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Terrorismo “islamico”: 35 anni di jihad
Religione
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Il nuovo Bin Laden si chiama Al Baghdadi. Lo “Stato Islamico” è il nuovo mostro che avanza. Il nemico è ben individuato: le stragi, i profughi, le notizie di uccisioni indiscriminate lo rendono “assoluto”. Per fermarlo tutto è possibile, come per esempio inviare armi a chiunque lo contrasti. Certo è che, per comprendere per davvero la situazione, non bisogna limitarsi a seguire le terribili notizie di questi giorni. Bisogna risalire all’indietro, a 35 anni fa. Si comprenderà così come la vecchia regola dei servizi segreti americani (“il nemico del mio nemico è un mio amico”) ha prodotto fenomeni devastanti e incontrollati. Il quadro è complesso. E forse per combattere davvero lo Stato Islamico bisogna sapere cosa si nasconde dietro le bandiere nere.
Nel colmo della guerra fredda tra USA e USSR veniva scatenata la più larga operazione segreta nella storia degli Stati Uniti. L’idea dell’ex consigliere del presidente Carter per gli affari di sicurezza Zbigniew Kazimierz Brzesinski (ancora oggi sulla breccia) era di rovesciare il regime di sinistra afghano pro sovietico di Babrak Karmal, a fine di intrappolare i sovietici in una guerra di logoramento simile a quella vissuta dagli americani in Vietnam.
Brzesinski non esita ad utilizzare la matrice religiosa della guerra: si tratta di coinvolgere tutti gli stati islamici per combattere contro le truppe “dell’ateismo sovietico” sul territorio afghano. Dall’invasione sovietica del 1979, migliaia di combattenti a nome dell’Islam detti Moujahideen (coloro che praticano lo jihad) – con l’aiuto dei servizi segreti di Pakistan e Arabia Saudita - provenienti da tutto il mondo islamico - dal Maghreb all’Indonesia, si radunarono in Afghanistan: un vero e proprio pellegrinaggio della jihad. I militanti stranieri, il numero dei quali era crescente fino a superare i 40 mila nel giro di dieci anni, erano chiamati “gli arabi afghani”, tra cui un giovane saudita di nome Ousama bin Moḥammed ben Awaḍ ben Lāden. Era stato mandato dall’ex capo dei servizi segreti sauditi Torki Al Faisal come punto di riferimento della monarchia. Bin Laden si è installato a Peshawar al confine tra Pakistan e Afghanistan dove ha incontrato il maestro dello jihad Abdullah Yusuf Azzam - studioso palestinese membro della Fratellanza Islamica e uno dei fondatori di Hamas. Con lui nel 1984 ha successivamente fondato Maktab Al Khadamat (ufficio dei servizi) e “Bait al Ansar” (casa dei sostenitori), due organizzazioni che servivano per raccogliere fondi, accogliere e soprattutto reclutare i Moujahideen prima di mandarli ai campi di addestramento creati da Abu Ubayda al-Banshiri (leader jihadista egiziano). Il contributo di Osama bin Laden era soprattutto economico, oltre a finanziare personalmente Maktab Al Khadamat , sfruttava le proprie relazioni con la famiglia reale e i miliardari sauditi e arabi per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere sempre più fondi per la causa afgana. Lo jihad contro i sovietici procedeva con la benedizione degli USA che hanno continuato a sostenere “i combattenti per la libertà” con tonnellate di armi: alcuni di loro sono stati anche ricevuti al Pentagono dal Presidente Ronald Reagan qualche anno dopo, come il leader del partito islamico afghano galbeddin Hikmatyar.
Nell’agosto 1988, Abdullah Azzam, Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri e Mohammed Atef si sono riuniti per determinare la direzione futura dello jihad. I partecipanti hanno convenuto di creare una nuova organizzazione per continuare lo jihad dopo il ritiro sovietico dall’Afghanistan, ma non hanno specificato quali sarebbero stati i suoi obiettivi precisi. L’organizzazione è stata originariamente chiamata “al-Qaeda al-Askariya” (base militare) nota come “Al Qaeda”, deve il proprio nome all’appellativo dato al campo di addestramento di Jalal Abad. Un anno dopo l’assassinato di Azzam, Bin Laden si è disegnato leader dell’organizzazione spalleggiato dal dottore egiziano Ayman al zawahiri. Il ritorno di Bin Laden in patria - coinciso con l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990 – sancì la sua opposizione al governo saudita, colpevole di preferire il sostegno dei cosiddetti “infedeli” americani invece dei Mujahideen per proteggere il regno dal pericolo di Saddam Hussein: per questo Bin Laden venne bandito e costretto all’esilio in Sudan.
