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Messico, cronache dal Muro (e oltre)
Popoli minacciati
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VIMEX è un'associazione senza fini di lucro nata a Città del Messico nel 1985; insieme a vari partner europei e latino americani, ha avviato un progetto dal titolo “BROADER” per lavorare sulle migrazioni. Il primo incontro tra partner ha avuto luogo a Trento grazie al lavoro dell'associazione InCo. Abbiamo intervistato Vidal Flores Giron, presidente dell'associazione.
Come nasce VIMEX?
Dal terremoto del 1985: 8,1 gradi ed una durata di 2 minuti. Sono stati momenti molto difficili per tutti, mi ricordo che non capivamo cosa fosse successo. Siamo rimasti un mese senza acqua né elettricità. Io seguivo un corso di tedesco all'università, con i generatori. Dopo tedesco andavamo tutti insieme ad aiutare, toglievamo i detriti con le nostre mani. C'era molto lavoro per tutti. Così abbiamo iniziato a pensare che sarebbe stato utile creare un'associazione, all'epoca quasi non ne esistevamo per cui non sapevamo neanche bene di cosa stessimo parlando. Grazie al professore di tedesco siamo entrati in contatto con una realtà della Germania con cui abbiamo creato dei campi di volontariato. Il governo tedesco mandava gruppi di volontari per aiutarci nella ricostruzione; noi ci occupavamo di trovare loro vitto e alloggio. Poi abbiamo iniziato ad operare anche in altri ambiti.
Come in questo progetto.
Esattamente. Una persona italiana verrà a fare volontariato a Città del Messico: ci aiuterà nel lavoro di ufficio, quindi nella gestione dei campi di volontariato e nella comunicazione. Oltre a questo presterà servizio anche in un'associazione per i diritti umani che si occupa di migranti.
Cosa sta succedendo alla frontiera con gli Stati Uniti?
A Tijuana c'è una parete che divide Stati Uniti e Messico. Calcola che per andare da Tijuana a San Diego ci si metterà mezz'ora-un'ora di macchina, parte a parte. Si tratta di grandi placche di metallo utilizzate da Bush padre durante la guerra in Iraq. Terminata la guerra, a qualcuno è venuto in mente di usarle come muro. È un qualcosa di molto aggressivo: siamo vicini, ed i vicini devono rispettarsi a vicenda - cosa che gli Stati Uniti non hanno mai fatto. E poi ci sono famiglie che da anni vivono e lavorano là, che hanno una qualità di vita e delle prospettive di carriera anche elevate. Quando ascoltiamo Trump che parla con odio tremendo contro i messicani, lui non pesa le parole: dice che risolverà i problemi di droga, punirà gli assassini ed i criminali, li manderà via tutti...e parla sempre di messicani, mai di statunitensi.
In Messico cosa ne pensate del muro?
A me viene da dire: va bene, costruiamolo. Forse eviteremo che gli Stati Uniti ci invadano con le loro armi, che entrano in Messico in totale libertà per via delle collusioni tra agenti di dogana statunitensi e messicani con i venditori di armi. Non si tratta di semplici pistole, parliamo di armi da guerra. Possono anche fare finta di niente, ma noi messicani ci rendiamo conto di quello che succede. Per cui va bene, mettiamo un muro, forse così non riceveremo più tutte quelle armi e non venderemo più droga ai “poveri” statunitensi – che poi ne sono tra i primi consumatori a livello mondiale.
Quindi, a mo' di provocazione, sei d'accordo con il muro.
