Turchia: il sì dell'Ue ma solo con i diritti umani

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La Turchia si avvicina all'Europa. Come previsto la Commissione ha raccomandato l'avvio dei negoziati tra Ankara e Bruxelles. Romano Prodi davanti al Parlamento ha dato un sì condizionato, perché il processo per l'integrazione potrà essere interroto se la Turchia non rispetterà i parametri in materia di diritti umani. Nella raccomandazione, la Commissione suggerisce che il negoziato di adesione con Ankara segua un "processo aperto". Il 17 dicembre i capi di Stato e di governo dei 25 Paesi dell'Ue dovranno decidere in occasione del Consiglio europeo se aprire o meno i negoziati con la Turchia. Le autorità turche dovranno proseguire lo sforzo di riforme avviato negli ultimi anni, soprattuto per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, la tutela delle minoranze e il ruolo dell'esercito nella gestione del potere. Dall'organizzazione Human Rights Watch (Hrw) arriva un richiamo alla Turchia su libertà di stampa, di religione e il rispetto delle minoranze.

"Sono sempre lontane dall'essere perfette, ma evidenziano costanti progressi" dice Hrw nel rapporto reso noto a Bruxelles. "Il governo della Turchia deve prendere ancora delle misure per sradicare la tortura nei commissariati della polizia e per agevolare il rientro di centinaia di migliaia di curdi cacciati dalle proprie abitazioni durante gli anni '90", afferma lo studio dell'organizzazione di difesa dei diritti umani. "Fin dal 1999, la candidatura all'Ue del paese, insieme ad un calo generale della violenza politica e a una forte crescita della società civile, hanno contribuito alla promozione delle riforme", sottolinea il documento.

"Dal punto di vista della protezione legale ai detenuti, la Turchia è più avanti anche di alcuni degli stati membri dell'Ue", precisa l'esperto delegato ad Ankara di Human Rights Watch, Jonathan Sugden. Tuttavia - puntualizza il documento - ci sono tre "aree critiche di preoccupazioni", fra le quali spiccano "i ripetuti rapporti sui maltrattamenti da parte della polizia sui detenuti, oltre ad alcune accuse di casi di tortura". Gli altri due punti indicati dagli esperti di Human Rights Watch riguardano gli "arresti illegali" di persone che hanno solo esercitato il diritto "di manifestare liberamente la propria opinione" e i "trasferimenti illegali", sottolinea il rapporto, ricordando il problema del "ritorno a casa di circa 380 mila curdi cacciati dalle forze della sicurezza durante il conflitto con il Pkk nei primi anni '90".

Secondo il notiziario Kurdishinfo anche la popolazione kurda ha dimostrato di appoggiare l'ingresso della Turchia nell'UE in vista dell'adozione di leggi di riforma e della loro effettiva attuazione. Il rapporto del Parlamento Europeo, del 5 novembre 2003, scritto da Mr. Oostlander, dimostra che la Turchia non sta attuando in modo appropriato i cambiamenti che le sono stati richiesti. Ma la necessità di una soluzione della Questione Kurda è stata ripetutamente invocata. A partire dal 1992, il Parlamento Europeo riconobbe la necessità che i kurdi godessero dei loro diritti. Il riconoscimento della necessità di una soluzione pacifica era contenuto, formalmente, in un rapporto del 1998. Nonostante ciò, la Turchia insiste nella propria linea politica consistente nel non impegnarsi nel dialogo. Secondo le autorità kurde "le clausole della Costituzione Europea che contengono principi relativi alla dignità umana, alla libertà, alla democrazia, all'eguaglianza, allo stato di diritto e al rispetto dei diritti umani, dovrebbero applicarsi in Turchia così come avviene in ogni stato membro dell'UE". Occorre quindi un pieno riconoscimento dell'identità kurda. "Tutti gli ostacoli posti sulla strada delle organizzazioni politiche kurde dovrebbero essere rimossi; queste organizzazioni devono godere della piena libertà di operare. Deve essere riconosciuto che si giungerà alla soluzione attraverso il dialogo, e non con metodi militari". La Turchia sta trascurando di firmare e rispettare accordi internazionali. Per esempio, la Turchia ha firmato il Patto ONU sui Diritti Economici, Sociali e Culturali; essa si rifiuta però di mutare le leggi interne relative ai diritti delle minoranze e all'istruzione. [AT]

Altre fonti: Kurdish Info, Reporter Associati, Euro News, Human Rights Watch

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