Il dramma di Kabul svela l’ipocrisia degli europei

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Foto: Unsplash.com

Si potrebbe dire che i nuovi muri dell’Europa stanno facendo crollare il vecchio muro dell’ipocrisia. Proprio ora, con migliaia di persone che fuggono dalla Kabul dei talebani, i Governi europei e la destra fascista europea chiariscono il proprio pensiero: nel Vecchio Continente non deve arrivare nessuno. Nessuno straniero, per alcun titolo o ragione, deve pensare di poter venire a vivere qui. Il problema è che questo appare come il pensiero vincente e dominante.

Per un decennio – in Italia grazie alla Bossi – Fini, che nessun governo di centrosinistra ha voluto smantellare – ci siamo nascosti dietro l’alibi dell’accoglienza “solo ai profughi”, cioè a coloro che scappano dalla guerra. Per gli altri porte chiuse e rotte della disperazione fra Mediterraneo e Balcani, ricacciandoli appena possibile con il titolo immaginario, quasi fosse una vergogna, di “migrante economico”. Figura interessante questa, perché frutto della fantasia al pari dell’Uomo Nero o della Fata Turchina. Il “migrante economico” non esiste, se non nella retorica razzista e parafascista di chi ha bisogno di catalogare un altro essere umano per segnare una differenza. I migranti, da quando esiste il genere umano, sono solo migranti. Si muovono sempre e da sempre per le medesime ragioni: cambiare in meglio la propria vita. Chiedetelo ai 200mila circa che ogni anno lasciano per questo l’Italia.

Bene: noi abbiamo comunque vissuto per un decennio e mezzo in questa ambiguità che ci salvava l’anima, dicendo che “chi scappa dalla guerra” ha diritto di sbarcare o arrivare, gli altri no. Ora, davanti all’evidenza di migliaia di persone in fuga reale da una realissima guerra, alziamo un nuovo e definitivo muro. Ammettiamo che, profughi o meno, in fuga o meno da una guerra, “non possono arrivare tutti”. Restino a marcire nei Paesi vicini, al massimo salviamo poche e selezionate donne con relativi figli, giusto per avere la coscienza pulita.

Dalla porcheria di una guerra che non dovevamo fare, dall’atrocità di una ventennale, inutile, occupazione militare che non ha costruito nulla, dalla scandalosa fuga con chiusura di ambasciate delle ultime ore, emergiamo come europei con la vergognosa etichetta di fascisti incapaci. Non abbiamo alcun rispetto dei diritti umani. Non abbiamo rispetto per la vita altrui. Non abbiamo evidentemente rispetto nemmeno di noi stessi e della nostra storia. Che un qualche dio, per chi ci crede, ci salvi da noi stessi: nelle beghe dei Governi sull’accoglienza di chi fugge dall’Afghanistan abbiamo ucciso le nostre coscienze.

Raffaele Crocco su Unimondo e Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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