Bolivia: chi vuole il terrorismo?

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In Bolivia molto scalpore ha destato la notizia dell'arresto a Santa Cruz di 16 persone provenienti dal Bangladesh con l'accusa di preparare atti terroristici, mentre l'11 dicembre altre 8 persone sono state accusate di narcoterrorismo e arrestate in un'operazione di polizia-militare. Tutte le persone incriminate sono state poi rilasciate per mancanza di prove.

I mezzi di comunicazione hanno ripreso la notizia tiolando i loro editoriali "terrorismo in Bolivia". "Niente di più falso" dichiarano i movimenti e le organizzazioni della società civile boliviana che vedono in questo "una campagna pubblicitaria antiterroristica imposta dal Governo statunitense nell'intento di consolidare il suo dominio geopolitico".

Giunge intanto notizia che gli Stati Uniti taglieranno gli aiuti militari alla Bolivia (due milioni di dollari) se questa non firmerà un accordo per evitare di condurre davanti alla Corte Penale Internazionale (CPI) i cittadini statunitensi accusati di crimini di guerra.

I movimenti sociali che nei giorni precedenti il Natale sono scesi in piazza per manifestare il loro dissenso alla politica di svendita delle risorse del loro paese, lavorano comunque ora per costruire proposte "dal basso" di giustizia, solidarietà e pace, con un occhio sempre aperto a quanto sta avvenendo ai piani alti della politica e ricordano al neopresidente Carlos Mesa i suoi impegni: la revisione della legge sugli idrocarburi che attualmente danno alle multinazionali l'85% dell'utile lasciando in Bolivia solo il restante 15%; la convocazione della Costituente per permettere alla società civile di avere maggiore peso nello scenario nazionale; la lotta alla corruzione per evitare che i 132 morti dei 14 mesi di governo di Goni Sanchez de Lozada restino impuniti e, chi ha dato l'ordine di sparare, libero di girare come se nulla sia accaduto; il ricompattamento del Paese che, oggi più che mai, ha bisogno di riprendere forza, fiato e coraggio per guardare avanti. [RB]

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