Marcia Globale per Gaza: dall’Egitto a Bruxelles la mobilitazione continua

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Foto: Facebook.com

“Se non sarà attraverso il deserto del Sinai, prenderemo altre strade con la Marcia Globale per Gaza,” così Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana commenta i prossimi passi della mobilitazione che ha portato migliaia di persone di 54 paesi, dall’Europa e dal nord Africa, a tentare il viaggio fino a Rafah. E poi a cambiare rotta, a seguito del diniego dell’autorizzazione da parte del Governo egiziano, spostando la protesta verso il cuore del potere europeo, a Bruxelles.

La Marcia Globale per Gaza, si è tenuta il 13 e 14 di giugno, con l’obiettivo di arrivare al valico egiziano di Rafah, controllato da Israele (punto nevralgico per l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia e ad oggi chiuso). La protesta pacifica è stata portata avanti in coincidenza con il viaggio della nave Freedom Flotilla e con la spedizione via terra organizzata dai volontari nordafricani di Sumoud provenienti da Mauritania, Algeria, Tunisia e Libia. In scenario regionale che, in quei giorni, ha visto i primi bombardamenti israeliani in Iran. 

Tanti gli obiettivi della Marcia Globale: chiedere l’entrata degli aiuti umanitari a Gaza attraverso la riapertura del valico di Rafah, il cessate il fuoco immediato nella Striscia, la fine delle violenze in Cisgiordania, la giustizia internazionale per i crimini di guerra commessi da Israele, l’interruzione dell’accordo di associazione UE–Israele, l’imposizione di sanzioni economiche e la fine delle collaborazioni accademiche.  

Una volta arrivati a Il Cairo, gli attivisti e le attiviste della Marcia Globale si sono trovati davanti all’impossibilità di raggiungere Rafah, a causa del mancato permesso del Governo. Poi, l’idea di riunirsi a Ismailia, in una zona del deserto del Sinai non controllata militarmente. Infine il ritorno in Italia nei giorni successivi, a causa della crescente repressione da parte delle forze di sicurezza egiziane. 

“A Il Cairo si è creato un movimento di una grande portata. Noi come delegazione italiana abbiamo partecipato con circa 140 attivisti e attiviste, un movimento variegato di persone dai 20 agli 80 anni,” spiega Maria Elena Delia. “Fallito il tentativo a Rafah, perché l’Egitto non ci ha autorizzato ad andare, la delegazione ha deciso di rientrare e cambiare strategia.” 

Da qui è nata l’idea di spostarsi immediatamente a Bruxelles e di far partire una serie di proteste pacifiche in corrispondenza dei principali vertici UE, dal 23 al 27 giugno. Manifestazioni, sit-in e performance per denunciare la complicità dell’Unione Europea di fronte alla politica di Israele, al genocidio in corso a Gaza e alle violenze nei territori palestinesi occupati e nei campi profughi. L’obiettivo è un cessate il fuoco immediato. 

Le mobilitazioni sono iniziate il 23 giugno davanti al Consiglio degli Affari Esteri, quando era in corso la discussione dell’accordo tra Israele e Unione Europea, per chiedere la sua interruzione e l’imposizione di sanzioni economiche. Il 27 giugno, poi si sono concluse in coincidenza del Vertice del Consiglio Europeo. Tema centrale nelle proteste è stata anche l’opposizione alle politiche europee di riarmo, visto che le armi usate da Israele contro il popolo palestinese provengono anche dalle industrie di armamenti nel territorio europeo. 

“Siamo arrivate a scaglioni in Egitto, in momenti diversi per evitare assembramenti che potessero andare contro la legge egiziana. Alcuni attivisti sono stati fermati in aeroporto, pur avendo regolari visti turistici, e rispediti verso l’Italia o la Turchia, altre persone sono riuscite a entrare nel paese. E la repressione è aumentata nei giorni successivi con fermi per strada o in alberghi,“ ricorda Maria Elena Delia. La portavoce italiana della Marcia Globale verso Gaza lavora come insegnante di matematica ed è attivista per la Palestina da molti anni. Nel 2008 ha partecipato con Vittorio Arrigoni alla Freedom Flotilla che è riuscita ad approdare a Gaza, poco prima dell’operazione Piombo Fuso.

“È stato duro non riuscire ad arrivare a Rafah,” conclude, “Comunque è un importante atto politico vedere una mobilitazione pacifica di questa portata in Egitto e poi a Bruxelles, in corrispondenza dei principali vertici UE. L’Unione deve porre fine alla propria complicità con le azioni del governo israeliano contro il popolo palestinese.”

L’organizzazione della Marcia Globale verso Gaza sta pensando ad altre mobilitazioni dopo Bruxelles, per continuare a dimostrare solidarietà verso la popolazione della Striscia di Gaza, ormai stremata da oltre 600 giorni di bombardamenti. A tre mesi dalla fine del cessate il fuoco, l’attualità è segnata dal blocco totale dell’ingresso degli aiuti umanitari, dalle esecuzioni massive di persone in fila per le distribuzioni di cibo. Oltre 5mila bambini e bambine sono stati diagnosticati con malnutrizione nel mese di maggio, secondo Unicef.

“Le persone a Gaza ormai non si fidano più di nessuno, sanno che i confini sono chiusi, la gente è disperata e ha fame,” spiega Sami Abuomar, operatore umanitario a Gaza per l'Associazione di cooperazione e solidarietà Acs-Italia. Abuomar ha raccontato a Unimondo la distruzione della città di Khan Younis, in corso in queste ore, dove, come a Rafah, non rimane più una casa in piedi. “Le mobilitazioni internazionali servono a fare pressione ma quello che serve urgentemente è una tregua e trovare da mangiare. A Gaza non riesce ad entrare nemmeno un sacco di farina, ormai l’unica fiducia che abbiamo è quella di un cessate il fuoco, quello che ci serve subito è fare mangiare la gente.”

Monica Pelliccia

Monica Pelliccia è giornalista freelance. È specializzata in questioni sociali e ambientali, specialmente su tematiche come la tutela della biodiversità, i diritti delle donne, le migrazioni climatiche, le popolazioni indigene e i movimenti sociali. Ha realizzato reportage, fotoreportage e video, in particolare dal Centro e Sud America, come Honduras, Guatemala, Messico, Costa Rica, Brasile, Ecuador; dalla Palestina e da diversi paesi asiatici come Cambogia, Sri Lanka e India e dall’Europa pubblicati su testate italiane e internazionali come Mongabay, The Guardian, El Pais, L’Espresso e Altreconomia.

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