Mondo: popoli indigeni tra privazioni ed estinzione

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In occasione della Giornata mondiale per i popoli indigeni, che si celebra oggi 9 agosto, Survival International lancia un appello a favore di diverse popolazioni indigene che stanno rischiando la perdita delle proprie terre e soffrono di malattie verso cui non hanno difese immunitarie. "Nelle remote isole Andamane dell'Oceano indiano, gli Jarawa stanno rischiando la perdita delle loro terre e soffrono di malattie verso cui non hanno difese immunitarie; gli stranieri portano morte e sfruttamento sessuale nei loro villaggi, e uccidono la selvaggina da cui dipende la loro sopravvivenza" - riporta l'appello. Il governo indiano li definisce "primitivi". Gli Jarawa stanno solo ora cominciando a comunicare con il mondo esterno.

Stessa sorte anche per gli Awá, una delle ultime tribù nomadi dell'Amazzonia brasiliana, che conta oggi solo 300 unità. Allevatori e coloni si sono impossessati delle loro terre e i bianchi si avvicinano sempre più. "Siamo costantemente in fuga. Senza la foresta non abbiamo alcuna possibilità di sopravvivere e ci estingueremo. Ma lotteremo per la nostra terra. Non lasceremo che i bianchi ci invadano ancora. Non gli permetteremo di appropriarsi di tutta la nostra foresta. Vogliamo crescere i nostri bambini qui" - testimonia un Awá.

Anche in Africa situazioni a rischio. Fino a poco tempo fa, i Boscimani Gana e Gwi del Botswana rappresentavano alcuni degli ultimi cacciatori-raccoglitori del deserto del Kalahari. Sfrattati dalle loro terre dal governo, in duecento sono riusciti a tornarvi nonostante le vessazioni delle autorità. Il governo li definisce "uomini dell'età della pietra" ed esseri "preistorici". Solo nell'ottobre scorso la comunità di indigeni appartenenti al popolo Richtersveld della Provincia del Capo (Sud Africa), che negli anni '50 venne sfrattata dalle proprie terre per favorire l'apertura di una miniera di diamanti, ha visto riconosciuti i suoi diritti di proprietà. E proprio l'intensa esplorazione minerarie è uno dei principali motivi delle espropiazioni delle terre indigene e del loro trasferimento come nel caso dei Boscimani trasferiti a Kaudwane e New Xade, due "campi di reinsediamento" collocati fuori dai confini della riserva.

Nei giorni scorsi il Cimi (Consiglio indigenista missionario del Brasile) ha diffuso una nota di ripudio della pol㭀tica indigenista del Governo Lula. Il Coordinamento delle organizzazioni indigene dell'Amazzonia brasiliana (COIAB) e il Coordinamento dei popoli e organizzazioni indigene del Nordeste, Minas Gerais e Esp㭀rito Santo (APOINME) "sono preoccupate della crescente violazione dei diritti dei popoli indigeni del Brasile a causa del disinteresse, delle omissiona e delle connivenza esplicita del Governo del Presidente Luis Inácio Lula da Silva" - si legge nella nota.

Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, riporta l'agenzia di stampa Misna,300 milioni di indigeni vivono in 70 Paesi del mondo e ogni gruppo si trova ad affrontare una particolare situazione rispetto ai rischi sulla salute, proprietà della terra e conservazione della propria cultura, mentre tutti questi popoli hanno in comune la condizione di isolamento nella società in cui vivono e la discriminazione che subiscono per la loro peculiare visione del mondo. Intervistato dalla Misna, un rappresentante dell'ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani (Ohchr) ha spiegato che negli ultimi dieci anni ci sono stati dei progressi per queste popolazioni, soprattutto in America Latina dove alcuni governi hanno fatto passi avanti nel riconoscere almeno alcuni dei diritti delle comunità indigene. Comunque le violazioni non sono cessate: "Il diritto alla vita, il diritto a non essere discriminato, il diritto alla salute: tutti questi diritti fondamentali sono violati" - ha detto il rappresentante dell'Ohchr. Da qui l'urgenza di adottare la "bozza di dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni", un documento elaborato da esperti indipendenti nel 1994 allo scopo di porre le basi per proteggere i popoli indigeni, la loro cultura e stile di vita. In dieci anni nessuno degli articoli della dichiarazione è stato approvato e a metà settembre si riunirà un team di lavoro con lo scopo di rielaborare il documento e fare in modo che se ne discuta nelle agenzie e organismi delle Nazioni Unite. Inoltre il Consiglio economico e sociale dell'Onu (Ecosoc) ha rivolto all'Assemblea generale la raccomandazione affinché venga dichiarata una seconda decade sui popoli indigeni a partire dal 2005; una richiesta che l'Assemblea dovrà votare il prossimo ottobre.

Intanto l'Associazione per i popoli minacciati comunica che l'UE ha deciso di chiudere l'Ufficio europeo per le lingue minoritarie e l'agenzia informativa Eurolang. "Nonostante la Carta per le lingue regionali e minoritarie e nonostante la Convenzione quadro per la tutela delle minoranze nazionali, l'UE non è riuscita ad accogliere nella propria costituzione degli equivalenti diritti per la tutela linguistica" - riporta la nota dell'associazione bolzanina. "Adesso infine decide di abolire quell'istituzione che in modo cauto ma continuato ha rappresentato presso le strutture dell'UE le questioni delle minoranze. La Commissione dell'UE non finanzierà più il European Bureau for lesser used languages a Bruxelles. Gli otto collaboratori impiegati presso l'ufficio sono già stati licenziati; anche il Segretario generale Markus Warasin ha annunciato le proprie dimissioni". [GB]

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