Convegno Cem: il conflitto negli immaginari dell'educazione

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"Tra bene e male?". Il 45° convegno nazionale del CEM Mondialità, rivista e movimento dei missionari saveriani con sede a Brescia, svoltosi a Viterbo, presso il Centro Domus La Quercia, dal 24 al 29 agosto scorsi aveva come obiettivo la definitiva messa a fuoco di quello scontro fra i simboli su cui da qualche anno questo tradizionale appuntamento rivolto in primo luogo a docenti, formatori ed educatori ha scelto di soffermarsi. Il sottotitolo, più esplicativo, recitava infatti "Il conflitto negli immaginari dell'educazione", intendendo invitare i propri interlocutori a non subire la realtà come inesorabile fluire del destino, ma a contribuire piuttosto attivamente alla determinazione di ciò che è bene e ciò che è male, facendo leva sulla cultura del conflitto e sulla sua presenza (ora come risorsa, ora prevalentemente come tabù) negli immaginari dell'educazione.

Gli oltre duecento partecipanti, una grande energia proveniente soprattutto dai tredici laboratori attivi che - come sempre - hanno rappresentato il cuore pulsante del convegno, le molte iniziative collaterali, alla sera e nei rari momenti lasciati liberi dal programma ufficiale, hanno prodotto un esito decisamente lusinghiero: fino a regalare ai presenti, attesi ben presto alla ripresa del lavoro annuale, la giusta carica per essere protagonisti del cambiamento in una scuola, come quella italiana, attraversata da qualche anno da mutamenti profondi e rapidissimi. "Tornare a scuola, mirando alto" è, del resto, lo slogan del CEM sin dalla rigenerazione dello scorso anno, allorché la provincia saveriani ne ha consegnato ai laici - per la prima volta nella sua storia ormai ultrasessantennale - la leadership.

LA SCUOLA COME COMUNITA'

Seguiamo ora l'andamento dei lavori, che sono stati significativamente aperti - dopo una relazione del direttore di CEM Mondialità sullo stato della rivista/movimento, lungo le traiettorie dell'interculturalità, della laicità e delle buone pratiche - dal neoministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, il cui intervento, comprensibilmente, era particolarmente atteso. Chiari e precisi i principi da lui esposti nell'occasione, a partire dall'argomento della cittadinanza e del ruolo che la scuola è chiamata a svolgere nel favorire l'integrazione dei figli dell'immigrazione attraverso l'estensione dell'obbligo scolastico. In secondo luogo, egli ha insistito sulla questione dell'identità, ricordando che essa è in costante divenire e che nell'attuale società essa si forma in relazione con altre presenze, dando vita ad un proficuo meticciato. Il terzo punto cruciale affrontato dal ministro ha riguardato la necessità che la scuola sia e resti pubblica, cioè di tutti. Il diritto a frequentarla, in condizioni di equità, spetta a tutti i ragazzi, senza che questo diritto si svenda al mercato: "Non si vende questo diritto.

E' da rifiutare la logica del passaggio dalla scuola di tutti alla scuola per pochi privilegiati. Se non ci sforziamo di realizzare una scuola equa, ci ritroveremo con una scuola di pochi perfetti, ma che non si prende carico dei poveri e dei disagiati". Tra gli altri temi toccati, due, in particolare, hanno suscitato notevole interesse tra gli uditori: l'innovativa proposta di creare un liceo mediterraneo, che sia effettivamente interculturale e interreligioso, e la ricostituzione della Commissione per l'intercultura a suo tempo ben operante fino al 2001, e non più convocata dall'ex ministro Moratti (su cui lo stesso CEM aveva da tempo lanciato una raccolta di firme, ritenendola uno spazio qualificante in vista di azioni pedagogiche rinnovate e al passo coi tempi): "Occorre pensare alla scuola come ad una comunità, ha concluso Fioroni, la scuola non si gestisce come un'azienda, ma deve essere aiutata a crescere".

La seconda giornata viterbese si è aperta col saluto, poco di circostanza, di monsignor Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo, che ha richiamato l'esperienza nata dal Concilio Vaticano II, ribadendo che l'educazione alla mondialità è e resta il compito centrale della società odierna: "L'educazione alla mondialità è la sfida fondamentale - ha detto - per cui, o affrontiamo pienamente questo tema o non solo non avremo la memoria, ma neanche il futuro". Non dobbiamo rassegnarci al mondo così com'è, ha aggiunto Chiarinelli, ma valorizzare invece la libertà per raggiungere un obiettivo anziché solo una libertà da qualcosa o qualcuno.

LA GUERRA DEI SIMBOLI

Ha poi portato il suo ancora vigoroso contributo ai lavori del convegno uno dei padri fondatori del CEM, il saveriano padre Domenico Milani. 84 anni, mente lucidissima, passione sempre accesa, Milani ha scosso la platea con il suo contagioso entusiasmo, parlando della storia del CEM e della sua esperienza durata ben 26 anni nel Congo. E' toccato quindi al sociologo Adel Jabbar, responsabile di uno dei laboratori attivati nel convegno, presentare Annamaria Rivera, antropologa e docente di etnologia all'Università di Bari, autrice di numerosi saggi di argomento interculturale, tra cui il recente "La guerra dei simboli", dedicato al ruolo svolto dall'uso dei termini nel linguaggio odierno perché questi possano dare vita ad un immaginario policulturale.

