente aumentato ed ora può concedere prestiti per un ammontare totale di 750 miliardi di dollari USA. La capacità di concedere prestiti ai paesi a basso reddito è stata raddoppiata;
- a causa della crisi finanziaria mondiale gli impegni di prestito del FMI hanno raggiunto un ammontare senza precedenti e molti di questi prestiti sono stati autorizzati per la via del meccanismo di finanziamento d’urgenza. Il FMI ha concesso 65,8 miliardi di “diritti speciali di prelievo” (Special drawings rights, SDR) a 15 paesi membri. Parallelamente ha autorizzato prestiti o l’aumento di prestiti già concessi a 26 paesi, per un totale 1,1 miliardi di “diritti speciali di prelievo”.
Dal Rapporto annuale 2009 della BM:
- gli impegni del IBRD ammontano a 32.911 milioni di dollari USA, di cui 15.532 impiegati in prestiti per le politiche di sviluppo;
- gli impegni dell’IDA ammontano a 14.041 milioni di dollari USA, di cui 2.820 impiegati in prestiti per le politiche di sviluppo.
Sempre dalla BM apprendiamo che:
- i paesi poveri vedranno ridotte le entrate per la vendita dei loro prodotti perché gli scambi mondiali hanno registrato una riduzione del 5 – 10%;
- la crisi economica ridurrà del 7% le rimesse che riceveranno i paesi poveri;
- i flussi dei capitali privati verso i paesi più poveri sono passati da 30 miliardi di dollari USA del 2007 ai 21 miliardi del 2008 e si stima che saranno 13 nel 2009;
- il turismo verso i paesi poveri diminuirà dell’8%.
La riforma del FMI e della BM
A delineare gli statuti delle due istituzioni finanziarie contribuirono i maggiori economisti dell’epoca, tra i quali John Maynard Keynes e Harry D. White. La loro visione fu certamente lungimirante (si tentò di avere un mercato libero ma regolamentato e forse si tentò anche di avere un’economia indirizzata verso finalità pubbliche. Come si fece, con molti limiti, con il Piano Marshall).
Il mondo però è cambiato velocemente. I paesi del Sud del mondo hanno raggiunto l’indipendenza politica, si sono formate aree economicamente integrate come l’Unione Europea (U.E.), si è rinunciato a regolamentare il mercato, è caduto il muro di Berlino e sono apparse nuove potenze economiche e politiche. Da tempo quindi, si dibatte su quali riforme vadano attuate per adeguare il FMI e la BM alle nuove sfide. Le ragioni che inducono a chiedere una riforma delle due istituzioni sono molte. I conflitti armati, ad esempio, avevano interpretazioni differenti da quelli dei giorni nostri.
Prima della caduta dei sistemi comunisti, i conflitti nei “Paesi in via di sviluppo” erano visti come conseguenza della guerra fredda, ma erano anche considerati delle fasi transitorie che interrompevano solo momentaneamente il percorso dei detti paesi verso lo sviluppo e la “modernità”. Nel mondo post ‘89 l’interpretazione dei conflitti è molto più complessa. I conflitti sembrano avere l’obiettivo di adeguare queste aree di povertà (presenti anche nei paesi ricchi) ad una nuova situazione che ancora non è chiaro quale potrà essere. Continuare a ritenere quindi, che l’espansione del mercato, la globalizzazione, conduca necessariamente al progresso economico e sociale e che le sacche di povertà siano solo transitorie, è ora considerata una teoria semplicista. Nessuno sa quanto dureranno le dette fasi di transizione e quindi, quanto dovranno attendere i poveri. Non si vuol affermare che il “libero mercato” non abbia portato benefici all’umanità ma che le tante crisi economiche, anche recentissime, dimostrano che vi sono problemi rilevanti all’interno del sistema economico mondiale. È inoltre evidente l’assenza di giustizia nel nostro mondo, che continua a far pagare le crisi a coloro che non le hanno determinate (ad esempio i popoli dei paesi poveri). Inoltre, la storia dimostra che le istituzioni finanziarie internazionali non sempre hanno saputo affrontare le crisi dei vari paesi. Non solo. Non le avevano previste; infatti nulla o molto poco si è fatto per scongiurarle.
