I pozzi di petrolio più dei civili?

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Prima viene la sicurezza dei pozzi di petrolio, poi l'incolumità della popolazione dell'Iraq e la protezione della infrastrutture civili: è l'accusa di Amnesty International alle forze anglo-americane. "I soldati sembrano avere una maggiore preparazione a proteggere i pozzi petroliferi che ospedali, sistemi idrici o altre infrastrutture civili" ha detto Irene Khan, segretario generale dell'organizzazione umanitaria, in una conferenza stampa a Londra. "Il primo segnale dell'atteggiamento della coalizione verso la legge e l'ordine - ha aggiunto - non ha ispirato fiducia nel popolo iracheno". Sia l'amministrazione di George W. Bush che il governo britannico di Tony Blair hanno sempre respinto l'accusa che l'invasione dell'Iraq fosse finalizzata al controllo delle grandi riserve petrolifere del Paese. Secondo Amnesty, dopo il crollo del regime vi sono stati saccheggi in tutto il Paese e devastazioni di strutture sanitarie di fronte alle quali i soldati dell'alleanza anglo-americana non sono intervenuti. La Khan ha riconosciuto che vigilare sui pozzi di petrolio e proteggere la popolazione sono compiti ben distinti, ma ha anche denunciato il fatto che "proteggere la popolazione dovrebbe essere la prima preoccupazione di ogni autorità che decida di entrare in azione in un Paese e giustificare l'intervento sulla base della sicurezza delle persone o sulla salvaguardia dei loro diritti". L'organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo ha espresso anche alcune perplessità sulla partecipazione dei leader curdi del Partito Democratico del Kurdistan (Pdk) e dell'Unione Patriottica del Kurdistan (Upk) al nuovo governo, poichè sarebbero responsabili di gravi violazioni dei diritti umani commesse durante la guerra civile della metà degli anni Novanta. Secondo Amnesty, le due formazioni, che hanno controllato altrettante zone del nord Iraq dalla guerra del Golfo del 1991, si sono rese responsabili di molte vittime civili e di diffuse pratiche di tortura; per questi crimini dovrebbero essere indagati da un organismo delle Nazioni Unite analogo a quello per l'ex Jugoslavia.

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