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La guerra al centro dell’ultimo messaggio del Papa
Religione
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Foto: Unsplash.com
Meno di 24 ore prima della sua morte, il messaggio pasquale Urbi et Orbi è stato un ‘piccolo atlante’ nel quale papa Francesco ha voluto ricordare i numerosi teatri di guerra, le vittime civili, gli attacchi a scuole e ospedali, le continue violazioni dei diritti umani fondamentali. Le ultime parole che lascia al mondo Jorge Mario Bergoglio sono quindi il suo ennesimo appello per la pace e contro il riarmo. Fin dall’inizio del suo pontificato nel 2013, il 266° papa della Chiesa cattolica e l’8° sovrano dello Stato della Città del Vaticano denunciava il “disordine mondiale”, l’esistenza di una “Terza Guerra Mondiale a pezzi”, promuovendo il dialogo con chiunque, a partire ovviamente dalle religioni. “Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità”, ha ricordato prima di morire nel messaggio pasquale 2025.
Nel suo secondo viaggio apostolico, a maggio del 2014 il Papa argentino proveniente dal sud del mondo si recò in pellegrinaggio in Giordania, Palestina e Israele. Fin dall’inizio dei bombardamenti nella Striscia, papa Francesco contattava ogni sera via WhatsApp la parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza. “Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese - il pensiero rivolto domenica nel messaggio pasquale ai fedeli - preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace”.
A marzo 2021 era stato il primo papa nella storia della Chiesa e visitare l’Iraq, spingendosi fino a nord, nel Kurdistan iracheno, recitando una preghiera in suffragio a Mosul per le vittime della guerra e visitando la comunità cristiana di Qaraqosh. Nell’Urbi et Orbi il suo pensiero è così andato anche al Medio Oriente: “Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente”. Il nuovo leader siriano, Ahmed al Sharaa (noto anche col nome di battaglia di Abu Mohammed al Jolani) durante un incontro a gennaio con i capi di altre confessioni cristiane nel Palazzo presidenziale di Damasco aveva espresso “grande ammirazione, stima e rispetto per Papa Francesco: è un vero uomo di pace ho apprezzato i suoi appelli e le sue azioni a favore della pace e dei popoli in difficoltà”.
Ancora domenica, papa Francesco ha ovviamente ricordato anche il conflitto russo-ucraino: “Cristo risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura”. Nel suo messaggio ha rivolto un pensiero anche al Caucaso, che il pontefice aveva visitato nel 2016, recandosi in Georgia, Armenia e Azerbaigian: “Preghiamo affinché si giunga presto alla firma e all’attuazione di un definitivo Accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian, che conduca alla tanto desiderata riconciliazione nella regione”. Nel giugno 2015 il papa era andato in pellegrinaggio a Sarajevo, la capitale della Bosnia Erzegovina, detta ‘la Gerusalemme d’Europa’ per la convivenza di quattro religioni: islamica, ortodossa, cattolica ed ebraica. “La luce della Pasqua ispiri propositi di concordia nei Balcani occidentali e sostenga gli attori politici - ha scritto ancora nell’Urbi et Orbi - nell’adoperarsi per evitare l’acuirsi di tensioni e crisi, come pure i partner della regione nel respingere comportamenti pericolosi e destabilizzanti”.
Nella sua ultima apparizione in pubblico la domenica di Pasqua, il Papa ha poi ricordato le varie guerre in corso in Africa, esprimendo “conforto alle popolazioni africane vittime di violenze e conflitti, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e Sud Sudan, e sostenga quanti soffrono a causa delle tensioni nel Sahel, nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi, come pure i cristiani che in molti luoghi non possono professare liberamente la loro fede”. A gennaio 2023 si era tenuto il suo viaggio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. “Un pensiero speciale” il papa lo ha rivolto “anche al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie ‘prolungate’ del mondo a causa della guerra, e invito tutti a trovare soluzioni attraverso un dialogo costruttivo”.
Come faceva ormai da tempo ha inserito nel suo appello alla pace anche il Myanmar, che aveva visitato nel novembre 2017, prima del colpo di Stato: “In questo tempo non manchi il nostro aiuto al popolo birmano, già tormentato da anni di conflitto armato, che affronta con coraggio e pazienza le conseguenze del devastante terremoto a Sagaing, causa di morte per migliaia di persone e motivo di sofferenza per moltissimi sopravvissuti, tra cui orfani e anziani. Preghiamo per le vittime e per i loro cari e ringraziamo di cuore tutti i generosi volontari che svolgono le attività di soccorso. L’annuncio del cessate-il-fuoco da parte di vari attori nel Paese è un segno di speranza per tutto il Myanmar”. Mercoledì scorso, papa Francesco aveva inviato un contributo economico per il soccorso alle popolazioni nella fase di emergenza post-sisma.
“Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui”, ha evidenziato nel suo ultimo appello al mondo Papa Francesco. Dopo aver definito in passato “immorali” le armi nucleari, il pontefice ha infine ribadito che “nessuna pace è possibile senza un vero disarmo. L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo (…) faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le ‘armi’ della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte”. Al cordoglio mondiale per la morte del pontefice si è unita ieri anche la Rete Italiana Pace Disarmo, che ha definito Jorge Mario Bergoglio un “infaticabile uomo di Pace e profeta del disarmo e della riconciliazione dai popoli come strada per combattere le ingiustizie e le disuguaglianze”.