Altre ragioni che hanno portato a chiedere la riforma delle due istituzioni, possono essere ricondotte al fatto che nel loro funzionamento, FMI e BM, si siano discostate dal funzionamento previsto dai loro ideatori. Il FMI è, ad esempio, stato accusato nel passato di aver aderito ad un monetarismo acritico senza promuovere occupazione e sviluppo, come avrebbe dovuto fare. FMI e BM, ma anche l’Organizzazione per il commercio mondiale (OCM), sono accusate di essere strutture amministrative che rispondono agli interessi economici dominanti, che ovviamente non possono essere gli interessi dei paesi poveri, e che per assolvere tale ruolo sono costrette a manipolare le forze di mercato.
Non possiamo però, fare a meno di queste due istituzioni. Considerate anche le ricorrenti crisi finanziarie, si rende ancora necessaria la presenza di un prestatore “d’ultima istanza” come è il FMI. Il paese in crisi, quando i mercati finanziari privati non sono disponibili a concedergli credito, non può che rivolgersi al FMI. Teniamo anche conto che mentre nel passato le crisi dei paesi nascevano spesso da squilibri tra importazioni ed esportazioni, oggi le crisi sono fenomeni più complessi e le loro soluzioni richiedono molte più risorse finanziarie rispetto al passato. Pertanto, è necessario dotare il FMI di maggiori risorse, ma ciò non basta. Si dovrebbe fare in modo che le crisi vengano curate, efficacemente, già da quando emergono i primi sintomi e non quando i paesi appaiono ormai “morenti”. Occorrono quindi misure atte a prevenire le crisi, essere presenti nei paesi e volerle effettivamente risolvere.
Il FMI è inoltre spesso criticato, perché sarebbe solo il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti a deciderne le politiche e ciò fa nascere il sospetto che gli USA utilizzino le crisi ed il FMI per imporre la loro visione ideologica e per raggiungere scopi poco nobili. Anche della BM sembra non si possa fare a meno. La BM sembra godere di maggior prestigio rispetto al FMI. Questa già da molti anni guarda alla povertà non solo da un punto di vista economico ma tiene anche conto di molti altri aspetti e fattori come scuola, sanità ed infrastrutture. Anche la BM è però fortemente criticata. Vi sono in atto diverse iniziative che ne chiedono la riforma: la campagna “Sbilanciamoci” e la “Campagna per la riforma della BM”. Le due campagne chiedono di:
· “disinquinare il sistema da attività speculative”;
· “dichiarare illegali tutte queste operazioni fuori bilanci. Allo stesso tempo tutte le operazioni in derivati realizzate al di fuori dei mercati regolamentari dovrebbero essere proibite”;
· istituire “un nuovo sistema economico internazionale democratico e controllabile”;
· “potenziare fortemente le strutture dell’ONU;
· avere “nuove regole per il sistema monetario internazionale”.
Le due campagne chiedono inoltre di “rilanciare il Welfare in Italia e nel mondo”.
