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Colombia: negoziati di pace e massacri contro gli indigeni
Popoli minacciati
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"Oggi è un giorno memorabile per la pace nel Paese": con queste parole il capo dei paramilitari delle Auc (Autodifese unite della Colombia) Salvatore Mancuso ha salutato l'avvio del negoziato formale con il governo, avvenuto ieri nella "zona di ubicazione" istituita a Tierralta, nel comune di Santa Fe de Ralito (dipartimento nordoccidentale di Cordoba) - riporta la Misna. Secondo l'agenzia di stampa del mondo missionario, i paramilitari delle Auc hanno presentato la loro agenda dei colloqui che dovrebbero portare forse entro il dicembre 2005 (secondo altre fonti, non prima del 2006) al disarmo di 15.000-20.000 combattenti. Cinque i punti principali: diritti umani, diritto internazionale umanitario, ridefinizione e verifica del "cessate-il-fuoco" implementazione e applicazione di politiche integrali di 'sicurezza democratica' nelle regioni di influenza delle "autodifese contadine"; definizione, ubicazione e regolamentazione delle zone in cui si dovranno concentrare i 'paras' smobilitati; sradicamento e sostituzione delle coltivazioni illecite (coca e amapola, il papavero da oppio) nelle zone sotto controllo delle Auc; garanzie giuridiche, diritti civili e politici e certezza del reinserimento nella vita sociale per chi abbandonerà la lotta armata.
Nel suo intervento, Mancuso ha manifestato l'intenzione delle Auc di diventare partito politico: "Per eliminare ogni possibilità che conduca a una rinascita dell'opzione armata antisovversiva noi, come 'autodifese contadine', avanzeremo non verso la nostra scomparsa come organizzazione, bensì verso la trasformazione in un movimento politico di massa attraverso il quale la retroguardia sociale delle 'autodifese' possa costituirsi in un'alternativa democratica capace di difendere, custodire e proteggere gli interessi delle nostre comunità di fronte ai poteri dello Stato" - ha sentenziato Mancuso che ha succeduto Carlos Casta㱀, leader politico e fondatore delle Auc, scomparso in circostanze ancora misteriose ad aprile.
Ma non è ancora chiaro se il negoziato sarà in grado di porre fine ai massacri contro le popolazioni indigene. Nei giorni scorsi - riporta sempre la Misna - il senatore nativo Gerardo Jum㭀, ha chiesto che il governo esiga che i paramilitari fermino i sequestri e i massacri contro gli indigeni Wiwa e Wayuu per poter entrare realmente in una fase concreta dei negoziati di pace. Il senatore indigeno ha inoltre denunciato il silenzio dell'esecutivo di fronte alla strage di 50 indigeni Wiwas, la morte di 5 Wayuu, la sparizione di altri 30 e lo spostamento forzato di altre 500 persone. Crimini attribuiti dagli organismi di sicurezza agli uomini di Rodrigo Tovar Pupo, alias "Jorge 40", uno dei 10 leader dello "Stato maggiore negoziatore" delle Auc impegnati a Santa Fe de Ralito nei colloqui di pace con il governo di Bogotá.
La presenza dei guerriglieri delle Farc e dei paramilitari di Auc comporta costanti minacce, pressioni e intimidazioni anche delle comunità indigene che vivono lungo il fiume Opogad㳀. 570 persone della regione sono state costrette a fuggire e vivono ora presso le comunità nere di Boca de Opogad㳀 e Puerto Antioquia lungo il fiume Atrato. Presso le comunità nere di La Loma de Bojayá vivono anche 665 persone delle comunità indigene di Uni㳀n Cuiti e Hoja Blanca, costrette anch'esse a lasciare la propria terra e casa - riportava l'Associazione per i popoli minacciati lo scorso mese. Va ricordato che sul fronte dei gruppi guerriglieri marxisti delle Farc non vi è spazio per le trattative e la guerriglia prosegue, mentre vi sarebbero alcuni spiragli di dialogo con le Eln, l'Esercito di Liberazione Nazionale.
Il conflitto si fa sentire anche nelle comunità indigene della Colombia nord-occidentale dove una serie di suicidi di giovani appartenenti alle comunità Embera e Wounaan sta suscitando la preoccupazione nell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e nelle organizzazioni locali. L'UNHCR riporta che in poco più di un anno, 17 giovani tra i 12 e i 24 anni delle comunità si sono tolti la vita o hanno tentato di farlo. I ragazzi delle comunità native stanno "perdendo la voglia di vivere" a causa dell'impatto del conflitto in Colombia sulle loro comunità. Negli ultimi mesi, in tutta la Colombia migliaia di indigeni sono stati costretti ad abbandonare le proprie aree di origine a causa dei massacri e dei combattimenti tra gruppi armati irregolari. Inoltre molti leader delle comunità sono scomparsi, minacciati o uccisi. Secondo l'ONIC, l'Organizzazione nazionale delle comunità indigene colombiane, partner dell'UNHCR, tutti gli 80 gruppi indigeni del paese sono minacciati in qualche modo dal conflitto.
Ogni anno almeno 3500 persone sono vittime del conflitto che oppone i paramilitari delle Auc ai gruppi guerriglieri marxisti delle Farc e delle Eln. Le Auc presero vita negli anni '80 su iniziativa di ranchers locali per contrastare la guerriglia marxista, e durante questi anni si sono ripetutamente macchiati di feroci crimini verso la popolazione civile. "Il governo colombiano sta trattando con i peggiori criminali dell'emisfero occidentale" - commenta Roxanna Altholz del Center for Justice and International Law di Washington. "Questa gente non può vedersi garantita l'amnistia per i crimini che hanno commesso" - ha aggiunto la portavoce. Una denuncia ampiamente sostenuta da varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani che da tempo chiedono che il processo di pace non lasci impuniti i crimini contro l'umanità commessi dalle Auc. Attraverso il suo portavoce, anche il Segretario Generale dell'Onu Kofi Annan ha rinnovato la richiesta che la pace non sia raggiunta al prezzo dell'impunità. [GB]