Acli: nuova Social Card per tutti i poveri, ma per Sacconi è “un lusso”

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La più grande riforma mai realizzata per i poveri in Italia, ampliando e migliorando i contenuti della “Carta acquisti” o “Social card” lanciata dal Governo nel 2008, facendone un mix di soldi e servizi. È l'obiettivo della proposta lanciata ieri a Roma dalle Acli, con il “Piano nazionale contro la povertà” (in .pdf) per contrastare la “povertà assoluta” definita in base al reddito che oggi riguarda tre milioni di persone, il 5,1% della popolazione in Italia.

Un progetto triennale, elaborato in collaborazione con un gruppo di ricercatori coordinati dal prof. Cristiano Gori dell'Università Cattolica di Milano, ispirato al “cambiamento possibile e al pragmatismo” – affermano i promotori. “Si parte dall'infrastruttura esistente della ‘Carta Acquisti’ correggendola e potenziandola fino da trasformarla nella ‘Nuova Social Card’. Alla conclusione del triennio, l’utenza della nuova carta sarà costituita da tutte le famiglie che vivono in povertà assoluta comprese le famiglie di immigrati stabilmente residenti”. Il progetto propone di abolire i limiti di età che oggi consentono di accedere alla ‘Social Card’ solo alle persone con più di 65 anni o meno di 3 anni.

Le Acli hanno spesso riconosciuto che “la Social card introdotta dal governo ha rappresentato, pur con tutti i suoi limiti, la prima misura nazionale contro la povertà introdotta in Italia” ma hanno fin dall’inizio auspicato che “il Governo trovi il coraggio di investire di nuovo su questo strumento cercando un dialogo con le forze d'opposizione” “Su questo tema – ha detto lo scorso luglio il presidente delle Acli, Andrea Olivero - siamo convinti che una riforma bipartisan sia possibile e doverosa”.

Per le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (Acli), la Social Card “ha avuto il pregio di guardare ai poveri assoluti” ma anche “il limite di considerare solo alcuni tra loro”. Nello specifico la carta governativa è erogata “esclusivamente ai cittadini italiani” e in proposito le Acli – in linea con il diritto comunitario propongono di estenderla “a tutte le persone rientranti nei criteri di accesso che abbiano una valida residenza in Italia”.

In secondo luogo si propone di introdurre “una specifica strategia per raggiungere le persone senza dimora e in condizione di grave emarginazione, agendo sulla rimozione delle barriere effettive che hanno reso di difficile accesso la Social Card anche per le poche persone senza dimora attualmente eleggibili”. Infine le Acli propongono “un’incisiva strategia di controlli, tesa a rafforzarli sensibilmente rispetto a oggi e articolata su più livelli: le risorse economiche da considerare, le fonti presso cui reperire i dati per le verifiche e le sanzioni”.

Ma non solo. L’idea principale è quella di elevare l’importo della carta a 129 euro medi rispetto agli attuali 40 euro mensili. “Si tratta di un punto di equilibrio tra il desiderio di sostenere al meglio le famiglie povere e l’esigenza di costruire una proposta attuabile in tempi rapidi e a costi ragionevoli” – spiegano le Acli. “Mentre oggi l’importo è uguale per tutti riteniamo sia giusto differenziarlo in base alle condizioni delle famiglie, così da dare di più a chi vive la povertà più dura. Le famiglie in situazione di particolare disagio ricevono un importo superiore alla media”.

L’iniziativa proposta dalle Acli tiene conto anche delle differenze territoriali, in base al costo della vita nell’area geografica di residenza. “Attualmente la soglia di disponibilità economiche da non superare per ricevere la Card è la stessa in tutto il paese, mentre il costo della vita risulta diverso: nel Nord è superiore rispetto al Sud, sino al 30% in più. In termini reali ciò penalizza l’area dove il costo della vita è più alto, cioè il Nord” – spiegano i promotori.

Infine la riforma proposta dalle Acli prevede che alla prestazione monetaria venga aggiunta la fornitura di servizi alla persona. “La necessità di combattere la povertà attraverso un mix di denaro e servizi è condivisa da tutti gli esperti, e si tratta della strada concretamente seguita negli altri paesi europei” – ricordano gli estensori della proposta. Le famiglie, infatti, necessitano sovente di azioni capaci non solo di tamponare lo stato di povertà (la mancanza di denaro) ma anche di agire sulle cause (i fattori responsabili delle difficoltà di vita) e questo “solo l’azione dei servizi può farlo”. L’esigenza è particolarmente pressante nel caso della povertà assoluta, la più grave, proprio perché questa condizione vede il legame maggiore tra deficit di risorse economiche e difficoltà di vita.

Rilevante è lo spazio che assumerebbe nella proposta delle Acli, il Terzo Settore che sarebbe chiamato a co-progettare le nuove politiche locali contro la povertà; utilizzare le proprie “antenne” per avvicinare l’emarginazione; offrire servizi di qualità, capaci di sostenere l’inserimento e di “fare advocacy” per garantire la qualità delle politiche e il rispetto dei diritti negati. Ciò sarebbe possibile stipulando un “accordo quadro” tra lo Stato (attraverso il Ministero del Welfare), i Comuni (attraverso l’Anci) e il Terzo Settore (attraverso il Forum del Terzo Settore e altri soggetti pertinenti).

Insomma una proposta puntuale, coerente e praticabile. Che il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha prontamente bocciato come “troppo costosa” perché “di questi tempi i diritti soggettivi sono un lusso che è difficile permettersi”. Fatti i conti, Sacconi ha rilevato che il progetto triennale delle Acli avrebbe un costo il primo anno di 300 milioni di euro e a regime, a partire dal 2013, una spesa annua di quasi 2,4 miliardi di euro.

“La social card - ha detto Sacconi al convegno delle Acli - è uno strumento importante su cui fare leva e osservo che è importante che la social card sia gestita da enti caritativi, cioè caratterizzati dal dono e dal volontariato perché la povertà assoluta si affronta con un forte contenuto relazionale. Ma parlare di 2,5 miliardi di euro di questi tempi non è cosa facile”. “La social card immaginata dal governo invece - ha sottolineato Sacconi - come indicato nel decreto Milleproroghe sarà sempre più 'appaltata' agli enti caritativi nella direzione di una “collaborazione tra Stato e società”. “E non disdegnerei - ha concluso il ministro - che venisse alimentata da mecenatismo e generosità dei privati”. Più chiaro di cosi. [GB]

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