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Ospite tra gli ospiti
Popoli minacciati
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Foto: M. Canapini ®
Nessuno sbraita alle fermate lo cali; solo un gatto scompare dentro un pollaio e tre donne imbacuccate virano in un sentierino laterale di montagna. Nient’altro in questo sabato mattina di gennaio che racchiude passi veloci in luoghi lentissi mi. 526 giorni esatti dopo il fatidico 24 agosto, riprendo il cammino da Acquasanta Ter me, da dove tutto è cominciato. Una bacheca con tri colore appeso racconta l’aiuto del duce dato alle comunità di Vulture, colpite da un vio lento terremoto nel 1930. Pensavo che la vista delle case distrutte fosse l’apice della rovina, ma Arquata, apparsa dietro al terzo curvone, smentisce ogni cosa. Laddove c’era il paese brulicante di genti, è rimasto solo un cumulo di terra, schiaffeggiata dalla pioggia che cade obliqua.
Nemmeno le assi delle case; non più una parete a dar parvenza di ciò che è stato. Le ruspe hanno svolto il loro compito e alle 13.00 precise, gli abitanti di Borgo sono tutti seduti intorno al tavolo da pranzo. Fatico a rammen tare che prima del sisma questo enorme spiazzo col mo di SAE era un campo da calcio. È passato tutto così in fretta e da una parte così lentamente che que sto terzo inverno del cratere pare un abbaglio. Gli alberi lungo il fiu me sono spogli come manici di scopa e un bidoncino scheggiato di plastica blu insegue il vento.
A Piedila ma, Alessandro, inchiava con due mandate la porticina del locale grande 30 metri quadri. Sono così attaccate, abitazioni ed esercizi commerciali, da sembrare vecchi locali coriacei del Far West. «Tutto sommato stiamo bene! Sono arrivate diciotto casette e l’atmosfera è tranquilla come sempre. Speriamo di resistere e ricompattarci». Nella parte danneggiata, gros si camion bianchi dell’Iveco attendono di essere gon fiati da detriti e macerie. Il polverone si mischia al ne vischio e grattugia le pupille sollecitate dalle mille correnti. Il rosone della chiesa della Madonna della Pace è rimasto miracolosamente integro e per qual che gioco beffardo del destino la luce non proviene più dall’esterno ma irradia ciò che resta dall’interno, essendosi il tetto sbriciolato sull’altare. Nella pineta di Pretare è nascosto un cannone antiaerea, requisito dall’Esercito nel 1970. I luoghi battuti sono pieni di cose, elementi, ma è l’uomo, il dialogo a scarseggia re.
È risaputo che il viandante prediliga, per qualche strana forma di sacro masochismo, luoghi spartani e scomodi, affin ché il viaggio si manifesti nella grandezza del limite. Il container di Mirko, un giovane allevatore, ne è l’ennesima prova. Il boiler e una coperta pesante sono lus si dimenticati. Pane raffermo e carne simmenthal per cena. Fuori è così freddo che la luna ha dato forfait, scappando dietro al Monte Vettore spruzzato di bianco. Con le mani legate dietro alla nuca, penso che senza controlli la montagna potrebbe diventare tranquillamente terra di nessuno, come un limbo do ganale. E nel frat tempo i pochi “guardiani” rimasti avrebbero meno paturnie, tasse e permessi a cui stare dietro, essendo la cosiddetta legge lontana e indifferente. Eppure, chi controlla il controllore? È chiaro che le politiche post-sisma elargiscono sconti e preferenze in base ad agganci e simpatie, dividendo l’umanità rimasta in due tipologie: chi si ritrova senza nulla, rassegnato, incline a non obiettare perché impaurito che gli ven ga tolto il poco che ha, e chi invece quasi benedirà il sisma stesso. Il sindaco arquatano Aleandro dice che non ci sono persone né paesi di serie A e B, ma un unico paese che tra quindici anni sarà ricostruito e che darà lavoro a tutti. Intanto a Borgo mancano bar ed empori alimentari e altrove, perlopiù anziani, se ne vanno per sempre.
Camminando, capisci che i paesani non rimangono qui per qualche forma esoterica di sacrifi cio o perché ambiscono a divenire eremiti, ma perché tutto l’Appennino ha insegnato un’idea quotidiana di felicità. Ci insegna ad ascoltare la terra e dar maggior valore ai gesti, al cibo, a coloro che si radunano attor no al focolare. È basilare e rispettoso ripartire da chi abita i luoghi e non da chi pretende di conoscerli stando in città. L’inerzia del governo e delle istituzioni non è diventata ancora inerzia dei singoli. Questo è l’unico (S)stato in cui si può ancora sperare: che la gente non aspetti aiuti centrali. Che intervenga come può, dal basso, tornando comunità, mandando al diavolo posti di blocco e prefetti se necessario.
Un viaggio a piedi è fatto di tantissime, piccole cose. Un camice logoro, due ciocchi gettati alla rinfu sa, quattro statuette incompiute con gli angoli da smussare pervenute dalla vecchia abbazia di San Vin cenzo e Anastasio, un lampioncino acceso in pieno giorno, le punture dei tafani, un cercatore di funghi a spasso col suo cocker. Solo dall’umiltà dei piedi avremo le risposte che cerchiamo.
Matthias Canapini

Matthias Canapini è nato nel 1992 a Fano. Viaggia a passo lento per raccontare storie con taccuino e macchina fotografica. Dal 2015 ha pubblicato "Verso Est", "Eurasia Express", "Il volto dell'altro", "Terra e dissenso" (Prospero Editore) e "Il passo dell'acero rosso" (Aras Edizioni).