Otto secoli di Magna Carta

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800 anni e non sentirli. È la Magna Charta Libertatum a varcare tale longevo traguardo, forte del riconoscimento che gli è attribuito (e non solo oltremanica) di aver costituito la base del moderno stato di diritto. “Foundation of liberty” (fondamenta della libertà) capeggia in alto sul sito web costruito per tale grandiosa commemorazione a scandire il countdown per questo storico 15 giugno e a ricordare il suo fondamentale ruolo all’interno della democrazia britannica. Proprio in quella data nel lontano 1215 re Giovanni Plantageneto d’Inghilterra, passato alla storia come Giovanni Senzaterra, concesse un quadro di privilegi ai baroni del Regno, suoi diretti feudatari, apponendo il sigillo reale a un grande foglio, per l’appunto una “magna charta”, che elencava le libertà al cui rispetto il sovrano si sarebbe vincolato.

Il documento non si basava su principi dottrinari e non si rivolgeva a tutti gli individui del Regno britannico, piuttosto raccoglieva in un’unica lista i diritti già in vigore a favore dei nobili e del clero e li ampliava con ulteriori concessioni. Tra questi: il divieto di imporre nuove tasse ai vassalli senza il previo consenso del Consiglio comune del Regno, la proporzionalità della pena rispetto al reato, l’integrità e la libertà della Chiesa inglese, l’istituzione di una commissione di 25 baroni garante che il re tenesse fede ai suoi impegni. Il più noto di questi principi, poi ripreso da documenti di più recente adozione, è l’Habeas Corpus, secondo cui “nessun uomo libero sarebbe stato imprigionato o privato dei propri beni se non a seguito del giudizio da parte dei suoi pari o secondo le leggi del Regno”. Una disposizione tra le più care ai baroni, in rivolta a causa della forte tassazione a loro imposta per finanziare la guerra contro i francesi (che per di più aveva avuto un esito negativo per i britannici), che il 5 maggio 1215 si erano rifiutati di giurare fedeltà a re Giovanni Senzaterra e che qualche settimana dopo, nella brughiera di Runnymede, lungo il Tamigi, avevano costretto il sovrano a fare concessioni in cambio della rinnovata obbedienza. La Magna Charta fu dunque il frutto di tale rinnovato accordo di fedeltà tra re e feudatari, nient’altro che uno strumento politico utilizzato per gestire le relazioni feudali. Una interpretazione più fedele alla storia e confermata da altri analoghi casi di concessione reale a determinati ceti di “privilegi”, intesi come libertà dallo strapotere sovrano, in cambio di fedeltà: esempi contestuali furono l’accordo di pace di Costanza del 1183 reso dall’imperatore Federico Barbarossa ai comuni della Lega Lombarda o ancora la Bolla d’oro “estorta” nel 1222 dai feudatari a re Andrea II d’Ungheria.

Se dunque appare limitata l’interpretazione data a posteriori alla Magna Charta Libertatum secondo la quale essa rappresenterebbe il primo documento di quel lungo processo storico di riconoscimento dei diritti umani universali, è invece importante evidenziare la diminuzione del potere del sovrano che la Carta presuppone. Un requisito essenziale affinché abbiano poi potuto essere inserite nelle costituzioni nazionali le libertà civili e politiche, di cui godono oggi milioni e milioni di cittadini in tutto il mondo. La lotta per la garanzia di diritti umani universali passa dunque attraverso gli ideali di libertà e di giustizia che nel tempo sono stati attribuiti proprio al contenuto di questo documento e sono state richiamate tanto alla conclusione della guerra civile inglese e nella codifica parlamentare dell’Habeas Corpus Act del 1679, quanto nella democrazia sviluppatasi nelle colonie statunitensi; e ancora con la proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 si è parlato di una nuova Magna Carta facendo riferimento a un più ampio processo di tutela e protezione di ciascun individuo al mondo. Pur senza fare riferimento ai suoi specifici contenuti né al contesto che la produsse, oggi la Magna Carta è invocata e citata ogni qualvolta le libertà fondamentali sono minacciate da governi autoritari ma anche nei sistemi democratici. Un nuovo esempio dell’universale necessità di ogni essere umano sulla faccia della terra di libertà, democrazia e benessere.

Per gli 800 anni della promulgazione della Magna Charta si svolgeranno solenni celebrazioni in tutto il mondo. In primis chiaramente in Gran Bretagna, già impegnata a occuparsi delle file dei visitatori alla grande mostra storico-documentaria presso la British Library di Londra dal titolo “Magna Carta: Law, Liberty, Legacy” (Magna Charta: diritto, libertà, legalità), che ha avuto l’onore di ospitare dallo scorso febbraio, per la prima volta nella storia, le 4 copie superstiti, in pergamena, dell’originale Magna Charta del 1215. E se l’ormai immancabile hashtag #MagnaCarta800th impazza sul web, ci si interroga sull’effettiva conoscenza dei contenuti del documento: in questo caso si alternano la soddisfazione del presidente di Ipsos Italia, Nando Pagnoncelli, che in una recente indagine ad hoc ha rilevato che il 62% degli italiani (quasi 2 su 3) hanno almeno sentito parlare della Charta e la associano allo stato di diritto e ai diritti umani fondamentali, con la preoccupazione esternata dall’ex ministro della Giustizia britannico, Patricia Scotland, per la risposta di un concorrente a un quiz televisivo che ha connesso la Magna Charta al trattato di pace stilato alla fine della prima guerra mondiale. Un errore non da poco per un popolo che si appresta a celebrare le fondamenta della propria democrazia in quell’antico documento medievale.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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