Afghanistan: caso Rahman, paese in mano a mullah e sharia

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Mentre il governo afghano prende le distanze dal caso di Abdul Rahman, che rischia la pena di morte per apostasia, analisti afghani contattati da AsiaNews segnalano che sono "troppo forti le pressioni di integralisti e nel Paese comandano ancora i mullah". "L'Afghanistan è ancora in mano ai mullah e la sharia ha l'ultima parola su tutto" - riporta la fonte. Dopo le numerose pressioni internazionali da parte di gruppi per i diritti umani e dei governi occidentali Kabul, finora silente, ha dichiarato che solo la giustizia può decidere sulla sorte del cittadino afghano. Khaleeq Ahmad, a nome del presidente Hamid Karzai, spiega che "questa vicenda è stata portata sul terreno giudiziario dalla famiglia dell'accusato e deve essere affrontata dal solo potere giudiziario, che è indipendente". "Il governo dell'Afghanistan - assicura - resta comunque determinato a far rispettare i diritti dell'uomo nel Paese". Posizione di cui non sono state fornite ulteriori specificazioni. Secondo la legge afghana spetta comunque al presidente firmare l'autorizzazione all'esecuzione capitale. Quanto alle proteste avanzate da Stati Uniti, Italia, Germania e Canada, il portavoce si è limitato a dire che ''ognuno ha il diritto di esprimere il suo punto di vista''.

L'atteggiamento del governo sembra confermare le affermazioni di alcuni analisti locali interpellati da AsiaNews sul caso: "L'Afghanistan è ancora in mano ai mullah e la sharia ha l'ultima parola su tutto". Secondo le fonti, anonime per motivi di sicurezza, "l'evoluzione del Paese richiede tempi lunghissimi, perché la religione è troppo radicata e le decisioni dei mullah, dei quali molti sono ignorantissimi anche sul diritto religioso, sono indiscutibili". "Che il potere sia ancora gestito da integralisti islamici - spiega la fonte - è un dato oggettivo: chi ha vinto le elezioni? Da chi è formato il parlamento? Da ex mujaheedin e signori della guerra. I giudici sono degli ulema; a capo della Corte Suprema di Kabul - organo che dovrebbe fare da guida a tutti gli apparati giuridici nazionali - vi è un super fondamentalista: Hadi Shinwari, leader dei reazionari religiosi afghani".

Abdul Rahman, 41 anni, è in carcere da due settimane denunciato dai suoi parenti, perché convertito. L'uomo aveva abbandonato l'islam 16 anni fa, quando lavorava per una Ong cristiana a Peshawar (Pakistan). Emigrato poi in Germania vi ha vissuto fino al 2002; dopo la caduta dei talebani è tornato per chiedere l'affidamento delle figlie. Ora rischia la pena di morte secondo la sharia, la legge islamica, alla base della Costituzione afghana.

Amnesty International ha chiesto alle autorità afgane di impegnarsi urgentemente a intraprendere una riforma giudiziaria e a rispettare gli standard internazionali nel caso di Abdul Rahman. Amnesty International ritiene che, affinché si possa "servire la giustizia nel miglior modo possibile" (come richiesto dall'articolo 130 della Costituzione afgana), le autorità debbano assicurare che gli standard internazionali di giustizia, comprese le norme sui diritti umani, abbiano un rilievo di primo piano, come del resto viene garantito dall'articolo 7 della Costituzione. Se Abdul Rahman è stato incriminato solo sulla base del suo credo religioso, Amnesty International lo considererà prigioniero di coscienza e chiederà il suo immediato e incondizionato rilascio" - nota Amnesty.

"Le cose non vanno bene in Afghanistan" - sottolinea Tiziana Ferrario su articolo 21. "La guerriglia talebana ha rialzato il capo. Negli ultimi mesi sono aumentati gli attacchi kamikaze e gli atti terroristici contro le forze internazionali si sono fatti più sofisticati. Osama Bin Laden continua ad essere libero e i Talebani, con nuovi fondi e uomini, hanno annunciato una offensiva di primavera, quando i ghiacci si saranno sciolti". "Le donne, tolta la città di Kabul, sono ancora nella quasi totalità relegate sotto al burqa, prive di diritti, oppresse dalle tradizioni, dalle leggi (soprattutto la recente costituzione, anch'essa sbandierata come un grosso passo in avanti verso la democrazia ma che rimanda continuamente alla sharia, la legge islamica), dalla società patriarcale e dalla totale assenza di strutture (quali per esempio, scuole, ospedali, corsi professionali) che consentirebbero loro di fare dei passi avanti verso l'emancipazione e la presa di coscienza di essere soggetti portatori di diritti" - riporta Laura Quagliuolo di Cisda.

"Forse le pressioni internazionali salveranno la vita di Abdul Rahman, il medico di 41 anni convertitosi al cristianesimo in Germania. Ma non riusciranno a recuperare l'idea che una volta di più la ricetta che propone l'Occidente per il pianeta, è una scatola vuota o un congegno criminale, o entrambe le cose. Dove sono le donne che si levavano il burqa al passaggio dei marine? Chi si è commosso a quelle immagini può per cortesia fare autocritica?" - commenta Gennaro Carotenuto su Peacelink. [GB]

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