Il contesto internazionale
Le politiche delle istituzioni finanziarie internazionali e degli Stati indirizzate a risolvere i problemi dei paesi poveri e dei poveri in generale, sono elaborate e messe in pratica in un ambiente molto difficile e complesso:
- l'economia mondiale è dominata, oltre che da istituzioni finanziarie internazionali, da multinazionali, da criminalità internazionali ma fortunatamente anche da società civili;
- nonostante le multinazionali abbiano un potere enorme, il sistema produttivo di molti paesi poveri, e non solo, conta esclusivamente sulla presenza della micro impresa familiare, insieme alla piccola e media impresa. Sviluppare e sostenere queste imprese non è facile anche perché spesso costituiscono sistemi produttivi “informali”. È difficile finanche individuarle. Si deve tener conto inoltre, che quando i cosiddetti mercati “emergenti” vengono aperti, può accadere che i problemi per le piccole imprese locali aumentino. Queste possono essere costrette o a chiudere o a produrre per qualche multinazionale;
- la globalizzazione sta inducendo le imprese multinazionali e le grandi imprese nazionali a trasformarsi in imprese transnazionali;
- la presenza dei “paradisi fiscali” favorisce coloro che utilizzano la finanza internazionale per scopi illeciti e contribuisce a determinare povertà diffusa e concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi (i peggiori). Anche in Europa vi sono importanti “paradisi fiscali” (come: Svizzera, le Channel Islands, Liechtenstein e San Marino), dove si stima siano depositati 2.100 miliardi di dollari USA. Di questi ben 500, recentemente, sono emersi e sono stati rimpatriati dai loro possessori. La comunità internazionale già da tempo si è attivata per ridurre gli effetti del riciclaggio del denaro e del finanziamento del terrorismo, istituendo il Financial Action Task Force on Money-Laundering – Groupe d’Action Financière sur le Blanchiment de Capitaux (Fatf-Gafi). Nonostante ciò i risultati della lotta al riciclaggio sono insufficienti. La principale ragione, probabilmente, è da ricercarsi nel fatto che il dilagare della corruzione e la pressione delle organizzazioni criminali, concorrono ad erodere le fondamenta dello Stato, che tende a ridursi in un mero mercato. Ed un mercato, soprattutto se senza regole, facilmente rischia di finire sotto il controllo di organizzazioni criminali e di piccole minoranze organizzate colluse con le organizzazioni criminali;
- si registra l’insufficienza di capitali per finanziare lo sviluppo nei paesi a minor reddito. In tempi recenti, in sede ONU, si è avviato un programma per reperire risorse finanziarie addizionali ai flussi di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). L’obiettivo principale è quello di ottenere almeno 50 miliardi di dollari in più all’anno al fine di consentire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Il progetto si è avviato con il Rapporto Zedillo (del giugno 2001) in preparazione della Conferenza di Monterrey, organizzata nel 2002 dalle Nazioni Unite.
La Banca Etica Europea
Le società civili dei vari paesi hanno un ruolo importante, che è soprattutto quello di proporre soluzioni a problemi come le guerre dimenticate, la difesa dell’ambiente, il rispetto dei diritti umani, l’assenza di etica nella finanza, la riforma della BM e del FMI. Ovviamente per raggiungere risultati concreti non basta che ogni singola società civile agisca, indipendentemente dalle altre, all’interno dei confini del proprio paese. Molti bisogni travalicano i confini nazionali e possono essere affrontati efficacemente solo se si lavora a livello internazionale. Pertanto, la società civile europea, riguardo l’urgenza di avere una finanza etica, già da tempo lavora insieme non solo elaborando delle esigenze comuni, come quella di avere una banca al servizio delle reti sociali europee, ma ha anche attivato iniziative collegiali. Nel 2006, la “Banca Popolare Etica” (istituita in Italia nel 1999), “La Nef” (società finanziaria francese) e la Fondazione spagnola “Fiare”, hanno iniziato un percorso che ha portato all’elaborazione del “Manifesto per una Banca Etica Europea”.
Problemi aperti
Le Istituzioni finanziarie internazionali dovrebbero combattere il fenomeno della trasformazione in senso finanziario dell’economia. Oggi esistono due tipi di “economie”: c’è un’economia a base reale, che produce beni e servizi i quali vengono venduti e comprati nel mercato e poi c’è un’economia di tipo finanziario, che compie operazioni finanziarie senza alcuna produzione di beni e servizi. Oltre a ciò proliferano fondi speculativi, come i vultures funds, fondi avvoltoio, specializzati nel trarre vantaggi dalle miserie, soprattutto dai paesi africani in difficoltà. Ovviamente se l’economia finanziaria non sarà fortemente ridimensionata, le crisi mondiali saranno sempre più ricorrenti ed i fondi stanziati per lo sviluppo non sortiranno i risultati attesi.
