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"Muri di gomma?" E' il titolo dell'editoriale del numero di luglio-agosto del mensile Nigrizia che tratta dell'affaire Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, i due giornalisti Rai uccisi a Mogadiscio, in Somalia, nel 1994. "Non essendo convinti delle versioni del duplice omicidio "casuale" o "per errore" o a scopo di sequestro, ci siamo battuti insieme ad altri, nel corso degli anni, perché si potesse scavare in direzione dei traffici di rifiuti tossici e di armi che sapevamo potevano coinvolgere la Somalia e che erano oggetto del lavoro di Ilaria" - nota l'editoriale che riporta i risultati della commissione d'inchiesta, presieduta da Carlo Taormina, che ha lavorato fino ad oggi e che concluderà i suoi lavori a febbraio. "Ma già ora sappiamo che la commissione, con il suo approccio minimalista, non darà risposta a tanti interrogativi rimasti aperti in questi undici anni" - denuncia l'editoriale. "L'avvocato Taormina - lo si coglie pienamente nell'intervista rilasciata a Nigrizia - ha spalancato una finestra sul più classico dei sofismi: a Mogadiscio non è accaduto nulla; del resto, se fosse accaduto, non sarebbe conoscibile; e anche se fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile".
Tra le altre rubriche, "L'avvenimento" tratta della verità insabbiata in Algeria circa l'uccisione di un giornalista francese, Didier Contant, e dell'archiviazione dell'inchiesta che ruota attorno all'uccisione di sette monaci trappisti, tutti originari della Francia, rapiti nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 nel loro monastero.
La rubrica "Fatti & problemi" riporta diverse indagini: una in Ciad, nei campi per i profughi del Darfur, un'altra in Sudan nelle Missioni di peacekeeping, un'altra nel Sahara Occidentale, dove è in corso "La nuova intifada". Si passa quindi ad approfondimenti sullla legge italiana sul Debito estero a 5 anni dell'entrata in vigore, sul colloquio internazionale sull'informazione dal sud del mondo a Pretoria e sul Commercio Equo. Particolarmente interessante l'inchiesta su "I paradisi fiscali e il pericolo del ricliclaggio". Il dossier tratta invece dei bororo wodaabe del Niger, i discendenti dei faraoni d'Egitto le cui origini si perdono tra le dune di sabbia della Nubia, dove, un tempo, il Nilo rendeva fertili i campi, e i verdi pascoli seguivano il corso del fiume: "Le nostre mandrie di zebù sono incise sulle pareti delle caverne della valle di Karnak. I volti delle nostre donne si ritrovano dipinti nelle tombe dei nobili, a fianco di Iside e Osiride. Per noi la bellezza è tutto".