Perú: il paese dei vice-presidenti

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Foto: Carlos Ruiz Huaman da Unsplash.com

É successo di tutto in Peru negli ultimi giorni. La crisi politica, che ha visto la fine di Pedro Castillo da Presidente del Perú, si è acuita e si è irradiata in feroci proteste in tutto il paese. Le maggiori testate parlano già di 7 vittime tra i manifestanti, due dei quali minorenni, morti durante gli scontri con le forze dell’ordine, tutti per proiettili di arma da fuoco. Ci sono anche un centinaio di poliziotti feriti. Il governo ha decretato lo stato di emergenza per 60 giorni, ma la situazione attuale è tutt’altro che vicina dall’essere risolta o normalizzata, e la guerriglia urbana continua. Ci sono pure 4 ragazze italiane bloccate su un bus da oltre 24 ore, senza cibo ne acqua.

Ricomponiamo i tasselli di questa vicenda, solo ultima di una lunga serie di scandali presidenziali che non danno tregua al paese. Anche se sembra passata una vita, solo la settimana scorsa, il 7 dicembre, il Parlamento aveva come ordine del giorno la discussione sul possibile impeachment del Presidente di sinistra Pedro Castillo, ex maestro di scuola campesina e sindacalista. La nuova mozione di sfiducia – la terza dal suo insediamento di luglio 2021 – era stata promossa dall’opposizione per “incapacità morale” nei confronti di Castillo, date le molteplici accuse ed i forti indizi di corruzione che l’avevano riguardato negli ultimi mesi. Il Presidente sindacalista, in un’ultima mossa disperata, ha quindi pensato bene di tentare l’auto-golpe, ordinando lo scioglimento del Parlamento pochi minuti prima della sua seduta, oltre a imporre il coprifuoco nazionale e l’instaurazione di un “governo di eccezionale emergenza”.

In risposta a questo impulso autocratico, quasi tutto il governo ne ha preso prontamente le distanze e la maggior parte dei ministri si sono dimessi. Castillo viene così denunciato per tentato colpo di Stato - costruito ad arte per evitare l’estromissione – e la parola golpe viene usata sia dalla Corte Costituzionale che dalla Vice-Presidente Boluarte. Il parlamento peruviano, lo stesso 7 dicembre, approva l’impeachment nei confronti di Castillo e lo destituisce dal suo mandato presidenziale con una maggioranza di 101 favorevoli e 6 contrari su 130 voti. Dina Boluarte, la Vice-Presidente diventa automaticamente la nuova Presidente del Perú, prima donna nel paese, subentrandogli il giorno seguente.

Una fine ancora più ignobile se si pensa che Castillo è stato arrestato dalla procura fuori dal palazzo Presidenziale, in un goffo tentativo di fuga, non si sa bene se dal paese o per trovare rifugio in un’ambasciata amica, come quella messicana. Purtroppo però, il Perú, ci ha abituato a questi melodrammi politici. Negli ultimi sei anni si sono succeduti sei diversi presidenti, la metà dei quali caduti a seguito di scandali e denunce di corruzione. Ma gli oscuri intrecci criminali tra politica e affari hanno radici lontane nel paese andino, e hanno investito quasi tutti i presidenti degli ultimi quarant’anni. Lo pseudo dittatore Alberto Fujimori sta ancora scontando la pena in carcere, Alejandro Toledo è profugo da tempo negli Stati Uniti, mentre Alan Garcia si è suicidato appena 3 anni fa, nel 2019, per non finire in prigione.

L’agenda politica di Castillo è sempre parsa piuttosto confusa e contraddittoria, fin dalla campagna elettorale per le presidenziali del 2021, dove aveva ottenuto meno del 20% dei consensi. Un governo improvvisato, all’apparenza di sinistra, ma con invettive tra il nazionalista-conservatore, pure anti LGBT, e il platealmente populista, che ha promesso di nazionalizzare le risorse naturali, di distribuire le ricchezze e di mettere fine alla corruzione dilagante, senza ovviamente riuscirci. Un epilogo indecoroso quello di Castillo, corredato in questo anno e mezzo da continui rimpasti di governo, modifiche ministeriali, lotte continue con le istituzioni e diversi scandali di corruzione che hanno visto protagonisti pure la famiglia dello stesso ex Presidente, la sorella, il cognato e i due nipoti. Il Congresso peruviano ha successivamente approvato un disegno di legge che priva l'ex presidente Pedro Castillo dell'immunità, autorizzando la Corte Suprema a perseguirlo per il reato di ribellione.

Nel paese dei presidenti delinquenti, i vice-presidenti riacquistano notorietà, anche se spesso si ritrovano invischiati nelle medesime dinamiche. Dina Boluarte forse non si aspettava di ricoprire il ruolo così presto, ma ora quasi nessuno scommetterebbe che possa terminare il mandato fino al 2026. Quel che si sa è che la neo Presidente ha annunciato che invierà un progetto di legge per anticipare le elezioni generali ad aprile 2024. Il che potrebbe non bastare per acquietare gli animi dei manifestanti, che di fatto chiedono le immediate dimissioni della Boluarte e la convocazione di elezioni generali per sostituire il Congresso. Oltre naturalmente al rilascio del loro idolo, Castillo.

Nel frattempo la violenza continua a pervadere le strade del Perú. I protestanti, provenienti soprattutto dalle comunità rurali del sud del Paese, hanno già bloccato strade, allestito barricate e attaccato stazioni di polizia. Hanno pure occupato due canali televisivi a Lima e il centro di processamento di gas naturale situato nella provincia di Cusco. Circa 2.000 persone hanno preso d'assalto l'aeroporto di Arequipa, la seconda città più grande del Perù, costringendone la chiusura.

La perpetua instabilità politica del paese non fa che snervare il profilo di un’economia già fragile e che fatica a riprendersi dagli effetti del pandemia. Adesso risprofondata in una situazione di stallo e incapace di attirare nuovi flussi di investimenti stranieri, così vitali a queste latitudini.

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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