Complesso, ma affascinante e documentato, il ragionamento sviluppato dalla Rivera: in un'epoca di moltiplicazione dei conflitti armati e di grandi movimenti migratori e fondamentalismi contrapposti, il rapporto con l'altro non solo produce conflitti, ma rischia sempre di alimentare una violenza, anche simbolica. A causa di questi conflitti, vengono meno la comprensione, l'ascolto e il dialogo reciproci. Particolare attenzione la relatrice ha riservato al tema dei simboli nei mass media, dove assistiamo al fenomeno della loro feticizzazione. Occorre uno sforzo per rifiutare, per decostruire simili retoriche, se vogliamo affrontare e gestire i conflitti che di continuo ci vedono coinvolti.

Altra presenza d'eccezione è stata quella del musulmano sufi Gabriel Mandel Khan, vicario generale in Italia della Confraternita Jerrati-Halveti, fondata a Istànbul nel 1704. Docente universitario, scrittore, pittore, psicologo, Mandel ha affrontato nel tradizionale appuntamento del Momento dello Spirito il tema dell'islam tra conflitto e dialogo, argomentando con frequenti riferimenti al testo coranico la necessità di uscire da stereotipi e di scegliere con vigore la strada del dialogo interreligioso quale direttrice maestra dei credenti nel Dio unico.

Come si diceva, sono state varie le occasioni di allargare ulteriormente lo sguardo dei convegnisti in chiave di interculturalità. Fra l'altro, i convegnisti hanno potuto calarsi nella storia e nella più genuina tradizione viterbese grazie allo spettacolo "I saperi delle mani: storie di cavatori, scalpellini, funari e fiscolari", tenutosi nel chiostro della Domus La Quercia: un vero e proprio happening teatrale che ha coinvolto e affascinato il pubblico, facendo rivivere alcune delle più tradizionali professioni locali, quelle dei tagliatori di pietra, un'attività ormai quasi scomparsa in una città costruita per secoli con il cosiddetto peperino, e quella dei fabbricanti di funi, canapi e fiscoli, i dischi necessari alla filtratura della polpa macinata delle olive. Lo spettacolo, realizzato da Antonello Ricci, ha visto sulla scena la viva riproduzione di alcuni momenti essenziali nell'attività artigianale e nell'uso dei necessari arnesi.

Assai suggestiva anche la proposta dello spettacolo "Hijos-Figli", di e con Candelaria Romero. La performance è una sorta di sofferta autobiografia della giovane attrice e regista che ha visto la propria vita sconvolta a causa della dittatura argentina, suo Paese di provenienza. In un crescendo emozionale, che ha lasciato gli spettatori profondamente commossi, Candelaria ha rievocato le torture, l'esilio e i traumi postumi del padre, che hanno segnato per sempre la vita della sua famiglia. Almeno un cenno, quindi, per la serata dedicata alla testimonianza dell'intellettuale pacifista Peppe Sini, responsabile del Centro di Ricerca per la pace, che ha colpito i presenti per la radicalità e il coraggio profetico della sua esposizione.

IL RITORNO DI PIPPI

L'ultimo intervento è stato di Aluisi Tosolini, filosofo e pedagogista, docente presso la facoltà di Scienze della formazione all'Università Cattolica di Piacenza. La sua vivace riflessione ha preso le mosse dalla constatazione secondo cui nel tempo attuale il motivo dell'immaginazione e degli immaginari è diffuso moltissimo: tali termini fanno sempre più spesso capolino nei titoli dei saggi e delle discussioni dedicati a leggere la contemporaneità. Ecco dunque, ha proseguito, una serie di frame, di cornici, di quadri giustapposti l'uno all'altro senza pretese di costruire un modello quanto piuttosto con l'intento di delineare un insieme di azioni di bracconaggio, tattiche e non strategiche, offerte dal relatore come possibili occasioni di riflessione e di azione anche in ambito educativo: dall'Immagine cup della Microsoft alla magistrale lezione del designer Bruno Munari nel suo saggio "Fantasia", da un giardino zen di Kioto all'educazione liquefatta del sociologo Barman⅀ fino a fornire una convincente definizione dell'educazione, pensata come ciò che ci può aiutare a trasformare in collettivi quei problemi che sono oggi percepiti comunemente come privati.

E poi, come una trama sottesa a ciascuno degli interventi citati, c'è stato l'itinerario scoppiettante dei laboratori, in cui si è sperimentata dal vivo l'esperienza del confronto con le diversità, attivando percorsi che hanno spaziato dalla musica al teatro, dalla vocalità alla comunicazione ecologica, dalla scoperta della lingua araba alla narrazione, cavallo di battaglia da lungo tempo del CEM. Con una meritata menzione speciale per gli adolescenti del laboratorio "Noi ragazzi dello zoo di Merlino", animato da Maria Maura e Riccardo Olivieri, che si proponeva di aprire la creatività degli adolescenti sui temi del conflitto, permettendo loro di intravedere la possibilità di gestirlo; e per i bimbi de "Il ritorno di Pippi", guidati da Celine Dissard e Renzo La Porta, che con lo sfondo integratore della celebre fiaba di Astrid Lindgren li ha fatti vivere alcuni giorni⅀ davvero favolosi!

Conclusioni? Difficile - anzi, impossibile - trarne. Solo una sensazione, fortunatamente generalizzata presso i convegnisti: se quello visto a Viterbo è uno spaccato della nostra scuola e delle nostre istituzioni educative, probabilmente non tutto è perduto. La partita si può ancora giocare. C'è da sperarlo, per il bene della scuola, ma anche del paese tutto, che nel sistema scolastico rispecchia tanto le sue ansie e le sue contraddizioni quanto le speranze e le attese di un domani meno incerto e pauroso.

di Brunetto Salvarani

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