Parkinson e pesticidi, confermata la correlazione

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Foto: Matthias Zomer da Pexels.com

Una delle malattie più invadenti e diffuse di questi nostri tempi. Descritta per la prima volta dallo scienziato da cui prende il nome nel 1817, la malattia idiopatica di Parkinson, o semplicemente malattia di Parkinson, è la malattia neurodegenerativa più comune dopo il morbo di Alzheimer. Si tratta di una sindrome caratterizzata da rigidità muscolare che si manifesta con resistenza ai movimenti passivi e tremore che insorge durante lo stato di riposo, che può aumentare in caso di stato di ansia e bradicinesia che provoca difficoltà a iniziare e terminare i movimenti. Sono sintomi pesanti, che assieme a lentezza nel parlare e depressione, si esprimono anche in disturbi dell’equilibrio, andatura impacciata e postura curva, e che peggiorano durante il decorso della malattia, nonostante il trattamento con farmaci abbia diminuito la velocità di avanzamento.

Le cause dell’insorgenza del morbo, anche se non ancora del tutto chiare, sono dovute a molteplici fattori: un mix di componenti genetiche, possibili lesioni cerebrali, infezioni o tossine, combinate con fattori ambientali come lo stile di vita (dieta e fumo), l’esposizione cronica a metalli come manganese, rame, ferro, alluminio e piombo, il luogo di residenza (ambiente rurale) e l’attività professionale (lavoro agricolo).

Proprio per quanto riguarda la correlazione tra malattia, residenza e attività professionale, si aggiunge di recente la conferma che anche l’esposizione a particolari tossine aumenta questo rischio, in particolare pesticidi, erbicidi, insetticidi e fungicidi tramite assunzione di acqua o cibi contaminati, contatto cutaneo o inalazione diretta. 

Negli Stati Uniti sono stati individuati 10 pesticidi, molti dei quali ancora utilizzati in ambito agricolo, con effetti dannosi sui neuroni dopaminergici, ovvero quelli che regolano i circuiti della dopamina e la cui degenerazione è sintomo dello sviluppo del Parkinson.

Sebbene il legame tra pesticidi e Parkinson sia stato da tempo assodato, è il recente studio delle Università della California (Los Angeles) e di Harvard (Boston) a rendere ancora più evidente questo rapporto causa-effetto. Pubblicata su «Nature Communications», la ricerca guidata dalla dott.ssa Kimberley Paul ha monitorato gli effetti di 288 tipi di pesticidi nella Central Valley (quella con maggiore densità di attività agricole), combinando esami epidemiologici e di tossicità dei neuroni. I risultati hanno lasciato ben poco margine: i neuroni che regolano la dopamina e che sono collegati al movimento erano pesantemente compromessi a causa dell’esposizione prolungata a queste sostanze. I responsabili sono in particolare 10 pesticidi, di cui 4 insetticidi, 3 erbicidi e 3 fungicidi, per gran parte ancora in uso negli USA e in particolare la trifluralina, che porta a pesanti disfunzioni delle cellule mitocondriali.

Lo studio ha messo in luce anche un’ulteriore aggravante legata al mix di queste sostanze, utilizzato soprattutto nelle aree di coltivazione del cotone e ancora più pericoloso rispetto alle componenti singole nel potenziale sviluppo della malattia di Parkinson.

Che i pesticidi siano utili per ottenere raccolti veloci, senza malattie e più facili da gestire lo sappiamo. Ma quale prezzo siamo disposti a pagare? Quali sacrifici siamo disposti a sopportare, per soddisfare una domanda posta da un sistema economico distorto e avviato sulla strada dell’autodistruzione? Quali danni ambientali siamo disposti a tollerare? Quali rischi per la nostra stessa salute siamo così ciechi da voler ignorare?

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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