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I parametri vitali della Terra non sono nella norma
Popoli minacciati
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Foto: Louis Maniquet da Unsplash.com
Temperatura corporea. Pressione arteriosa. Frequenza cardiaca. Frequenza respiratoria. Per gli uomini sono questi i parametri vitali principali, ai quali si aggiungono, come ulteriori elementi di valutazione che dipendono dal contesto e dalle aree cliniche, il dolore, la saturazione dell’ossigeno, lo stato di coscienza, il colore della cute, l’indice di massa corporea e il peso. Ma cosa sono e a cosa servono? Sono segni, che esprimono le condizioni generali della persona e lo stato delle funzioni vitali, permettendone l’interpretazione delle funzionalità. Insomma, consentono di stabilire lo stato di salute e benessere, la presenza di problemi o anomalie o bisogni specifici e monitorare le condizioni, anche in risposta a interventi di terapia.
E per il Pianeta? Quali sono i parametri vitali? E cosa ci dicono del suo stato di salute? Ehm… Ci dicono che sono i peggiori nella storia dell’umanità e che la vita sul Pianeta è in grave pericolo.
Prima di farci prendere dalla disperazione (che sarebbe comunque lecita), proviamo a fare un passo indietro e andiamo allo studio che ha portato a galla questi dati, che restano pur sempre spaventosi e che se non proprio in condizioni di panico, dovrebbero in ogni caso metterci in massima allerta. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica BioScience e condotta da un team interfacoltà tra Università dell’Oregon (USA) e Università di Exeter (UK), è una versione aggiornata – in senso purtroppo peggiorativo – di un report che già nel 2019 segnalava un grave pericolo. Dalla versione più recente emerge come 20 su 35 dei segni vitali presi in considerazione a livello planetario siano all’estremità del proprio range di misurazione, dall’effetto serra causato dalle emissioni di gas alle temperature globali, dall’innalzamento del livello dei mari ai numeri che riguardano la popolazione umana e animale. Molti di questi record negativi sono stati registrati proprio nel 2023, incluso l’aumento della temperatura globale dell’aria, degli oceani e della superficie terrestre, quest’ultima segnalata come la più calda degli ultimi 100.000 anni.
I ricercatori hanno com’è immaginabile evidenziato l’urgenza di una transizione a un’economia globale che abbia come priorità il benessere dell’umanità intera, riducendo il consumo esagerato, eccessivo e immotivato della quota più ricca della popolazione, considerato che, nel 2019, solo il 10% dei soggetti inquinanti è stato responsabile di quasi il 50% delle emissioni totali. Nel 2100, dai 3 ai 6 miliardi di persone potrebbero trovarsi fuori dalle regioni dove la Terra resta vivibile, esclusi da quelle “nicchie climatiche” che ancora permetteranno la sopravvivenza.
Sono problemi enormi, che necessitano di soluzioni complesse e diffuse, globali. Occorre aggiustare la prospettiva sull’emergenza climatica dall’essere un problema ambientale circoscritto all’essere invece una questione sistemica e una minaccia esistenziale a livello planetario, con migliaia di variabili interconnesse che comportano anche, per esempio, il considerare in maniera più approfondita lo sviluppo di politiche di genere e di educazione alimentare.
Lo scopo della ricerca scientifica è, in generale, quello di raccogliere e comunicare dati e dedurne raccomandazioni per le politiche internazionali. È un dovere morale quello di allertare le persone della potenziale minaccia esistenziale a cui vanno incontro e al contempo di mettere in guardia le istituzioni perché agiscano rapidamente e concretamente. Per anni gli scienziati lo hanno fatto, dichiarando a gran voce che le attività umane stanno mettendo il Pianeta in una condizione di gravissima e irreversibile instabilità. E le parole di Christopher Wolf, uno degli autori della ricerca, sono drastiche e non lasciano spazio a ulteriori dubbi: “Senza azioni che si focalizzino alla radice del problema, e cioè quello di un’umanità che sta prendendo dalla terra molto più di quanto possa sostenibilmente dare, siamo sulla strada di un collasso potenziale della natura e dei sistemi socioeconomici, verso un mondo piegato da un calore insopportabile e da scarsità di cibo e acqua potabile.”
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.