Ecuador: indigeni verso il 'levantamiento', governo verso il Tlc

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Si riaccende il dibattito sulla firma del Trattato di libero commercio andino (TLC) in Ecuador. In assemblea straordinaria, si sono riunite oggi 250 dirigenti della CONAIE, la principale confederazione di organizzazioni indigene del Paese, per discutere sull'opportunità o meno di riprendere le proteste che di recente e per due settimane, hanno paralizzato, da nord a sud, l'Ecuador andino - riporta Tancredi Tarantino di Selvas.org. Le popolazioni indigene chiedono che venga convocata una Assemblea Costituente, che possa rifondare uno Stato disgregato da anni di instabilità politica, preannunciando una sollevazione popolare, un levantamiento, che non avrebbe di mira soltanto le negoziazioni per il libero commercio ma lo stesso presidente Alfredo Palacio, accusato di avere tradito le aspettative di quel movimento dei forajidos che nell'aprile dello scorso anno lo aveva portato al potere dopo aver costretto alla fuga l'ex colonnello Lucio Gutierrez.

Da parte sua, il presidente Palacio si è riunito ieri con i vertici delle Forze Armate per prendere le contromisure che, secondo quanto denunciato da El Commercio, il più autorevole quotidiano del piccolo Paese andino, potrebbero prevedere anche l'intervento dell'esercito per impedire lo svolgimento dell'assemblea straordinaria della CONAIE. Per tale ragione, i vertici della confederazione indigena mantengono un certo riserbo sul luogo in cui realizzeranno l'incontro.

Già ieri, Humberto Cholango, leader di Ecuarunari, organizzazione che raggruppa le popolazioni autoctone delle Ande ecuadoriane, aveva denunciato l'intervento dei militari in due assemblee indigene nel sud della capitale, Quito. "È la dimostrazione che viviamo in un regime dittatoriale", ha commentato Cholango.

Il divieto di associazione è imposto al momento in cinque province del Paese, dichiarate "in stato di emergenza" dal Presidente Palacio, con la conseguente limitazione dei diritti civili e maggiori poteri attribuiti alle Forze Armate, nonostante la situazione sia in questi giorni di relativa tranquillità. "Un Paese democratico non può essere governato con misure di emergenza e coprifuoco", ha aggiunto Cholango, che ha chiesto a Palacio l'interruzione dello stato di emergenza. "Non cerchiamo uno scontro con il Governo ma, per impedire che il TLC venga firmato da senza che i cittadini vengano consultati - ha intimato Cholango - siamo disposti a tutto, perfino alla sollevazione popolare".

Humberto Cholango dell'Ecuarunari sottolinea che "i popoli indigeni hanno identificato nel trattato di libero commercio la grande minaccia per la nostra sopravvivenza perché consegna le risorse naturali, il petrolio, l'acqua, la biodiversità, le piante dei territori indigeni nelle mani degli interessi delle multinazionali che provocano la distruzione della nostra agricoltura e il disconoscimento dei Diritti Collettivi. Per questi motivi abbiamo deciso di promuovere la mobilitazione nazionale a partire dal 13 marzo e abbiamo paralizzato il paese ed è un segno del buon esito della protesta" - riporta in un dettagliato articolo Cristiano Morsolin di Selvas.org.

Intanto a Washington, da una settimana, sono in corso le negoziazioni che dovrebbero portare alla firma del Trattato commerciale già siglato in precedenza da Colombia e Perù. Un trattato che ha nel settore agricolo e nella proprietà intellettuale i due nodi ancora da sciogliere. Da una parte, gli Stati Uniti mirano all'esportazione di grandi quantità di riso e latte in polvere, dall'altra le mobilitazioni indigene fanno pressione sui negoziatori ecuadoriani, nel tentativo di tutelare dal rischio brevetti le risorse naturali ed il patrimonio genetico di una delle regioni più biodiverse al mondo - conclude Tancredi Tarantino.

Dal 13 marzo intere comunità di popoli indios, provenienti da tutte le province del piccolo Paese andino, hanno raggiunto la capitale Quito per opporsi alla imminente firma del Trattato di libero commercio andino (TLC) con gli Stati Uniti. L'accordo attraverso la liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, "intende sottoporre al controllo di altri le nostre risorse naturali e la nostra stessa sovranità territoriale e politica" - afferma Luis Macas, leader della Conaie. [GB]

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