Tortura: semaforo verde in UK, petizioni in Italia

Stampa

Con una sentenza adottata per due voti a uno, la Corte d'appello della Gran Bretagna la seconda più alta corte di Inghilterra e Galles, ha affermato che una "prova" ottenuta con la tortura non verrebbe ritenuta ammissibile solo quando direttamente procurata da funzionari del Regno Unito o con la loro connivenza. "Questa sentenza non fa nulla per prevenire la tortura da parte di funzionari di altri Stati, anzi la incoraggia e la rafforza. È un dovere fondamentale di tutte le corti ergersi a baluardo contro le violazioni dei diritti umani. Oggi, la Corte d'appello ha vergognosamente abdicato a questo dovere estremamente importante" - ha commentato Amnesty International. "Il primato della legge e i diritti umani sono diventati vittime delle misure prese all'indomani dell'11 settembre. Questa decisione è aberrante, dal punto di vista morale e legale" - accusa Amnesty.

La sentenza emessa dalla Corte d'appello riguardava il ricorso di dieci cittadini stranieri detenuti senza accusa né processo ai sensi dell'Atto anti-terrorismo, sul crimine e la sicurezza (Atcsa) del 2001. I loro avvocati hanno sostenuto che le prove dell'accusa erano state ottenute attraverso torture e maltrattamenti di prigionieri nei campi di dentenzione Usa a Guantánamo, a Cuba e ad Bagram (Afghanistan) e avevavo chiesto che quelle prove fossero stralciate. La Corte d'Appello ha respinto tutte le motivazioni dei ricorrenti contro un giudizio adottato dalla Commissione speciale d'appello per l'immigrazione nell'ottobre 2003, che comprendeva l'affermazione che una "prova" ottenuta mediante tortura è ammissibile. "Se vi sono motivi sufficienti per la detenzione di queste persone, allora dovrebbero essere incriminate per un reato di accertata natura penale e sottoposte a un processo pienamente conforme agli standard internazionali sul giudizio equo. In caso contrario, dovrebbero essere rilasciate" - ha precisato Amnesty International.

In un editoriale, il Guardian denuncia le implicazioni della sentenza e l'erosione dei fondamentali principi del sistema giudiziario britannico. "Non dobbiamo permettere che la sentenza sia considerata valida" - conclude l'editoriale che indica le modalità per annullarla. Sentenza che, comunque, ha già innescato un forte dibattito in Gran Bretagna.

Secondo l'Atcsa il segretario di Stato ha il potere di attribuire a cittadini stranieri che non possono essere espulsi lo status di "sospetti terroristi internazionali" e disporne lo stato di detenzione a tempo indeterminato, senza accusa né processo. Da questo punto di vista, Amnesty International considera l'Atcsa una legge discriminatoria. Nel dicembre 2003 il Committee of Privy Counsellors, organismo giudiziario incaricato di riesaminare l'Atcsa, aveva raccomandato l'urgente cancellazione delle disposizioni che consentono la detenzione a tempo potenzialmente indeterminato di cittadini non britannici. Pochi giorni fa il Comitato congiunto parlamentare sui diritti umani ha sottoscritto questa raccomandazione.

Ad oggi, dodici persone in Gran Bretagna rimangono stato di detenzione sulla base dell'Atcsa. Si trovano in centri di alta sicurezza e sono sottoposti a severe restrizioni. La maggior parte di essi è detenuta da oltre due anni. Una ulteriore persona, conosciuta solo come "G" per ragioni legali, è stata rilasciata su cauzione ma con limitazioni equivalenti agli arresti domiciliari. Finora una sola persona, conosciuta solo come "M" per ragioni legali, ha vinto un appello contro l'attribuzione dello status di "sospetto terrorista internazionale".

Intanto nei giorni scorsi in Italia una delegazione della Sezione italiana di Amnesty International ha incontrato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, consegnando parte delle firme raccolte il 26 giugno, Giornata mondiale per le vittime della tortura, a favore dell'introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano.

 

Aderisci alla Campagna: Non sopportiamo la tortura"

Nel corso dell'incontro Gabriele Eminente, direttore della Sezione italiana di Amnesty International, ha rinnovato la richiesta di una sollecita introduzione del reato di tortura - un atto dovuto da quindici anni - e di una rapida presentazione del disegno di legge di ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione dell'Onu contro la tortura, che istituisce un sistema di visite di esperti nei centri di detenzione. "Sono ormai passati quindici anni da quando l'Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, impegnandosi in questo modo anche a introdurre nel proprio ordinamento il divieto esplicito di torturare" - ha sottolineato Eminente, ricordando come, nonostante le assicurazioni da parte di ministri del Governo e dei presidenti di Camera e Senato, questo grave ritardo non sia stato ancora colmato.

Nell'ottobre 2000 la Sezione Italiana di Amnesty International ha lanciato la campagna "Non sopportiamo la tortura" con l'obiettivo di adeguare la legislazione italiana agli obblighi che il diritto internazionale impone al nostro paese tra cui la previsione di un reato autonomo e specifico di tortura nell'ordinamento interno. In tre anni e mezzo di attività, la campagna ha ottenuto 435.000 adesioni individuali, 212 adesioni di enti locali e 173 adesioni di scuole e università che si sono dichiarate "zone libere dalla tortura". Lo scorso aprile, nonostante il parere contrario della Commissione Giustizia, la Camera aveva approvato un emendamento della Lega Nord secondo il quale, perché si possa ravvisare il reato di tortura, occorrono "violenze e minacce reiterate": emendamento che ha suscitato le proteste di moltissime associazioni. [GB]

Ultime su questo tema

Africa: l’emergenza che non fa più notizia

17 Novembre 2025
Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Sudan travolti dalla violenza. (Miriam Rossi)

La Lungimiranza del Malawi: il fotoreportage

22 Ottobre 2025
Il fotoreportage dal Malawi di Silvia Orri.

“L’accordo per Gaza deciso senza il minimo coinvolgimento dei palestinesi”.

14 Ottobre 2025
Intervista a Maria Elena Delia, referente per l’Italia della Global Sumud Flotilla e Global Movement to Gaza. Il ricordo di Vittorio Arrigoni. (Laura Tussi)

La guerra, un’emergenza sanitaria globale

08 Ottobre 2025
Le guerre del nostro secolo non si misurano più solo in battaglie e confini: sono crisi sanitarie globali che lasciano ferite fisiche, sociali e psicologiche destinate a durare per generazioni. ...

Medici, operatori umanitari e giornalisti: intervista a Elisabeth Di Luca in rotta su Gaza

07 Ottobre 2025
Lo scorso 30 settembre è partita la Conscience della Freedom Flotilla Coalition, con a bordo un centinaio tra medici, operatori umanitari, giornalisti ed equipaggio: nelle pro...

Video

Diritti Umani