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Turchia: scarcerata Leila Zana, arrestati 25 giornalisti
Popoli minacciati
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L'attivista curda Leila Zana e altri tre ex deputati del Partito Democratico, Hatip Dicle, Selim Sadak e Orhan Dogan, sono stati scarcerati ieri dopo aver scontato 10 dei quindici anni di carcere inflitti per i presunti legami con la guerriglia separatista. "Lasciamo da parte l'amarezza e lavoriamo per la pace e la soluzione. Lavoriamo consapevoli ognuno del proprio dovere di operare per la pace rispettando l'uguaglianza di tutti i cittadini, ognuno deve sforzarsi per la riunificazione sociale" - ha dichiarato l'attivista appena rilasciata.
Amnesty International ha accolto positivamente la decisione della Corte d'appello della Turchia di scarcerare i quattro ex parlamentari "prigionieri di coscienza" adottati dall'organizzazione per la difesa dei diritti umani nel dicembre 1994. "La decisione fa seguito alla richiesta del Procuratore generale di annullare la condanna a quindici anni di carcere inflitta ai quattro parlamentari turchi dieci anni fa. Amnesty International ritiene che la loro scarcerazione debba essere incondizionata e non debba essere seguita da ulteriori azioni penali nei loro confronti" - si legge in un comunicato di Amnesty.
Leyla Zana, Hatip Dicle, Selim Sadak e Orhan Dogan erano stati condannati nel dicembre 1994 a quindici anni di carcere per la loro presunta appartenenza all'organizzazione armata illegale Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). A giudizio di varie organizzazioni internazionali i quattro parlamentari erano stati condannati a causa delle loro attività politiche nonviolente incentrate sulla questione curda. Lo scorso aprile era stata confermata la loro condanna sulla base di una legge entrata in vigore due mesi prima del nuovo processo, legge che avrebbe consentito di riesaminare tutti quei casi giudiziari in cui la Corte europea dei diritti umani aveva ravvisato violazioni della Convenzione europea sui diritti umani.
La Zana non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti, ma ha sottolineato che "anche se io sono stata liberata so che in questo momento sono migliaia le persone che ancora si trovano in carcere ... e sarò felice soltanto quando in Turchia non si parlerà più di carceri".
Parole che, forse all'insaputa dell'attivista, sono di estrema attualità. Il giorno precedente, infatti, 25 operatori dei media erano stati posti agli arresti con la medesima accusa della Zana e cioè per "sospetti legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan" (PKK). Lo riferisce Reporter senza Frontiere che condanna con la più grande fermezza questa operazione di polizia. "La lotta legittima e necessaria contro il terrorismo, non può in nessun caso giustificare queste violazioni della libertà di stampa" - sottolinea l'organizzazione in una lettera indirizzata al Primo ministro, Recep Erdogan. "Siamo scandalizzati per i metodi utilizzati dalla giustizia contro questi giornalisti trattati come autentici criminali. Vi chiediamo quindi di spiegarci per quali motivi gli articoli, i libri e i dischetti sequestrati nel corso delle perquisizioni costituirebbero 'materiale proibito'" - ha aggiunto Reporter senza frontiere che ha chiesto l'immediata scarcerazione dei giornalisti e la restituzione di tutto il materiale sequestrato.
In vista dell'entrata nell'Unione Europea, la Turchia sta comunque cercando di adeguarsi alle richieste di Bruxelles. Nei giorni scorsi la radio e la televisione di Stato turca (Trt) hanno iniziato a trasmettere per la prima volta programmi in lingua curda, rispondendo alle richieste di Bruxelles, che pone il rispetto delle minoranze come condizione per l'avvio dei negoziati di adesione di Ankara all'Unione Europea. Le trasmissioni in kurmandji, il dialetto curdo più diffuso in Turchia, sono iniziate alla radio con un programma di 35 minuti, seguiti da un altro programma di mezz'ora in televisione. Nei giorni scorsi erano state già mandate in onda trasmissioni in bosniaco e arabo e per le prossime settimane sono previsti programmi in lingua Kirmanci e in Zaza, un altro dialetto curdo molto diffuso. Nell'ambito delle riforme intraprese da Ankara per entrare nella Ue, la questione della tutela delle minoranze aveva ricevuto il via libera dal Parlamento turco già 18 mesi fa, ma alcune resistenze in seno alla Trt hanno rallentato il percorso di inizio delle trasmissioni nelle lingue delle minoranze. [GB]
Altre fonti: Donne in nero, Peacereporter.