A piedi per il mondo

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Quella di Claudio Pelizzeni assomiglia a una storia come tante, di quelle che potrebbero essere nate con in mano il libro Senza volo di Federico Pace, ad esempio. Una di quelle storie “per viaggiare con lentezza”, scritte per “provare a capire come si colma una distanza”. Una di quelle che le distanze le coprono passo dopo passo, senza sostare in stazioni e aeroporti, senza subire improvvisi e repentini cambi di contesto, clima, temperature, culture, lingue, orari, volti. Potrebbe anche essere una storia simile a quella di persone come Simone Perotti, solo per citare un nome.

Prima, lavoratori tra i 30 e 40, imbozzolati dentro una vita economicamente gratificante, regolare nello stress come negli appuntamenti fissi a cui non si può e non si deve mancare: gli uffici, gli svaghi da dopolavoro, i ritagli di tempo relegati alle relazioni. Dopo, uomini nuovi, dimentichi delle rigidità di abitudini imposte e sfilacciate di senso, a respirare coraggio e ostinazione per recuperare l’autenticità dello stare nel mondo. Ma prima e dopo cosa? Un’illuminazione? Una vocazione? Una chiamata? In effetti, niente di tutto questo, o probabilmente molto più di tutto questo. Semplicemente prima e dopo un percorso di avvicinamento a se stessi, dove il prima e il dopo non hanno spazi e tempi netti, piuttosto l’uno coagula nell’altro, senza dare parole al momento preciso in cui il passaggio accade.

E allora perché la storia di Claudio è un po’ diversa? Anche lui “parte”, anche lui lascia il noto per il noto un po’ meno, anche lui manifesta quelli che molti chiamerebbero gli effetti di un “colpo di testa”. Lui però ha un ostacolo in più rispetto alle perplessità legittime, ai disfattismi dei pessimisti, alle insicurezze che quasi sempre scelte impegnative portano con sé: Claudio ha il diabete, un compagno insolito per un viaggio che dura da oltre due anni (è partito a maggio del 2014). Il suo è un giro del mondo, che ad oggi ha attraversato quattro continenti (manca l’Africa, ma c’è tempo!) e più di 35 nazioni, senza mai mettere piede su un aereo e con un budget giornaliero molto basso, intorno ai 15 euro.

Sì, la storia di Claudio potrebbe essere come tante, il rifiuto di un posto nel mondo che non gli appartiene più, il viaggio come riscatto all’appiattimento esplorativo di gambe e menti, le prove di vita in cambiamento messe in atto un po’ improvvisando e un po’ progettando. La sua, come altre, non è la storia di chi si prende del tempo avendo le spalle coperte. E’ la storia di un sogno che si è fatto realtà grazie ai risparmi messi da parte, al lavoro sodo e alla caparbietà. E’ il segno di una rinuncia alla resa, la scelta di non farsi condizionare da potenziali limiti, la convinzione che, come si chiama il suo sito, il viaggio sia una terapia per il corpo oltre che per l’anima.

Proprio su Trip Therapy Claudio racconta le tappe di questo percorso di crescita e di confronto, con culture diverse, tempi lunghi e vissuti, priorità, adattamenti. E su questa parola si innesta una delle scoperte più sorprendenti: l’uomo ha davvero una grande capacità di adattarsi, di essere resiliente, di oltrepassare la zona di confort in cui spesso si rannicchia nella mente e nel corpo. Il grande ostacolo a questa capacità non di rado si traduce in una volontà contraria e incerta. Ma in questo viaggio Claudio sperimenta caparbietà e disciplina sane e invidiabili: monitora il suo diabete di tipo 1, dimagrisce, migliora la sua dieta e soprattutto mantiene il suo corpo in movimento, accortezze fondamentali non solo per chi è malato, ma per ciascuno. Anche se il diabete gli è stato diagnosticato all’età di 9 anni, ciò non gli ha mai precluso una vita normale, pur se controllata. E’ vero, il diabete è una patologia, ma non coincide con un limite insormontabile, basta organizzarsi con scorte di insulina e accorgimenti igienici, come racconta lui stesso sul suo sito.

Proprio come si legge sulla pagina facebook di Senza volo e per sua stessa considerazione, la storia di Claudio è un inno al superamento dei limiti e, essa come altre, corrisponde a “un omaggio […] a tutto quello che può accadere nelle crepe del tempo e dello spazio. Un modo per riscattare la paura […] e trasformarla in qualcosa di molto di più. Dove i luoghi che ci separano dalla meta non hanno più le sembianze di un digiuno in attesa del pasto, ma al contrario diventano l’occasione per perseguire un modo più ricco per alimentarsi.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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