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Guatemala: pensione ai paramilitari sotto accusa
Popoli minacciati
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Il presidente del Guatemala Oscar Berger ha apposto la sua firma alla legge che prevede il pagamento di un indennizzo per il "servizio prestato alla patria" dagli ex-combattenti delle Pac - Pattuglie di autodifesa civile - attive durante il conflitto interno (1960-'96). Nonostante un pronunciamento contrario della Corte costituzionale e le proteste dei familiari delle vittime della guerra civile e delle organizzazioni a difesa dei diritti umani la nuova normativa sarà pubblicata nella gazzetta ufficiale della Repubblica del Guatemala. Non è ancora chiaro con esattezza il numero effettivo degli ex-paramilitari che avranno diritto all'indennizzo ma è probabile che si arrivi fino a un milione di beneficiari. Durante le ultime elezioni del dicembre 2003 alcuni gruppi di paramilitari si sono resi responsabili di alcuni atti criminali per assicurarsi la vittoria di Berger e del Frente Repubblicano Guatemalteco (FRG) che aveva promesso la seconda parte della "pensione" promessa dal governo di Portillo. Smantellate a seguito degli accordi di pace del 1996, le Pac affiancarono l'esercito regolare nella lotta alla guerriglia perpetrando alcuni dei più efferati massacri contro la popolazione indigena Maya, tra cui le stragi compiute nel 1982 a Tululché (circa 180 chilometri da Città del Guatemala, dipartimento di Quiché), per le quali nel 2000 venne confermata la condanna a 220 anni di carcere all'ex-comandante 'para' Candido Noriega Estrada.
Il governo Berger ha rotto la tregua che era prevista fino all'8 settembre con le organizzazioni indigene e contadine. Lo scorso 31 agosto 800 poliziotti hanno fatto irruzione nella 'finca Nueva Linda', dipartimento di Rethauleu per sgomberare i contadini che da un anno stavano occupando per protestare contro la sparizione di uno degli amministratori e per chiedere una nuova Riforma Agraria. Con gli occupanti hanno solidarizzato altre venti comunità della zona, circa 1800 contadini si sono riuniti per affrontare la polizia in tenuta antisommossa. Tra di loro alcuni erano armati ed é iniziato il conflitto a fuoco. Alla fine del tragico scontro il risultato é stato la morte di 6 contadini e tre poliziotti, lo sgombero della finca e la distruzione delle case, date alle fiamme con gli averi dei loro abitanti.
La stessa Polizia Nazionale ha lamentato il fatto di essere inviata allo sbaraglio ad affrontare la stessa popolazione civile che dovrebbe invece difendere. Per la prima volta la Polizia Nazionale reagisce alle direttive del governo e minaccia uno sciopero di un giorno se non avrà' ulteriori garanzie sul lavoro da svolgere in merito alla questione agraria. Il procuratore per i Diritti Umani ha denunciato le forze di polizia per omicidio, aggressione, abuso di potere e lesioni, oltre che di esecuzione extragiudiziale di almeno un contadino, giustiziato a freddo dagli stessi poliziotti. La Chiesa Cattolica, per voce dell'Arcivescovo Quezada Toru㱀o esprime il pieno appoggio alle investigazioni e alle denunce della Procura per i Diritti umani, ribadendo la mal gestione dello sgombero effettuato dalle forze armate e la volontà di indagare sull'esistenza di fosse comuni e sulla sorte di 6 persone tra i contadini che risultano tuttora scomparse.
Lo scorso 9 luglio il Tribunale di Cobàn, nel Dipartimento di Alta Verapaz, ha emesso una sentenza storica contro alcuni dei militari responsabili del massacro commesso più di 8 anni fa nella comunità di Xamàn il 5 ottobre del 1995. In questa data una pattuglia militare equipaggiata con armi di guerra è penetrata illegalmente nei territori della comunità, che stava celebrando il primo anniversario della sua presenza in quel territorio dopo aver passato molti anni come rifugiati in Messico. Di fronte alla protesta della gente, per la maggior parte donne e bambini, l'ufficiale al comando della pattuglia ha dato l'ordine di sparare e i soldati hanno aperto il fuoco con il terribile risulatato di 11 morti e 28 feriti. Secondo il Rapporto della Commissione per la Chiarezza, il massacro di Xamàn è stato l'ultimo di 626 massacri collettivi commessi all'interno del genocidio effettuato in Guatemala. In rappresentanza della vittime, la fondazione del premio nobel Rigoberta Menchù si è costituita parte civile ottenendo che questo delitto contro l'umanità non rimanesse nell'impunità. Dei 626 massacri effettuati in Guatemala tra il 1978 e il 1995, il caso di Xamàn è l'unico in cui ci sono state delle condanne. Un risarcimento morale minimo per le comunità indigene del Guatemala, a cui apparteneva il 87% delle 200 mila vittime del genocidio.[AT]
Altre fonti: Fondazione Rigoberta Menchu Tum, Equilibri