www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Religione/Euromediterraneo-e-Islam-l-inevitabile-incontro-127182
Euromediterraneo e Islam: l’inevitabile incontro
Religione
Stampa
Ha destato impressione vedere per le strade di Roma croci e cartelli inneggianti alla libertà religiosa per i cristiani copti: in seguito alla strage avvenuta il primo gennaio fuori da una chiesa di Alessandria d’Egitto nelle comunità copte nel paese arabo ma anche in Europa si è diffuso un clima di disagio e di paura. I primi giorni dell’anno hanno portato alla ribalta l’incidenza della crisi economica sui prezzi dei generi alimentari di prima necessità. Una situazione insostenibile che ha scatenato imponenti e spontanei moti popolari in Algeria e soprattutto in Tunisia, dove il regime del dittatore Ben Ali (benvoluto fino a ieri dai governanti europei, in particolare italiani da Craxi a Berlusconi) è crollato velocemente in seguito alla rivolta. Sarebbe un errore ritenere che questa tensione interessi soltanto i paesi africani e non ci coinvolga direttamente, se non per le forniture di gas naturale: in realtà questa tensione sociale sfocerà in nuove ondate migratorie e condizionerà i numerosi immigrati maghrebini presenti nel nostro paese.
Questi due episodi, così diversi tra loro, testimoniano quanto le due sponde del Mediterraneo siano unite nonostante che si cerchi inutilmente di rendere il mare un confine invalicabile tra la “fortezza Europa” e i paesi posti a sud che premono a causa di spinte di carattere economico e demografico. Ma l’interscambio tra le due sponde è un fenomeno da cui è impossibile tornare indietro, anche solo considerando la massiccia presenza “araba” in Europa.
Questo dato di fatto è stato però interpretato secondo schemi ideali e ideologici spesso contrapposti: si va dalla prospettiva euro mediterranea, un orizzonte che vede le due sponde fortemente legate da molti punti di vista (all’inizio del Novecento in Francia incontriamo i primi studi teorici di questa impostazione culturale), fino alle apocalittiche visioni riassunte nel termine alquanto simbolico di “Eurabia”, cioè la trasformazione dell’Europa in un continente islamizzato. Non c’era soltanto Oriana Fallaci a sostenere questa tesi. Persino un liberale spinto come l’ex commissario europeo Bolkenstein, quello della famosa direttiva, una volta disse, immaginando il futuro: “gli USA resteranno l’unica superpotenza. La Cina diventerà un gigante economico. L’Europa verrà islamizzata… Se si verificherà questo la liberazione di Vienna nel 1683 sarà avvenuta invano” (questa dichiarazione è riportata nell’interessante libro di Philip Jenkins, Il Dio dell’Europa, dedicato a questi argomenti). Un’opinione che trova molti consensi.
L’anno scorso in Germania aveva suscitato un aspro dibattito un libro dell'ex responsabile delle finanze di Berlino, il socialdemocratico Thilo Sarrazin, dal titolo Deutschland schafft sich ab ("La Germania si autodistrugge"). Attualmente membro della Bundesbank, economista dalle idee “progressiste”, Sarrazin rimprovera tra le altre cose agli immigrati musulmani "di non volersi integrare" e di "costare troppo" allo Stato. Una posizione stigmatizzata da politici di maggioranza e di opposizione e criticata soprattutto dalla cancelliera Angela Merkel; tuttavia l’autorevole quotidiano Frankfurter Allgemeinde Zeitung ha denunciato più volte "l'ipocrisia" dei partiti che “negando i problemi posti dall'immigrazione", si dimenticano che "la maggioranza dei tedeschi condivide le sue opinioni".
Un sondaggio dell’istituto francese IFOP, elaborato nel dicembre 2010, sulla percezione che hanno i cittadini di Francia e Germania rispetto alla presenza di musulmani nei loro paesi, sembra dare ragione a queste ultime affermazioni. Per il 42% dei francesi e il 40% dei tedeschi, la presenza musulmana è una minaccia all’identità; solo per il 22% e il 24% è una possibilità di arricchimento culturale (è significativo e consolante comunque che un quinto della popolazione la pensi così). In Francia, la percentuale di chi si oppone alla costruzione di nuove moschee è cresciuta dal 2001 ad oggi dal 22% al 39% mentre la percentuale dei favorevoli è scesa dal 31% al 20%. Molto simile tra i due paesi, è la percentuale di chi ritiene che i musulmani non siano bene integrati nella società (tra il 68% e il 75%), e questo principalmente a causa del loro rifiuto all’integrazione e delle troppo grandi differenze culturali.
Il fatto è che se si vuole pensare a una prospettiva euro mediterranea occorre dirimere almeno in parte la questione dell’incontro - scontro tra religioni e culture diverse. Per essere credibili nel pretendere il rispetto della libertà religiosa delle minoranze cristiane nella sponda sud del “mare nostrum” non possiamo sognare un’Europa “cristiana”, dove i diversi saranno per sempre stranieri, ma un’Europa aperta e tollerante – questa sì che sarebbe un’ideologia “forte” – dove tutti potrebbero sentirsi a casa. Molti giudicano sprezzantemente questa ipotesi come irenistica e irrealistica, come smentita ogni giorno dalle difficoltà della convivenza. Eppure guardando oltre oceano la grandezza degli Stati Uniti si è fondata su di una società fatta di immigrati. Un esempio concreto da cui imparare.