I dati sulla distribuzione della ricchezza mondiale sono molto preoccupanti. La ricchezza finanziaria globale viene stimata in 60.000 miliardi di dollari USA, di questi ben 53.000 sono detenuti dai fondi comuni, dai fondi pensione e dalle assicurazioni. Gli Hedge Fund, fondi speculativi, deterrebbero una liquidità di 1.400 miliardi di dollari. Questi fondi grazie ad un utilizzo massiccio di prodotti derivati, controllerebbero masse di denaro ben superiori al valore effettivo dell’investimento. Il valore di tutte le azioni quotate in tutte le borse del mondo è valutato in 53.000 miliardi. Di questi, 33.000 miliardi sono di pertinenza delle borse in Europa, Stati Uniti e Giappone, il resto è sparso nelle altre piazze affari del globo. Il totale delle riserve delle banche centrali del mondo ammonta a 5.000 miliardi di dollari USA. La metà di questa cifra appartiene alle banche centrali di: Cina, Russia e Giappone.
Le Istituzioni finanziarie internazionali devono evitare la possibilità che gli aiuti internazionali ai paesi poveri diventino uno strumento funzionale essenzialmente al rimborso del debito estero.
Come si è detto, le Istituzioni finanziarie internazionali (e non solo loro) non devono imporre loro modelli di intervento per la risoluzione dei problemi di paesi in crisi. Anche perché l’esperienza dimostra che quando il modello non ha funzionato, non si è saputo che fare e le crisi si sono aggravate rendendo più complesse le operazioni di risanamento. Nell’ex U.R.S.S., ad esempio, dove il libero mercato non s’è sostituito armonicamente al regime socialista, ha avuto il sopravvento il crimine organizzato. Ora è un attore importante in molti paesi dell’est Europa. Ciò perché la comunità internazionale non è stata in grado di gestire la crisi nata con la caduta dei sistemi comunisti. In questi paesi non si è disintegrato solo il sistema economico ma si è anche lacerato il tessuto sociale ed è stata devastata la stessa sovrastruttura (la morale pubblica, la legittimità del potere politico ecc.). Intervenire adesso è molto più difficile e molto più oneroso.
Le istituzioni finanziarie non devono finanziare progetti insostenibili.
Per affrontare le problematiche legate al finanziamento dell’aiuto allo sviluppo occorre, probabilmente, un approccio culturale differente che miri ad elaborare e finanziare delle efficaci politiche economiche e non puntare, ad esempio, ad assecondare le volontà del mercato, che è fortemente condizionato da speculatori senza scrupoli, dal sistema bancario-ombra e da organizzazioni criminali. Esempi di politiche improntate a soddisfare le “esigenze del mercato” le possiamo trovare anche in Italia. Il paese ha numerosi problemi e tra questi una forte disoccupazione. Contemporaneamente si registra una forte domanda di giochi (lotterie, scommesse etc.) con trend che assomigliano ai paesi più disperati. Lo Stato incentiva i giochi pubblici per fare cassa. In tal modo incamera risorse finanziarie e crea pochi posti di lavoro. Ma quali saranno le conseguenze? Incentiverà, soprattutto nei giovani, la cultura del gioco e non quella del lavoro; moltiplicherà, legalmente, il numero delle famiglie rovinate a causa del gioco e moltiplicherà le opportunità di riciclaggio di denaro “sporco” potenziando le organizzazioni criminali. Alla fine avremo un tessuto sociale ancor più lacerato.
Bibliografia
- Lezioni di politica economica, Federico Caffè, 1984, Editore Boringhieri, Torino
- Un solo mondo quante narrazioni…, Luca Cristalli e Laure Malchair (a cura), 2006, Editrice SEI, Torino
- Economie di carta, a cura di Mani Tese, 2001, Editrice Monti, Saronno (VA)
- La globalizzazione della povertà, Michel Choussudovsky, 1998, Edizioni Gruppo Abele, Torino
- Il ritorno dell’economia della depressione, Paul Krugman, 2009, Editore Garzanti, Milano
(Scheda realizzata con il contributo di .....)
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