Brasile: indios accampati a Brasilia chiedono le terre

Stampa

Indios delle popolazioni Tupiniquim e Guarani sono accampati da alcuni giorni a Brasilia davanti al Ministero della Giustizia per esigere dal governo brasiliano il riconoscimento di 11mila ettari di terre nello stato di Espirito Santo. "Siamo pronti a restare accampati qui fino a quando il Ministro ci riceverà. Il governo ha promesso di ufficializzare il documento l'anno scorso e non l'ha fatto ancora" - ha dichiarato il capo tribù Tupinikim Jaguaret㪀 denunciando la negligenza del governo nel processo di demarcazione delle terre occupate dall'azienda Aracruz Cellulose nella città di Aracruz e utilizzate per la piantagione di eucalipto.

Il gruppo, formato da 42 rappresentanti di sette diverse popolazioni, chiede maggior al governo di ufficializzare il documento che conferma la proprietà delle terre attualmente occupate dall'azienda di cellulosa. Il documento è stato redatto dalla Fondazione Nazionale dell'Indio (Funai) e riconosce la zona come indigena. Jaguateré garantisce che non se ne andranno finché il ministro della Giustizia Márcio Tomaz Bastos non li riceverà per un colloquio. La scadenza legale per il riconoscimento del documento era prevista a quattro mesi fa e il governo non ha ancora preso una decisione in merito.

Per il capo Toninho Guaranti del villaggio di Boa Vista, la questione adesso è soltanto politica visto che tutti gli argomenti sono già stati presentati. Guaranti chiede di poter consegnare al ministro Bastos i documenti che ribattono la versione della Aracruz Cellulose contraria al riconoscimento.

Alla fine dell'anno scorso il ministro ha affermato che la decisione della demarcazione delle terre sarebbe stata presa soltanto durante il secondo mandato del governo Lula. Secondo Bastos, il caso è assai complesso ed è ancora in fase di analisi presso la consulenza giuridica del Ministero.

L'azienda afferma che le terre in disputa non sono mai state occupate dagli indigeni e che i Tupiniquins di Aracruz non possiedono più i tratti della loro cultura tradizionale. La compagnia denuncia anche che gruppi di interessi starebbero cercando di reintrodurre nella zona popolazioni regionali già completamente integrate nella società, facendo assumere loro una nuova identità.

Sono circa duemila i Guaranis e Tupiniquins attualmente riconosciuti ad Aracruz. La compagnia ha cominciato ad accumulare terre nella regione a partire dagli anni '60 espellendo gli indios dalle loro terre e estinguendo decine di comunità. I villaggi indigeni ad Aracruz oggi assomigliano a paesini di periferia, con centinai di abitanti che vivono in piccoli nuclei. Se l'ufficializzazione avvenisse, gli 11mila ettari dovrebbero triplicare l'area attualmente demarcata ad Aracruz facendo rinascere antichi villaggi estinti, oltre che permettere agli indigeni di recuperare diversi aspetti culturali, economici e del modo di vita tradizionali.

Seguendo una richiesta del presidente Lula il ministro Bastos è stato nel febbraio del 2006 a Aracruz per un incontro con i rappresentanti delle due popolazioni, dopo che in un conflitto con la polizia diversi indios erano stati feriti. Nell'occasione, Bastos si è impegnato a concludere la regolarizzazione delle terre in favore degli indigeni entro la fine del 2006. Nello scorso dicembre per forzare il ministro a mantenere la promessa, Tupiniquins e Guaranis hanno occupato il Portocel - il più grosso porto di carico di cellulosa al mondo, di proprietà della compagnia - e hanno paralizzato le attività del terminal.

Gli indigeni hanno lasciato il porto dopo un accordo con la Funai dopo che l'Ente ha fissato un appuntamento fra gli indios e Bastos, pagando loro dieci biglietti aeri fino a Brasilia. Come d'accordo i capi tribù sono andati nella capitale, hanno aspettato tre giorni ma non sono stati ricevuti. "Siamo delusi dal ministro. Ci ha trattato come degli schiocchi" - ha dichiarato Vilmar de Oliveira, ex-presidente della Associazione Indigena Tupiniquim Guarani.

di Marco Aurelio Sambaqui Gamborgi

Ultime su questo tema

Basta guerra fredda!

30 Agosto 2025
Il recente vertice di Anchorage ha aperto spiragli per un futuro meno segnato da conflitti e contrapposizioni. (Alex Zanotelli e Laura Tussi)

Il lavoro delle Ong nel Mediterraneo, tra minacce e ostruzionismo

29 Agosto 2025
Dopo l’attacco alla Ocean Viking, abbiamo intervistato Sara, Protection officer a bordo della nave Humanity 1. (Maddalena D´Aquilio

Global Sumud Flotilla: resistere per esistere

29 Agosto 2025
Dal Mediterraneo a Gaza: la più grande flottiglia civile mai organizzata per denunciare il genocidio e portare solidarietà al popolo palestinese. (Articolo 21)

Un No al Ponte con ventiquattromila baci

27 Agosto 2025
Prima di sapere se il Ponte crollerà o non crollerà, per la gente del posto sarebbe prioritario comprendere se riuscirà ancora a vivere e a respirare. (Jacobin Italia)

Giornaliste a Gaza

26 Agosto 2025
Le donne giornaliste di Gaza: “Continuano il loro lavoro nonostante siano bersagli di attacchi israeliani, di carestia e di violenza”. (Monica Pelliccia)

Video

Rapporto di Msf: almeno 6700 Rohingya uccisi nel Myanmar in un mese