Chiama l'Africa: una rete con l'Africa, rivedere la cooperazione

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Una rete permanente di collegamento delle relazioni tra donne africane ed europee, di interscambio e promozione, con reciprocità e pari dignità. E' questa la proposta emergente dal convegno internazionale "L'Africa in piedi con volto di donna", organizzato da Chiama l'Africa e Cipsi - coordinamento di 35 associazioni e Ong di solidarietà internazionale- tenutosi idal 23 al 25 aprile ad Ancona. Le numerose donne africane intervenute auspicano che le relazioni non finiscano col convegno e che questa esperienza continui tra donne africane e anche con le donne europee e le organizzazioni che hanno promosso questo incontro. "Dobbiamo puntare sulla relazione, sull'ascolto, sulla reciprocità, e andare alla radice delle cause strutturali dei problemi, che noi africane conosciamo bene e non vogliamo subire dagli occidentali" - hanno sottolineato le numerose donne africane intervenute.

Fatima Mahfoud del Popolo Sahrawi nel suo intervento al convegno ha ricordato la sofferenza del popolo Sahrawi che da 14 anni attende perchè si faccia il Referendum per la sua autodeterminazione. Dal 91 l'ONU è presente in Marocco perchè si possa fare il referendum, ma l'ostilità della Monarchia non lo consente. "Si pensi - ha detto la Mafoud - che il Marocco non riconsce alcun diritto di libertà ai Sahrawi e ha costruito un muro di 2500 km. Sono situazioni che vanno denunciate con forza e per tutti i Popoli.

Nompi Vilakazi del Sud Africa, sociologa, nel suo intervento al convegno ha presentato la situazione delle donne in Sud Africa. Nella sessione "Dire Donna in Africa" è intervenuta Matilde Muhindo Mwamini, della Repubblica Democrtica del Congo, deputata al Parlamento Congolese e membro della Sottocommissione per i Diritti Umani. Matilde si è dimessa dalla carica istituzionale per tornare a lavorare in mezzo alla gente, a Bukavu. "Non vogliamo più la manipolazione maschile, vogliamo rivestire cariche perché ne abbiamo le competenze. La donna deve convincere per la sua serietà e per le sue capacità. Una rivoluzione culturale è necessaria ma anche possibile a partire dall'educazione e dall'istruzione delle donne. Perdoniamo ma condanniamo i crimini" - ha sottolienato.

Alla tavola rotonda conclusiva, dedicata ad un incontro tra donne europee ed africane, hanno partecipato: Terezinha Da Silva (Mozambico), Odile Sankara (Burkina Faso), Matilde Muhindo Mwamini (RDC), Jane Muguku (Kenya), Fatima Mahfoud (popolo Saharawi), Hélène Inda (Camerun), Lisa Clark (Italia), Raffaella Chiodo (Italia). Le donne africane hanno evidenziato anche i propri valori: la festa, la comunità, l'uguaglianza, la giustizia e la solidarietà. L'Africa ha tanto da insegnarci.

E Guido Barbera, presidente del CIPSI, ha affrontato il tema della Cooperazione internazionale italiana che "come la conosciamo oggi non soddisfa i bisogni delle popolazioni locali dei paesi impoveriti". Barbera ha inolte protestato perché i fondi istituzionali del Ministero degli Esteri sono azzerati: "ma la questione è qualitativa" - ha sottolineato avanzando la proposta di "smettere come Ong di fare progetti per l'Africa" e di "mettere a disposizione le risorse che saranno gestite dalla società civile africana, in dialogo e confronto". E ha lanciato la pratica di partenariato paritario con la società civile africana per progetti culturali e politici e per affrontare le ingiustizie.

Eugenio Melandri, coordinatore di Chiama l'Africa, in conclusione ha sottolineato che al convegno "hanno parlato, come era previsto, soprattutto donne africane, con testimonianze, racconti di esperienze personali e con tutto il coraggio della loro meraviglia. L'Africa era un continente ricco, adesso è impoverito a causa degli europei. L'Africa ha una società civile che compie miracoli sociali, e le donne ne sono l'anima. E' un continente in movimento". Ma ha anche voluto ribadire che "il problema del mondo non è la povertà, ma la ricchezza" e che "va messo in questione il nostro modello di sviluppo". [GB]

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