Pena di morte: Bielorussia e Uzbekistan ostacolo a free-zone

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Bielorussia e Uzbekistan sono gli ultimi paesi dell'ex Unione Sovietica a praticare ancora la pena di morte e costituiscono l'ostacolo finale da superare per rendere l'Europa e l'Asia centrale una "zona libera dalla pena di morte". Lo ha dichiarato oggi Amnesty International, lanciando un Rapporto dal titolo
"Bielorussia e Uzbekistan: gli ultimi carnefici. Verso l'abolizione della pena di morte nell'ex spazio sovietico".

"Il sistema penale in entrambi i paesi è precario e tale da favorire errori giudiziari. Le condanne a morte vengono emesse al termine di processi iniqui, spesso sulla base di "confessioni" estorte con maltrattamenti e torture. Né i prigionieri nel braccio della morte, né i loro parenti vengono informati sulla data di esecuzione, vedendosi privati in questo modo della possibilità di un ultimo saluto. I luoghi di sepoltura sono segreti" - ha spiegato Karen Hooper, responsabile del Coordinamento pena di morte della Sezione Italiana di Amnesty International. L'organizzazione per i diritti umani ritiene che la segretezza delle procedure riguardanti la pena capitale e le condizioni dei bracci della morte procurino immense sofferenze: i condannati a morte vengono spesso picchiati dal personale delle prigioni e sono rinchiusi in celle anguste, con pochi e sorvegliati contatti col mondo esterno.

 

Europa e Asia Centrale zona libera dalla pena di morte:
Firma la petizione di Amnesty

Dopo il collasso dell'Urss nel 1991, tutti i nuovi Stati indipendenti mantennero la pena di morte. In seguito, tuttavia, nove paesi l'hanno abolita (Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Lettonia, Lituania, Moldova, Turkmenistan e Ucraina) e quattro paesi hanno introdotto moratorie (Federazione Russa, Kazakstan, Kyrgyzstan e Tagikistan). L'abbandono della pena di morte è una delle condizioni fondamentali per l'adesione al Consiglio d'Europa. La Russia è l'unico paese membro di questo organismo a non aver ancora abolito la pena di morte, pur avendo promesso di farlo entro tre anni nel 1996, anno dell'adesione al Consiglio d'Europa. Molti paesi dell'area ex sovietica hanno espulso persone verso paesi dove sono state condannate a morte, spesso al termine di processi iniqui accompagnati da torture: la Federazione Russa ha espulso persone, poi condannate a morte, in Tagikistan e Uzbekistan, violando in tal modo i suoi obblighi in quanto paese membro del Consiglio d'Europa.

Nel 2001 il presidente dell'Uzbekistan, Islam Karimov, ha affermato che ogni anno il suo paese eseguiva circa 100 condanne a morte. Attivisti locali per i diritti umani stimano che il dato sfiori le 200 esecuzioni. Negli ultimi anni, almeno 14 esecuzioni hanno avuto luogo nonostante l'intervento del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti umani. Il numero delle condanne a morte in Bielorussia pare invece essere in diminuzione a partire dal 1999. In quell'anno sono state emesse 13 condanne, mentre dal 2000 al 2003 ne sarebbero state comminate tra 4 e 7 all'anno. Ma occorre rivordare che il numero esatto delle condanne a morte eseguite e dei prigionieri nel braccio della morte dei due paesi non è noto, poiché né la Bielorussia né l'Uzbekistan pubblicano dati circostanziati, contravvenendo agli obblighi assunti nell'ambito dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

Amnesty International chiede ai governi di Bielorussia e Uzbekistan di introdurre, in primo luogo, una moratoria sulle condanne a morte e le esecuzioni; migliorare le condizioni dei bracci della morte, adeguandole agli standard internazionali; commutare tutte le condanne a morte in corso; abolire completamente la pena di morte. [GB]

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