Ecuador: arrestato dirigente indigeno, continua la marcia

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Pedro de la Cruz, dirigente indigeno tra i più rappresentativi dell'Ecuador e presidente della Federazione di Organizzazioni Contadine Indigene e Nere (Fenoncin), è stato arrestato ieri mattina nel corso di una marcia "per la sovranità e contro il trattato di libero commercio" che avrebbe dovuto portare una delegazione di circa trecento indigeni da Loja, città andina al confine con il Perù, fino alla capitale Quito. De la Cruz, contattato telefonicamente da un quotidiano locale, ha denunciato di essere stato arrestato insieme al presidente della Federazione dei contadini di Loja, Wilson Villalta. "Non mi hanno dato alcuna spiegazione, è un atto arbitrario", ha dichiarato il leader indigeno mentre veniva trasferito a Cuenca dai militari ecuadoriani che lo accusano di aver violato il divieto di manifestare, imposto dallo stato di emergenza in vigore da due settimane in cinque regioni del piccolo Paese andino.

Uno stato di emergenza voluto dal presidente Alfredo Palacio per far fronte alle proteste contro l'accordo commerciale andino (TLC) che l'Ecuador si appresta a firmare, a Washington, con gli Stati Uniti e che, secondo le organizzazioni indigene, mette in serio pericolo i piccoli produttori, i contadini, gli allevatori e le risorse naturali del Paese. De la Cruz, poche ore prima del suo arresto, aveva tentato di rassicurare le forze dell'ordine sottolineando il carattere pacifico e simbolico della marcia. Ma, fin dai primi chilometri, gli stessi dirigenti della Fenoncin si erano accorti che l'atteggiamento dei militari era piuttosto provocatorio. "La marcia che avanza verso Quito - raccontava in diretta il leader indigeno Victor Morocho - sta subendo le provocazioni costanti dell'esercito che vuole impedire questa espressione popolare", mentre De la Cruz esortava il Governo a "rispettare il diritto alla libera espressione" e chiedeva l'intervento delle organizzazioni internazionali e di difesa dei diritti umani "affinché denuncino che in Ecuador si combatte contro i contadini, gli indigeni ed i neri che in modo pacifico difendono la sovranità nazionale".

Un arresto che sembrava essere nell'aria anche in considerazione delle dichiarazioni rilasciate il giorno prima da Jorge Guaman, deputato del partito indigeno ecuadoriano Pachakutik, che si era detto preoccupato per il rischio di una "campagna sporca condotta dal Governo per dividere il movimento indigeno ed oltraggiare i dirigenti". Le proteste sembravano essersi placate, dopo due settimane in cui le Ande centrali erano state paralizzate da migliaia di indigeni che avevano lasciato i villaggi e le loro attività di sussistenza per raggiungere la capitale e portare a conoscenza del Governo il loro disagio.

La marcia organizzata dalla Fenoncin, che continuerà verso Quito nonostante l'arresto del presidente De la Cruz, ha però riportato un clima di tensione sugli altipiani ecuadoriani. Soltanto venerdì scorso, i dirigenti della Conaie, la più rappresentativa confederazione indigena del Paese, riunitisi in assemblea straordinaria, avevano annunciato che la sollevazione popolare, il levantamiento che metterebbe a rischio la stessa presidenza della Repubblica, è sempre più imminente ma "il Governo ha ancora nelle sue mani la possibilità di non firmare in trattato di libero commercio ed indire un referendum consultivo" affinché siano gli ecuadoriani gli artefici del proprio destino.

di Tancredi Tarantino

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