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A caccia dei criminali di guerra dell’ISIS
Popoli minacciati
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Foto: Levi Meir Clancy da Unsplash.com
Un archivio digitalizzato secondo gli standard internazionali da oltre 5,5 milioni di pagine di prove. La loro raccolta che prosegue al ritmo di 100.000 nuovi documenti acquisiti a settimana. Terabyte di dati sul sedicente Stato islamico, messi insieme da oltre 250 persone provenienti da diversi Paesi (la metà delle quali sono donne). È il lavoro della Squadra investigativa per promuovere la responsabilità per i crimini commessi dal Daesh/ISIL (UNITAD) delle Nazioni Unite, il cui mandato approvato il 13 febbraio 2018 è stato rinnovato all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’ONU lo scorso 15 settembre. Le loro sei unità investigative sul campo, cui se ne aggiungono due tematiche, scavano le fosse comuni, raccolgono il DNA delle vittime, ascoltano testimoni e sopravvissuti, catalogano i documenti lasciati dall’ISIL, creano ricostruzioni in 3D delle ‘scene del crimine’, organizzano la formazione per giudici locali (compresi quelli curdi), psicologi e tecnici forensi dei ministeri.
“Ovunque esista una giurisdizione competente per il loro perseguimento, il mio team contribuisce a far ritenere responsabili gli autori dei crimini commessi dall’ISIL”, assicura all’Atlante il consigliere speciale dell’Onu e attuale numero uno della UNITAD, Christian Ritscher. “Attualmente stiamo supportando 17 Stati nei propri procedimenti giudiziari”. Il magistrato tedesco non vuole rivelarci quali siano, limitandosi a citare un caso già arrivato a sentenza: “Il contributo fornito dalla Unitad alla Germania, che ha portato alla storica condanna di un membro iracheno dell’ISIL”. È il 27enne Taha Al-Jumailly, al quale l’Alto tribunale regionale di Francoforte ha dato l’ergastolo il 30 novembre 2021, nel primo processo al mondo sul genocidio degli yazidi. Tra le testimonianze c’era quella di Nora, madre di una bimba di 5 anni lasciata morire di sete dopo essere stata incatenata sotto il sole dall’uomo. Entrambe erano state acquistate come ‘schiave’ nel 2015 a Mosul, allora capitale irachena di quel sedicente Califfato...