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Mezcal: il nettare degli Dei
Popoli minacciati
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Piante di agave in Messico - Foto: Unsplash.com
Quella messicana é senz’altro una delle gastronomie piú variegate e apprezzate a livello mondiale, nel 2010 premiata patrimonio dell’umanitá UNESCO. A partire dai tacos alla salsa guaca mole, dal huachinango alle fajitas, rigorosamente piccanti, l’imbarazzo della scelta si apparecchia a tavola. Spezie e sughetti raffinati per tutti i palati, fino ai piú intrepidi che arrivano a dilettarsi con vermetti grigliati o snack a base di insetti. Il tutto innaffiato da birre ghiacciate come da tradizione o succhi di frutta rinfrescanti per combattere la tipica arsura messicana, oppure una bella tazza di horchata, bibita aromatizzata alla cannella e vaniglia. Ma come digerire tutta quest’abbondanza di delizie? Ebbene il Messico detiene quello che é probabilmente riconosciuto come il distillato piú famoso e blasonato delle Americhe: la tequila. Un digestivo che ha fatto il giro del mondo e che conosciamo tutti. Ma il Messico é soprattutto un altro liquore, germogliato da saperi piú antichi, legato alla terra e ad una produzione ancora in gran parte artigianale. Un liquore che ha iniziato a fare capolino anche nei nostri bar. Si parla del cugino “lievemente affumicato” della tequila, quello che alcuni messicani ancora chiamano la bevanda degli Dei, ovvero sua Maestá il Mezcal.
La parola mezcal deriva dal náhuatl mexcalli che unisce metl (“agave”) e ixcalli (“cotto”). Piú che il cugino, il mezcal dev’essere considerato il “padre” della tequila, visto che si tratta di un distillato che proviene da tanti tipi di agave diverse quante sono le sue varietá e aromi. Si contano infatti piú di 200 diverse specie di agave da cui si ottiene il mezcal, presenti in 8 Stati del Messico. Ed é questa una delle principali differenze con la tequila, che invece viene elaborata esclusivamente nello stato di Jalisco da un unico tipo di agave, l’agave tequilana Weber della varietà azul (agave blu). Il mezcal è indubbiamente una delle bevande più antiche e amate del Messico, le cui origini sono peró ancora incerte, mistiche, forse riconducibili alle popolazioni mesoamericane preispaniche.
Per queste ultime l’agave era una pianta sacra associata alla dea Mayahuel. Questa succulenta, giá da allora, era rinomata per le molteplici proprietá e utilizzi che se ne facevano. Oltre a ricavarne lo sciroppo dolcificante per fare succhi e bevande, la polpa ha enormi qualitá lenitive per curare fastidi o ferite della pelle, ma anche per trattare disturbi digestivi, ittero, epatite o malattie infettive. La si usa anche come sapone naturale, mentre con le fibre super resistenti ottenute dalle sue foglie si costruiscono corde, ceste, tappeti e altri manufatti artigianali. Le popolazioni antiche preispaniche, oltre a consumarne il succo fermentato secondo i metodi tradizionali (da cui derivano anche l’aguamiel e il pulque), avrebbero cosí scoperto anche una forma di distillazione. La prova sarebbe da collegarsi al reperimento di alcuni antichi vasi di terracotta simili a distillatori, usati ancora oggi a Oaxaca.
Quel che é certo é che gli antenati per eccellenza dei messicani, gli Aztechi bevevano una bibita fermentata di agave, che chiamavano octil. Tuttavia, l’avvento degli spagnoli, se da un lato aprí la strada ufficialmente ai superalcolici, da un altro avvió un periodo storico di repressione nei confronti degli usi e costumi degli autoctoni, anche legata al consumo dei liquori locali. Vi fu un tempo in cui gli spagnoli proibirono addirittura la produzione di tutti gli spirits tratti dall’agave, una delle piante piú rappresentative, trasformando cosí la fabbricazione artigianale del mezcal in un simbolo di ribellione e lotta contro la colonizzazione. Per molti messicani, quindi, il mezcal assume anche una rilevanza storica e di rivalutazione delle radici proprie dei popoli indigeni. Non è semplicemente una bevanda alcolica, dal gusto forte e chiaro, piuttosto un modo di rivivere una colonna portante della cultura messicana, del Messico rurale, coriaceo e autentico. In poche parole il Messico di Santiago Matatlan.
Riconosciuta come la capitale mondiale del mezcal, Santiago Matatlan é una cittadina di meno di 5.000 abitanti in una delle regioni più povere del Messico nello Stato di Oaxaca, ora pronta a conquistare il mondo. Questo piccolo agglomerato di casette colorate circondato da sterminate piantagioni di piante succulente è il paradiso per gli amanti del mezcal; un appuntamento imperdibile per chi vuole assaggiare le vere radici di un liquore che é arrivato a movimentare 7,4 milioni di litri verso 68 paesi, e a sostenere il lavoro di 125.000 famiglie. Solo 20 anni fa era pura follia pronosticare una simile evoluzione. Ma, come spesso accade nel mondo frenetico in cui viviamo, è accaduto l'inimmaginabile. Oggi, se si guarda il territorio del Messico, lo spazio dedicato ufficialmente al mezcal e certificato col marchio DOC, copre un’area di 500 mila kmq in 9 stati, mentre la tequila ne copre “solo” 200 mila kmq. Oaxaca si riserva certamente la nomea di culla emblematica del mezcal.
Parte del fascino e del successo del mezcal sta proprio nei ritmi blandi e genuini del campo, nell’ascolto che il maestro mezcalero dedica alle piante e nella sacralitá di tutto il procedimento con cui ne viene estratto il nettare, un mistero gelosamente custodito. In realtá solo in apparenza rustico. Il vermetto a volte contenuto nella bottiglia é semplicemente un vezzo aggiunto a metá del secolo scorso come operazione di marketing diretta soprattutto al mercato americano. Un’usanza che peró non fa parte della storia originale del mezcal. Semmai, il verme vive all’interno dell’agave, ed é una larva di lepidottero (gusano blanco o gusano rojo) che in Messico viene abitualmente mangiata, fritta con sale e peperoncino, anche perché tradizionalmente la si crede afrodisiaco.
Insomma, la bevanda del popolo dai sapori primari ha ormai fatto breccia nello stomaco del grande pubblico internazionale. Da “miscela maledetta per poveri diavoli”, da elisir dei disgraziati, che si somministrava pure agli scomunicati, é diventata bevanda di culto, esposta nelle migliori vetrine di ristoranti e liquorerie d’Europa. Da qualche anno ha infatti iniziato ad arroventare i cocktail di baristi estrosi di mezzo mondo e non intende fermarsi. Ció nonostante siamo sicuri che, mentre per sempre piú persone assumerá un ruolo chiave all’interno della cultura millenaria messicana, per i messicani continuerá ad essere la “bevanda degli Dei”, per l’orgoglio di Oaxaca e della regione della Mixteca, rimedio per i mali del corpo dell’anima. E come dice il proverbio: “Dolce mezcal, triste tormento, cosa ci fai fuori? Vieni dentro!”.
Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.