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Libano: sull'orlo della crisi
Popoli minacciati
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Il Libano è sull'orlo della crisi. Negli ultimi giorni la situazione è andata complicandosi. Hezbollah, il “partito di Allah”, vuole controllare il Paese dei cedri. Lo spettro di una nuova Guerra civile, tutta interna alla causa libanese, si fa sempre più attuale. Con le conseguenti ripercussioni che questa avrebbe su tutta la regione.
Il casus belli, questa volta, potrebbe essere la condanna emessa dal Tribunale Internazionale dell’Aja per l’assassinio dell’ex premier Rafi al-Hariri. Era il 14 febbraio 2005 quando davanti all’Hotel St. George di Beirut l’auto su cui l’ex primo ministro viaggiava esplodeva e lasciava sull’asfalto 21 persone al seguito.
Cinque anni di accuse, ipotesi. Ma finora nessun colpevole. Siria, Iran, Israele. Ma anche gli uomini di quel partito, Hezbollah, che molti osservatori internazionali definiscono uno “Stato nello Stato”.
Nel Maggio 2009 da fonti non ufficiali trapela la notizia che il TSL, il Tribunale Speciale per il Libano, istituito per giudicare i responsabili della morte di Hariri, sia pronto ad incriminare Hezbollah per la strage. Le voci si rincorrono. Fino ad oggi, quando pare oramai certo il verdetto. Il dito, salvo clamorose svolte, verrà puntato verso Hezbollah. Quando? Forse già il 10 dicembre sarà reso pubblico il rapporto che potrebbe far cambiare gli equilibri mediorientali.
Il quotidiano Al-Akhbar, vicino al partito guidato da Hassan Nasrallah, conferma le paure della comunità internazionale: il partito islamista, fa capire, è pronto a conquistare Beirut. Racconta, da fonti ben informate, che nei mesi scorsi sono state eseguite simulazioni militari di conquista, sia elettroniche che sul territorio. E la simulazione potrebbe trasformarsi in realtà non appena l’Aja comunicherà il verdetto.
Una fotocopia di quello che successe nel 2008, quando i guerriglieri di Hezbollah, Ak47 e Corano alla mano, conquistarono la parte occidentale della capitale, a maggioranza sunnita.
E con la prospettiva di questo scenario che il “Partito di Dio” torna a far tremare gli equilibri libanesi e non. Forti dell’appoggio iraniano e di quello di gruppi sciiti minori libanesi, i seguaci di Hassan Nasrallah sono pronti a prendere il controllo delle frontiere marittime, terrestri e aeree.
Una situazione inaccettabile per i vicini. A partire da Israele, che da giorni è in stato di allerta. Le esercitazioni militari di Teshal per prevenire una avanzata di Hezbollah in territorio israeliano sono iniziate. Nei giorni scorsi il presidente Benjamin Netanyahu ha convocato il consiglio di difesa sull’argomento. Il capo di stato maggiore israeliano Gabi Ashkenazi, del resto, l’aveva detto tempo fa: “Esiste una minaccia potenziale che gli Hezbollah tentino di completare il loro controllo sul Libano, così come fece Hamas a Gaza nel giugno 2007”.
Uno scenario catastrofico per tutti. Per il Libano, in primis, che negli ultimi anni, sotto la guida del figlio di Rafi al-Hariri, Saad, era riuscito timidamente ad affacciarsi sugli scenari occidentali. Per l’Unifil, la missione Onu creata dopo il cessate il fuoco della Guerra con Israele nel 2006. Una missione che aveva come obiettivo quello di disarmare Hezbollah. Ma che non lo ha fatto. Ha pattugliato le strade del Sud per 4 anni senza riuscire a fermare il rifornimento di armi di Hezbollah. Ma soprattutto la popolazione civile, che in questi 4 anni di relative tranquillità aveva ricominciato la sua vita, pensando a un future di pace. E la stabilità del Medio Oriente che subirebbe una nuova ondata di violenza.
Hezbollah, che oggi possiede missili Fateh-110, M-600 e Scud D, ed è in grado di colpire obiettivi lontani trecento chilometri, lancia una nuova sfida all’Occidente.
Il premier libanese Saad Harir, figlio del premier assassinato ha già fatto sapere che offrirà “il Massimo rispetto ai risultati dell’inchiesta Onu” e da mesi viaggia per il Medio Oriente in colloqui private con i leader di altre nazioni per scongiurare una guerra civile. Ha incontrato il Re saudita Abdullah, incassando l’appoggio del suo Paese e cerca un accordo con Bashar al Assad, primo ministro siriano. Proprio a lui sono giunte le scuse dello stesso Hariri, che ha definito le accuse alla Siria di aver ucciso suo padre un errore.
Il premier Turco Erdogan, alla ricerca di un ruolo sempre maggiore in Medio Oriente, nei giorni scorsi ha compiuto un viaggio in Libano. Obiettivo: “scongiurare una sanguinosa Guerra civile”. Chissà se servirà.
Andrea Bernardi inviato di Unimondo