Noi diciamo: se vuoi costruire il muro, costruiscilo. Ma chiaro, a condizione che tutti gli stati come California, Nuovo Messico, ed Arizona – siano messicani. Certo tu, nella tua storia, hai detto al mondo che erano statunitensi perché in passato hai imbrogliato il governo messicano: ma questo non significa che siano tuoi territori. Quindi se vuoi mettere un muro, allora questo va costruito tenendo conto dei confini autentici, non di quelli creati con l'imbroglio. E poi possiamo anche dire: signor Trump, vattene dal continente americano. Perché questo non è il tuo continente, perché tutti voi siete arrivati da altri paesi europei con armi che non si conoscevano ed avete assassinato tutte le popolazioni che sono le vere padrone di queste terre. Come sempre, siete arrivati ad un territorio a rubare ed uccidere. Per cui sono d'accordo con Trump: l'America agli americani. Gli indiani Sioux sono americani; i messicani sono americani, così come i centro americani ed i sud americani, e le isole caraibiche. Noi siamo i veri americani, voi siete solo arrivati a rubare.
A parte il muro, cosa succede a Tijuana?
Ci sono molte persone bloccate alla frontiera, tante da Haiti. Questo perché molti haitiani erano andati in Brasile a lavorare; poi si è avuta un'apertura negli Stati Uniti, e gli haitiani potevano entrare nel paese con una sorta di “permesso umanitario”. Ci si metteva circa un mese ad averlo. Così molti haitiani che erano in Brasile ed erano riusciti a mettere da parte dei soldi sono venuti in Messico, nella speranza di passare la frontiera. Ma da quando è arrivato Trump tutto si è bloccato: da un mese si è passati a tre mesi per il permesso, e poi lo hanno direttamente tolto, e le persone sono rimaste bloccate.
Come arrivano alla frontiera?
La maggior parte con un treno merci che chiamiamo “La Bestia”; le persone salgono e si sistemano sul tetto [ne abbiamo già parlato su Unimondo, ndr]. Nel cammino ci sono gli agenti migratori che sono collusi con le mafie: derubano i migranti, li uccidono. Le donne spesso vengono violentate, oppure rapite per essere vendute nel commercio sessuale. In parallelo c'è un lato molto bello: i migranti vengono aiutati da un'organizzazione di donne, “Las Patronas”. Queste signore con i loro mezzi preparano borse di plastiche con cibo, ed ogni volta che passa il treno le tirano ai migranti.
Come passano la frontiera, se la passano?
Ci sono i “polleros”, persone che si incaricano dell'attraversamento. Per passare bisogna pagare 5-8.000 dollari – probabilmente i risparmi di tutta una vita per queste persone – poi li abbandonano e spesso arrivano gli agenti migratori: li arrestano e li rimandano in Messico. C'è una zona, chiamata “La Rumorosa”: è un'area pianeggiante dove non c'è nulla, ed è impossibile nascondersi agli agenti migratori, che oggi possono usare anche i droni oltre ai cani. In quella zona, se la attraversi in macchina dal lato messicano, puoi vedere le persone che vengono fermate dall'altra parte. È bruttissimo.
A Tijuana presteranno servizio una persona dall'Austria, ed una dalla Slovacchia.
Sì, a Tijuana ed in tutta la frontiera ci sono molte organizzazioni, per la maggior parte cattoliche, che lavorano con i migranti. Il progetto “Padre Chava” distribuisce tutti i giorni in media 120 colazioni, pranzi, ed a volte cene. Oltre a questo riescono a dare anche alloggio a circa 80-90 persone, per 3 giorni. Poi però se ne devono andare e trovare un'altra sistemazione. È tutto molto complesso; è importante che i volontari lo vedano con i propri occhi, e che poi tornino in Europa e ne parlino. Forse come governo possiamo dire di non volere migranti sul nostro territorio, ma non possiamo ucciderli o torturarli. Dobbiamo fare qualcosa.
Novella Benedetti

Giornalista pubblicista; appassionata di lingue e linguistica; attualmente dottoranda in traduzione, genere, e studi culturali presso UVic-UCC. Lavora come consulente linguistica collaborando con varie realtà del pubblico e del privato (corsi classici, percorsi di coaching linguistico, valutazioni di livello) e nel tempo libero ha creato Yoga Hub Trento – una piattaforma che riunisce varie professionalità legate al benessere personale. È insegnante certificata di yoga.