Ucraina: il Paese è devastato, questa è l’unica realtà

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La chiave del momento, mentre siamo al giorno 237 di “operazione speciale” russa in Ucraina, è nelle parole dell’ambasciatore ucraino a Roma. Yaeoslav Melnyk ha ripetuto, lapidario, che per avere la pace, “la condizione numero uno è che l’esercito russo lasci il nostro Paese. Tutti i militari russi devono andare via. Poi, ci potremo sedere al tavolo delle trattative”.

E’ l’opzione militare, quindi, quella che resta in campo in questa guerra. La situazione militare resta simile ad un elastico, con offensive, conquista di posizioni e poi controffensive e ritorno su posizioni arretrate. Di fatto, non ci sono vittorie determinanti, dicono gli osservatori. Negli ultimi giorni, ad esempio, le forze ucraine hanno respinto attacchi russi in nove villaggi nell'est del Paese. Lo ha reso noto lo Stato Maggiore delle Forze Armate. L’esercito di Mosca aveva attaccato Bilohorivka nella regione di Lugansk e Bakhmut, Bakhmutske, Klishchiivka, Krasnohorivka, Novomykhailivka, Nevelske, Opytne e Marinka nella regione di Donetsk. Continuano anche gli attacchi aerei, che colpiscono soprattutto civili: una scuola sarebbe stata colpita nella regione di Zaporizhzhia.

Gli attacchi vengono portati soprattutto con droni suicidi e qui l’attenzione internazionale si è spostata sull’Iran, storico alleato della Russia: insieme – ricordiamolo – hanno combattuto l’Isis e sostenuto il regime di Bashar al-Assad in Siria. Bene, i droni utilizzati dai russi sull’Ucraina sarebbero di fabbricazione iraniana e sarebbero stati forniti da Teheran a Mosca in questi mesi. In Crimea, poi, sarebbero stanziati tecnici iraniani, che addestrerebbero i russi nell’uso dei velivoli.

L’Iran nega qualunque coinvolgimento nella guerra, ma da parte europea e statunitense sono partite indagini e richieste di sanzioni nei confronti della Repubblica Islamica. Una situazione che sottolinea, se mai ve ne fosse bisogno, quanto facilmente la guerra possa allargarsi. In Bielorussia sarebbero arrivati altri 170 carri armati russi, formalmente per rafforzare il sistema di difesa di Minsk, secondo l’intelligence europea per preparare una offensiva contro l’Ucraina da una nuova direzione.

Una possibilità concreta, questa. Putin continua a giocarsi molto, in questa guerra che non riesce a vincere. Aver imposto la legge marziale nei territori appena annessi alla Russia, dopo il referendum considerato “truffa” dalla comunità internazionale, significa chiaramente che in quelle terre il controllo politico – militare è tutt’altro che acquisito. La legge marziale è stata introdotta nelle quattro regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e di Kherson. Putin ha firmato un decreto che limita i movimenti dentro e fuori otto regioni confinanti e la legge marziale potrà essere estesa a qualsiasi parte del territorio della Federazione se necessario. E’ una implicita ammissione di debolezza, che si somma all’incapacità delle forze armate di aver ragione degli ucraini.

Intanto, cresce il numero dei morti. Le stime ormai superano quota 100mila vittime in meno di otto mesi di guerra. Un numero spaventoso, nelle guerre moderne, in un periodo di tempo così relativamente breve. E ai troppi morti, si aggiungono le infrastrutture distrutte. La guerra ha danneggiato la quasi totalità delle centrali elettriche ucraine. La connessione internet è scesa a circa l'80% dei livelli ordinari a Kiev e sono stati introdotti, soprattutto nella notte, blackout a rotazione per poter garantire un minimo di elettricità e far andare avanti gli ospedali. Il presidente Zelensky ha lanciato un appello, invitando gli ucraini a “non accendere elettrodomestici non necessari e limitate il consumo d'elettricità su quegli elettrodomestici che richiedono molta energia”.

Il Paese è devastato, questa è l’unica realtà. E il pericolo di un ulteriore balzo in avanti della violenza è talmente alto da preoccupare la fino ad ora quasi imperturbabile Cina. Per la prima volta, il governo di Pechino ha invitato i connazionali a "restare in contatto" con l'ambasciata a Kiev e "ad evacuare il prima possibile", lasciando l'Ucraina. Lo ha detto Il vice ministro degli Esteri Ma Zhaoxu, nei corridoi del XX Congresso nazionale del Partito comunista che si sta celebrando in questi giorni. E’ emerso anche che dall’inizio di quella che la Cina chiama ancora “crisi in Ucraina”, l'ambasciata ha aiutato oltre 5.200 cinesi a lasciare il Paese. Un invito che, alla luce degli ultimi avvenimenti, è stato rinnovato con la preghiera “di partire quanto prima".

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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