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Lungo le acque avvelenate del fiume Niger
Popoli minacciati
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Foto: Lucia Michelini ®
È venerdì pomeriggio e in Mali, in questo momento della giornata, le attività rallentano, gli uffici chiudono e gli uomini con i loro lunghi bazin colorati si recano nelle moschee per la ṣalāt al-ʿaṣr, la terza preghiera islamica.
Finite le orazioni, Mamadou Ballo, specialista in scienze ambientali e cambiamenti climatici presso la Direzione Nazionale delle Acque e delle Foreste di Bamako, accetta di scambiare due parole sullo stato di salute del fiume Niger, il corso d’acqua più importante di tutta l’Africa Occidentale.
“Il riscaldamento globale in Mali è una realtà e si manifesta sulle nostre risorse naturali, l’acqua in primis”, inizia a raccontare Ballo. “I suoi effetti si ripercuotono sul cosiddetto cadre de vie humain - l’ambiente di vita umano - che da noi consiste in agricoltura, allevamento e pesca”.
Nel contesto saheliano le piogge stanno diventando sempre più irregolari e questo impatta sulla disponibilità di acqua dolce e, quindi, sui bisogni della popolazione. Inoltre, con l’innalzamento della temperatura registrato in Africa negli ultimi decenni (“State of the Climate in Africa”, World Meteorological Organization, 2020), si intensifica anche il fenomeno dell'evapotraspirazione, cioè la perdita di acqua dovuta all’assorbimento radicale e alla normale evaporazione dal suolo. Lo stress idrico che ne deriva mette in ginocchio l’agricoltura e fa diminuire la copertura vegetale, rendendo i terreni ancora più esposti all’erosione dei venti e quindi meno coltivabili.
“In Mali, la riserva idrica principale è rappresentata dal Niger, lungo fiume che bagna, oltre che Bamako, anche Ségou, Mopti, Timbuktu e Gao, alcune delle città più importanti del paese. Purtroppo, la qualità e la quantità delle sue acque stanno peggiorando, anno dopo anno, per una moltitudine di cause”, spiega Mamadou Ballo.
“Le rive del Djoliba - come viene chiamato il fiume Niger in lingua bambara - sono abitate dai pescatori di etnia bozo da anni”, spiega l’esperto. “Fino a poco tempo fa questo gruppo comunitario viveva di pesca, ma al giorno d’oggi le risorse ittiche sono sempre più scarse”.
La pesca artigianale è particolarmente sviluppata nei paesi del terzo mondo e, nonostante il suo carattere informale, continua a rappresentare un'attività economica ancora molto importante. Ma a Bamako si costruisce ovunque e con particolare alacrità in prossimità delle rive, per il panorama unico offerto dalla vicinanza del Niger. “Quando gli argini del fiume erano meno costruiti, il pesce era molto più abbondante poiché si creavano delle zone protette che consentivano la deposizione delle uova. Per la riproduzione servono spazi idonei, calmi e riparati”, spiega Mamadou Ballo.
Seguendo con lo sguardo il flusso del corso d'acqua, ci si accorge velocemente che ambasciate e alberghi di lusso si trovano in prevalenza a ridosso del fiume. I pochi spazi che ancora non sono cementificati, vengono invece sfruttati dai contadini della città. Dalla fine della stagione delle piogge a quella successiva, l’abbassamento naturale del livello del grande corso d’acqua è percepibile ad occhio nudo: sulle sponde compaiono numerosi terrazzamenti in argilla, minuziosamente modellati per consentire la messa a dimora di piantine di insalata e altri ortaggi a ciclo breve, e il profilo del fiume si colora un po’ alla volta di un verde tenue.
Diversamente dalle capitali occidentali, in Mali l’agricoltura urbana rappresenta per molti una fonte essenziale di reddito, oltre che di cibo, cosa non trascurabile se si pensa che la popolazione di Bamako è in costante aumento per gli alti tassi di natalità ma anche per il continuo arrivo di sfollati provenienti dalle vicine zone di conflitto.
Se oggi si coltiva nella capitale del Mali, è solamente grazie alla presenza del fiume Niger che permette un'irrigazione frequente, indispensabile viste le torride temperature saheliane, e alle sue rive accessibili. Ma cosa succede quando si coltivano i versanti? I detriti minerali smossi dalla lavorazione del suolo entrano in acqua, che si inquina e diventa torbida, e il letto del fiume si appiattisce, aumentando così la velocità di scorrimento e la perdita della preziosa risorsa idrica.
Il deterioramento della qualità dell’acqua e la diminuzione delle risorse ittiche stanno facendo sì che molti pescatori bozo si debbano convertire ad altri mestieri che a loro volta, come una sorta di maledizione che si ripete a ciclo continuo, contribuiscono all’ulteriore degrado del fiume. Chi si dedica alla tintura di tessuti, chi all’estrazione di sabbia (fondamentale per i numerosi cantieri edili) o di minerali rari, come l’oro. Tutte attività praticate a contatto con le acque del Niger ma senza i mezzi opportuni per tutelare sé stessi e l’ecosistema fluviale.
La strategia di diversificare le fonti di reddito è obbligatoria per compensare i rischi insiti nella pesca e in considerazione della situazione generale di grande povertà. “C'est en forgeant qu’on devient forgeron - è solo forgiando che si diventa fabbro”, recita l’esperto citando un proverbio locale, per affermare che se un mestiere non lo si conosce lo si può comunque apprendere con la pratica. Ed è quanto stanno facendo i giovani bozo della capitale, mettendo da parte gli atavici saperi acquisiti fin da piccoli, per cimentarsi in nuovi lavori e stili di vita.
“Ma soeur - sorella mia - qua in Mali la popolazione cresce e il livello dell’acqua cala”, dice congedandosi Mamadou Ballo. “Quella che rimane è preziosa e non ha frontiere. Una volta compromessa, sarà compromessa per tutti”.
Lucia Michelini

Sono Lucia Michelini, ecologa, residente fra l'Italia e il Senegal. Mi occupo soprattutto di cambiamenti climatici, agricoltura rigenerativa e diritti umani. Sono convinta che la via per un mondo più giusto e sano non possa che passare attraverso la tutela del nostro ambiente e la promozione della cultura. Per questo cerco di documentarmi e documentare, condividendo quanto vedo e imparo con penna e macchina fotografica. Ah sì, non mangio animali da tredici anni e questo mi ha permesso di attenuare molto il mio impatto ambientale e di risparmiare parecchie vite.