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Siria: massacro di kurdi nel silenzio
Diritti umani
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In seguito a disordini durante una partita di calcio, venerdì scorso 12 marzo, le truppe siriane hanno ermeticamente isolato dal mondo esterno la regione kurda situata lungo il confine tra Turchia, Iraq e Siria con le città di Kamishli, Am㼀de, Derik e Dirbesiye. Carri armati siriani sono entrati da diverse direzioni nella città di Kamishli e hanno iniziato a sparare sulla popolazione civile. Da conversazioni telefoniche avvenute tra membri dell'Associazione per i popoli minacciati (APM) e diversi testimoni oculari, il numero totale delle vittime dopo i disordini e le manifestazioni di protesta seguite anche ai funerali delle prime vittime, sarebbe arrivato a 70 morti.
La maggior parte delle vittime sono Kurdi, tra cui anche bambini e adolescenti. Ad Aleppo e Damasco ci sono stati cortei di protesta spontanei di studenti kurdi. Anche in questo caso ci sono state vittime: due studenti sarebbero morti a Damasco. Nella città di Der-Sol, a maggioranza araba e vicina a Kamishli, si temono azioni violente contro gli studenti kurdi della facoltà di agraria dopo che nazionalisti arabi avevano occupato insieme alle forze dell'ordine siriane gli alloggi per studenti.
La Comunità Kurda di Roma ha manifestato di fronte all'Ambasciata Siriana a Roma. Dopo la guerra in Irak gli stati della regione mediorientale, come Turchia, Siria, Iran hanno fatto un patto contro il movimento di liberazione nazionale del Kurdistan e tentano con ogni mezzo e con tutte le forze di impedire un riconoscimento del popolo kurdo nell'area mediorientale. Secondo la Comunità Kurda di Roma "gli eventi del 12 marzo 2004 indicano un attacco organizzato dai membri arabi del partito Baath attraverso il tifo per la loro squadra di calcio Fotowa (Gioventù)".
L'APM teme una ripetizione dei massacri di Hama (1982) durante i quali Hafez al-Assad, padre dell'attuale regnante Bashar al-Assad, aveva fatto sedare in modo sanguinoso una rivolta sunnita. Allora persero la vita 50.000 persone. L'APM inoltre chiede al regime siriano di concedere ai mezzi d'informazione internazionali l'accesso alle zone dei disordini, di legalizzare l'uso della lingua kurda e il lavoro delle istituzioni kurde, e di introdurre le riforme necessarie per la costruzione di uno stato di diritto democratico. L'APM chiede infine la liberazione di tutti i prigionieri politici kurdi e la l'immediata riammissione alla cittadinanza dei 200.000 Kurdi a cui la Siria ha tolto la cittadinanza. [AT]
Fonti: Associazione per i popoli minacciati, Comunità Kurda di Roma.