Dopo la presa di Kabul da parte dei Talebani nel 1996, bin Laden tornò in Afghanistan dove ha stabilito il quartiere generale di Al Qaeda. L’ideologia dello jihad ha preso una dimensione internazionale, Gli “arabi afghani” tornati dall’Afghanistan hanno messo il loro saper fare in pratica in diversi Paesi attraverso una lunga serie di attentati che hanno reso l’organizzazione nota in tutto il mondo, oltre che ai servizi segreti americani. La storia successiva è abbastanza nota: l’amico di ieri è diventato il più acerrimo nemico.
Arriviamo così, dopo una serie di attentati, all’ 11 settembre 2001 e al successivo inizio della “guerra al terrorismo”. Persino l’attacco all’Iraq viene presentato, attraverso prove rivelatesi contraffatte, come un tassello del conflitto contro i terroristi. In realtà, soltanto dopo la caduta di Saddam, Al Qaeda si è infiltrata nel Paese.
In Iraq al-Qaeda ha trovato un punto d’appoggio nella minoranza sunnita e in particolare nel gruppo Ansar al-Islam guidato da Abu Musab al-Zarqaoui che ha dichiarato la sua fedeltà ad Oussama Bin Laden nel 2004, inizialmente con il nome di Jama’at al-Tawhid wal-Jihad (Gruppo di Monoteismo e Jihad) e Tanzim Qaïdat al Jihad fi Bilad al-Rafidayn (“Organizzazione di base della Jihad nella Terra dei Due Fiumi”, vale a dire, Mesopotamia). Sebbene il suo quartier generale sia rimasto al confine tra Pakistan e Afhanistan, Al Qaeda è riuscita ad avere punti di riferimento in diversi Paesi; nello Sahel tra Algeria e Mali nasce Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM), nello Yemen Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) e altri gruppi come Shabab al moujahideen in Somalia o Boko Haram In Nigeria.
Dopo l’uccisione di Al Zarqaoui da parte degli americani, Abou Hamza Al Mouhajer ha perso il comando di Al Qaeda in Iraq, che assieme ad altri gruppi jihadisti hanno annunciato la creazione del Consiglio consultivo dei mujahideen in Iraq (Majlis shura al moujahideen), succeduto dalla creazione dello “Stato Islamico dell’Iraq” guidato da Abu Omar al-Baghdadi e Abu Ayyub al-Masri nel 2006. Questa mossa però è stata molto criticata sia dai leader di Al Qaeda che da altri gruppi jihadisti. É stato l’ inizio di una fase involutiva dell’organizzazione tra frammentazioni e conflitti interni, dalla “scomparsa” di Bin Laden nel maggio 2011 alla guerra in Siria.
La proclamazione dello “Stato islamico in Iraq e nel Levante” (ISIS) e la restaurazione del califfato dalla parte di Abu Bakr al-Baghdadi al-Husseini al-Qurashi nel giugno 2014 sembra aver messo Al Qaeda in crisi; Al Baghdadi, - o califfo Ibrahim come gli piace essere chiamato – ha preso distanza dall’organizzazione madre dopo l’opposizione di Ayman Al zawahiri alla fusione ISIS e Il Fronte Al Nousra Di Abou Mohamad Al Joulani. Le divergenze sugli obiettivi dello Jihad hanno provocato persino scontri tra i combattenti dei due gruppi in Siria dove il Fronte Al Nousra è molto attivo nella guerra contro il regime di Bashar Al Assad. Ora lo stato Islamico Di Al Baghdadi - che controlla una superficie grande come la Giordania – benchè attaccato dai curdi e dagli americani, continua a guadagnare terreno e popolarità negli ambiti jihadisti non solo in Iraq e Siria dove regnano le bandiere nere, ma pure in altri Paesi arabi. Il califfo sembra avere tutti gli ingredienti per diventare un numero difficile in un’area che vive in un vero stato di emergenza. Nel frattempo, aL Qaeda - nella persona del suo leader Al Zawahiri - , sta osservando l’avanzata devastante dello stato islamico con cautela e preoccupazione. Nella gara dell’estremismo c’è sempre qualcuno che cerca la medaglia d’oro.