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America latina: povertà e investimenti, verso l'Unctad
Popoli minacciati
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Secondo il rapporto della Banca mondiale presentato durante il Forum delle Nazioni unite dedicato ai popoli indigeni, il livello di povertà delle popolazioni indigene latinomaericane è rimasto sotanzialmente immutato nel corso dell'ultimo decennio, salvo leggeri mutamenti in positivo per le zone urbane del Guatemala e della Bolivia. I parametri usati dallo studio sono: scolarizzazione, introiti pro capite, occupazione, accesso alla sanità. Gli indigeni, però, non sono convinti dei risultati dello studio e chiedono che gli organismi finanziari internazionali rivedano i criteri di misurazione della povertà e dello sviluppo sostenibile: "E' una visione del benessere concepita in base all'economia di mercato e al consumo. Il fatto che noi siamo esclusi da questi privilegi non significa che siamo poveri", ha detto Ester Camas, indigena Ixacavar del Costa Rica. Ha spiegato che per gli indigeni altri sono gli indicatori economici: l'accesso alla terra e alle risorse naturali, per esempio, o le scorte alimentari, che sono ben altra cosa dal "paniere familiare" basato sui prodotti di mercato.
Intanto la Cepal (Commissione economica per America Latina e Caraibi), ha segnalato che gli investimenti stranieri in America Latina e Caraibi sono diminuiti nel 2003 per il quarto anno consecutivo. Il rapporto annuale dell'agenzia Onu ha registrato un brusco calo del 19 per cento rispetto all'anno precedente, attribuibile soprattutto a crisi in Brasile e Messico. Dure critiche giungono a Messico e Caraibi per la dipendenza dal mercato statunitense in tema di sviluppi nell'elettronica, vestiario e industria automobilistica. "Per ottenere migliori risultati sono necessarie politiche migliori", sottolinea il rapporto del Cepal, che nelle conclusioni raccomanda agli stati latinoamericani di definire priorità nazionali affinché gli investimenti delle multinazionali siano intesi come integrazione del capitale locale. "Dell'investimento multinazionale è stato preso finora solo il suo risvolto positivo. Siamo stati influenzati da una visione assai distorta. L'investimento, seppure generi attività economica, ha i suoi limiti", ha aggiunto l'economista Manuel Riesco, che ha menzionato l'eccessiva apertura del settore minerario in Cile, sfociato in una sovrapproduzione di rame e un calo dei prezzi di questo prodotto primario.
La relazione del Cepal riporta dati preliminari dell'XI Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo (Unctad) che si terrà dal 13 al 18 giugno a San Paolo in Brasile. Secondo i dati dell'Unctad gli investimenti stranieri diretti nel mondo sono stati di 653.100 milioni di dollari nel 2003, con una leggera crescita rispetto ai 651.200 milioni dell'anno precedente. Di questo totale, 467.000 milioni erano investimenti nei paesi industrializzati e 155.000 milioni ai paesi in via di sviluppo, con più di un terzo di questa cifra (57.000 milioni) concentrati solo in Cina. In vista di questa conferenza dell'Unctad la società civile si sta organizzando con la realizzazione di un Forum che si terrà dall'11 al 17 giugno sempre a San Paolo e con la preparazione di documenti mirati tra cui quello del tavolo FINE del commercio equo che raggruppa principali organizzazioni di commercio equo a livello internazionale ( Flo, Ifat, News, Efta). Tra le richieste principali c'è quella di garantire i piccoli produttori nei conforti del crollo delle materie prime attraverso un supporto tecnico e dei prezzi equi e promuovere fondi dedicati e facilità di accesso al credito da parte di produttori. Il FINE crede che l'Unctad non dovrebbe trasformarsi in una mera agenzia di assistenza tecnica ma dovrebbe rafforzare il proprio ruolo di agenzia delle Nazioni Unite, indipendente dalle istituzioni di Bretton Woods. [AT]