Africa: rincaro del petrolio vanifica gli aiuti, allarme debito

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L'aumento del prezzo del greggio sta vanificando i benefici portati negli ultimi tre anni a molti paesi africani dagli aiuti internazionali e dalla cancellazione del debito tanto da far temere il ripetersi della crisi del debito degli anni Ottanta. Sono le conclusioni di una ricerca condotta dall'IEA (Agenzia internazionale per l'energia) riportata dal Financial Times e da diversi organi di stampa internazionali e rilanciata in Italia da 'Il Sole 24 ore'.

L'IEA ha condotto la sua ricerca in 13 paesi africani privi di risorse petrolifere, tra cui Sudafrica, Ghana, Tanzania, Etiopia e Senegal, e ha evidenziato come il rincaro del greggio acquistato da questi stati a partire dal 2004 sia stato equivalente a 3 punti percentuali del Pil: cifra superiore agli aiuti ricevuti nello stesso lasso di tempo dai paesi donatori e alla somma di debito cancellato. "Il prezzo del greggio minaccia anche di rallentare la crescita economica del continente e di alimentare l'aumento del costo dei beni alimentari, ostacolando così l'investimento in settori chiave per lo sviluppo del continente come salute, istruzione e lotta alla povertà, come previsto dagli Obiettivi del Millennio" - segnala 'il Sole 24 ore'

"Il vero rischio, di cui poco si parla, è che si va verso una nuova crisi del debito" - commenta a Unimondo, Antonio Tricarico della CRBM. "L'enorme liquidità sui mercati finanziari, una liquidità che hanno per la prima volta anche le economie emergenti e gli attori finanziari ad esse collegati, spinge per un prestito forsennato senza sufficiente analisi dei rischi. Il mantra delle grandi infrastrutture sta tornando - si pensi al caso emblematico del Congo in Africa - e quindi grandi prestiti pubblici e privati si susseguono per operazioni di lungo termine e ad alto rischio. Anche i fondi pensione hanno bisogno di investire in infrastrutture, visti i bassi tassi sui mercati internazionali negli ultimi anni che non consentono adeguati profitti con i soliti meccanismi" - spiega Tricarico.

"Sono passati sette anni dal Giubileo del 2000 e dalla cancellazione del debito in Italia e a livello internazionale, con l'iniziativa HIPC rafforzata. A quest' ultima nel 2005 ha fatto seguito un nuovo impegno del G8 di cancellazione del 100 per cento del debito dovuto alle istituzioni internazionali da una ventina dei paesi più poveri. Eppure il problema è ben lungi dall'essere risolto. Non solo perché complessivamente a livello mondiale continua ad aumentare, ma anche perché chi ha avuto il debito cancellato ne accumula subito di nuovo - si vedano gli assurdi investimenti pagati dalla cooperazione italiana in Etiopia. Soprattutto, come emerso in questi giorni, per molti dei paesi più poveri, privi di risorse petrolifere, l'alto prezzo dell'oro nero vanifica i già limitati benefici della cancellazione. Il vero rischio, come dicevo, è che si va verso una nuova crisi del debito.

"Ma oramai i mercati, come dimostra la crisi finanziaria Usa dei mutui sub-prime, sono dominati da speculatori senza scrupoli e nuovi attori fuori controllo che anche le economie ricche non riescono più a gestire adeguatamente: parliamo di hedge funds, private equity e così via. Basta poco, un rialzo forte dei tassi di interesse, una nuova crisi internazionale, un tonfo del dollaro, che a pagare per primi saranno i paesi più poveri, privi di banche centrali forti, riserve, o dello scudo dell'euro come nel nostro caso"- continua l'analista della CRBM. "La storia si può facilmente ripetere. Una tale evenienza va scongiurata, almeno in base al pensiero di chi si oppone alla logica di un'economia globale che necessita shock per riprodursi senza cambiare i suoi meccanismi di potere".

Va ricordato che, per quanto riguarda la cancellazione dell'Italia del debito, una dettagliata analisi di Francesco Terreri di Microfinanza mostra che "in pratica finora le cancellazioni totali hanno riguardato Mozambico, Tanzania, Uganda, Bolivia, Burkina Faso e Mauritania (in quest'ultimo caso si trattava solo di crediti d'aiuto). Per un'altra decina di paesi le cancellazioni sono state parziali, anche se nel caso del Malawi i 256 mila euro cancellati costituivano in pratica l'intero debito. Ma secondo un'altra relazione del Ministro dell'economia, quella sull'attività di Sace appunto, molti paesi Hipc hanno continuato in questi ultimi anni a pagare il servizio del debito verso l'Italia: 97 milioni di euro tra il '99 e il 2001". "E altri contributi alle casse dello Stato italiano sono arrivati da paesi poveri non Hipc ma eleggibili alla cancellazione del debito secondo la legge 209. Il Bangladesh, ad esempio, nel 2001 ha versato 2,6 milioni di euro, il Vietnam - a cui l'Italia ha cancellato i crediti d'aiuto a seguito delle inondazioni del 2000 - 3,4 milioni, l'Albania 445 mila euro". "Naturalmente - conclude Terreri - il governo sostiene che la cancellazione italiana richiede gli accordi bilaterali, partiti solo alla fine del 2001. Resta però il fatto che fino all'ultimo si raschia il fondo del barile, sottraendo risorse alla lotta alla povertà e agli usi sociali del risparmio conseguito, proprio alcune delle condizioni indicate dalla legge 209 per cancellare il debito". [GB]

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